Dimissioni di Amato per non trascinare nel fango Consulta e Quirinale

Giuliano Amato ha un’unica strada per evitare di trascinare in un colpo solo nel fango la presidenza della Repubblica e la Corte costituzionale: rinunciare al suo incarico di giudice della Consulta.

Qualunque persona di buon senso e in buona fede dopo aver ascoltato il nastro del suo colloquio telefonico con la vedova del senatore socialista, Paolo Barsacchi, scovato dal nostro valente collega Emiliano Liuzzi, non può arrivare a conclusioni diverse. Invitare una testimone in un processo per tangenti a non fare nomi per tenere fuori da uno scandalo i vertici del proprio partito è un comportamento incompatibile con la funzione di giudice costituzionale.

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La vergognosa nomina di Giuliano Amato alla Corte costituzionale

E’ una scelta vergognosa quella presa dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano di nominare come quindicesimo giudice costituzionale al posto di Franco Gallo, Giuliano Amato. Un amico di Bettino Craxi e poi vigliaccamente traditore dello stesso.
E’ vero che l’ex premier ha una fedina penale “pulita” con alcun processo in corso nei suoi confronti. Ma è altrettanto vero che dei tanti nomi che si potevano scegliere quello di Amato è forse il più inopportuno in questo particolare momento politico che sta vivendo la nostra amata Italia. A parlare è la sua storia e non è un segreto che l’ex presidente del consiglio, uomo del partito socialista, sia stato amico (e mente giuridica) di uno dei più grandi corrotti e delinquenti che si ricordi come Bettino Craxi, condannato in contumacia e rimasto latitante.

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“Lavitola portava i soldi di Berlusconi a Craxi, latitante ad Hammamet”

Non parlerà di Silvio Berlusconi. È questo il primo messaggio che Valter Lavitola ha fatto filtrare al suo arrivo in Italia. Se fosse vero, sarebbe davvero un peccato perché sono tante le curiosità sull’ex premier che sorgono leggendo l’ordinanza d’arresto. Secondo quanto avrebbe raccontato lui stesso a un suo ex sodale che lo ha riferito ai pm, Lavitola era l’uomo che portava a Craxi, latitante in Tunisia, i soldi di Silvio Berlusconi negli anni Novanta. Secondo sua sorella, che lo ha raccontato ai pm, più recentemente Lavitola voleva scucire 5 milioni di euro allo stesso Berlusconi per farsi ripagare le amarezze subite in latitanza.

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