Miyata Takashi: sopravvissuto a Nagasaki, il suo ricordo è un grido di pace

“Terrorizzato gridavo a mia madre: ‘Riportami nel tuo ventre, voglio ritornare a prima di nascere'”

Relazione speciale sull’attentato nucleare statunitense a Nagasaki e Hiroshima, nel 1945

Dolore, orrore, compassione, ammirazione. Quanti sentimenti possono attraversarti, quando la vita ti dà l’opportunità di essere testimone di un racconto tanto particolare. Lo scorso 11 aprile, il direttore di ANTIMAFIADuemila, Giorgio Bongiovanni, con la collaborazione di Matías Guffanti, vicedirettore del Movimento Culturale Internazionale Our Voice, ha intervistato dall’Uruguay un sopravvissuto della bomba atomica. Un commovente racconto di Miyata Takashi, dal Giappone. Un “hibakusha” – sopravvissuto all’attacco nucleare – un uomo che oggi ha 81 anni, un bambino di appena cinque anni quel giorno buio e nefasto per la storia dell’umanità. 

Non è semplice trasmettere le sensazioni che si provano nell’ascoltare il racconto di un sopravvissuto all’orrore nucleare, frutto dell’odio, della guerra e degli interessi economici e geopolitici. Gli Stati Uniti decisero in modo pianificato di far esplodere due bombe atomiche che distrussero e spezzarono completamente la vita di migliaia e migliaia di innocenti a Hiroshima e Nagasaki, il 6 ed il 9 agosto 1945, rendendosi responsabili dei massacri. Due bombe caddero deliberatamente in due città popolate del Giappone, con la scusa di fermare la Seconda Guerra Mondiale e ottenere la resa del paese nipponico, a costo della vita umana. 

Attraverso l’organizzazione internazionale Peace Boat (Nave della Pace), Takashi ha percorso diversi paesi nel mondo, portando la sua testimonianza e il tema antinucleare per creare coscienza su cosa significa e ha significato essere un sopravvissuto di un attentato nucleare, con tutto quello che ciò comporta. Ha vissuto cinque anni in Messico, dove si è impegnato per far diventare realtà il trattato di non proliferazione di armi nucleari, e ancora oggi lavora instancabilmente affinché politici e governanti prendano decisioni a favore della pace mondiale. La sua testimonianza è un appello e un monito affinché Nagasaki e Hiroshima non si ripetano, mai più. 

Takashi, ha infranto le barriere del tempo e della distanza e ci ha guidato in un viaggio nel passato, che vive nel presente. Le memorie di un sopravvissuto all’attentato nucleare di Nagasaki si trasformano in un presente perpetuo nella ricerca della pace. 

“Il mese di agosto è un periodo triste per i sopravvissuti alla bomba atomica, poiché riaffiorano i ricordi di quel giorno. Alle 8:15 del mattino del 6 agosto 1945, e tre giorni dopo, alle 11:02 del giorno 9, le bombe atomiche furono lanciate per la prima volta nel mondo. A Hiroshima 150 mila persone e a Nagasaki 74 mila persone, morirono all’istante. La Seconda Guerra Mondiale finì il 15 agosto, con la resa del Giappone. Io sono nato a Nagasaki nel 1939, e ho vissuto la bomba atomica quando avevo cinque anni”.

Con l’aiuto della traduttrice Mizutani Yuko, le parole di Takashi hanno pervaso lo spazio. “Erano le 11:02 del mattino del 9 agosto. Un giorno d’estate di 75 anni fa. Fa ancora male pensarci. Nagasaki è una città circondata da montagne e mare. In quel momento era una bella e piccola città, con una popolazione di 250 mila abitanti. Quel giorno il cielo estivo si stendeva davanti a me, e c’era stato l’avvertimento di un attacco aereo. Mia madre mi portò a fare spese in un negozio al centro della città. Quando abbiamo finito, ci siamo avviati verso casa nella montagna, quando mia madre si è resa conto che aveva dimenticato di comprare qualcosa, e quindi stava pensando di ritornare. Io mi spaventavo sempre quando sentivo le sirene dell’attacco aereo, e gli aerei che sorvolavano in aria. Ho sentito questi suoni raccapriccianti di nuovo, e ho pianto e pregato mia madre che mi portasse a casa, aggrappandomi alla sua manica. E così ci siamo diretti a casa nostra”.

Il piccolo Takashi, terrorizzato, si aggrappava a sua madre tentando di nascondersi e fuggire dal terrore che stava prendendo il sopravvento su tutto. 

“Era un’estate calda, ed eravamo inzuppati di sudore. Quando siamo arrivati a casa, mia mamma ha preso un po’ di acqua dal pozzo e ci siamo lavati. Dopo mi sono messo a giocare con le biglie in giardino, vestito solo con la mia biancheria intima. Mio fratello maggiore, che aveva quattro anni più di me ed era stato portato al campo dove era nata mia madre. Mentre giocavo, ho notato piccolo aereo che sorvolava la casa. Quindi ho visto un cilindro nero galleggiare nel cielo azzurro, sostenuto da otto paracaduti. Passò sulla mia casa e dopo andò via. Più tardi, scoprii che questo cilindro nero era una sonda progettata per fornire un sensore, che avrebbe misurato la potenza dell’esplosione generata dalla prima bomba atomica di plutonio mai fatta esplodere nel mondo”. 

“Dopo aver visto la sonda, un aereo enorme passò molto rumorosamente sopra di me muovendosi da sud verso casa mia. Non avevo mai visto un aereo così enorme. Ho guardato verso l’alto attonito, mentre brillava la luce del sole. Questo aereo era il B29 che portava la bomba atomica. La mia casa si trovava a 330 metri di altezza nella montagna. Questo enorme aereo B29 sorvolò la mia casa. Una volta passate le montagne, sembrò sparire verso Urakami, che è la zona nord di Nagasaki”, ha ricordato Takashi, rivivendo quegli istanti, dalla sua visione di bambino, un piccolo bambino di soli cinque anni. E l’orrore si fece realtà. 

“In quel momento ci fu un lampo di luce, e un tremendo boato. Noi chiamiamo la bomba atomica, flash boom. Questo fu il momento in cui esplose la bomba. La mia casa era a 2,4 chilometri dal centro, nascosta dietro le montagne, ma rimase mezza distrutta dalla forza dell’esplosione. Mia madre ed io non siamo rimasti feriti, ma giacevamo a terra tremanti”.

“Mia madre mi abbracciava, e io gridavo ‘voglio ritornare, voglio ritornare’, una e un’altra volta. Terrorizzato gridavo: ‘riportami nel ventre di mia madre’, ‘voglio ritornare a prima di nascere’. Quando le persone sono in preda alla paura, dove pensi che vogliano andare? Io volevo ritornare nel ventre di mia madre. Il mio istinto a cinque anni era scappare nel ventre, nell’utero di mia madre. Quel mio sfogo dimostra il forte legame tra una madre e suo figlio. Veniva dal più profondo della mia anima”, raccontava, trasmettendo la sua forte esperienza a quei giovani che lo ascoltavano con attenzione. E ha riportato alla memoria un altro fatto sconvolgente, dello stesso 9 agosto. 

“Per favore, dammi acqua”. Quella notte una giovane infermiera camminò per 330 metri salendo la montagna fino alla nostra casa. Gli occhi spalancati e il suo camice bianco completamente bruciato. “Per favore, dammi acqua”, sussurrò con le sue ultime forze. Mia madre mise l’acqua sulle labbra dell’infermiera, e lei crollò. A cinque anni era la prima volta che vedevo morire qualcuno. L’ospedale universitario di Nagasaki si trovava nell’epicentro dell’esplosione della bomba. Questa infermiera era una di quelle sfortunate persone. Morì sul ciglio della strada, senza neanche poter dire addio alla sua famiglia”. 

La scena angosciante, infernale, ha colpito le coscienze di quanti di noi erano all’ascolto. Takashi ha continuato: “Mi fa piangere ricordare le scene di quel giorno. Secondo dati militari degli USA, l’obiettivo del lancio su Nagasaki era la parte più centrale della città che, di fatto, era il posto dove ero andato con mia madre a fare compere. Ad essere colpita fu in realtà la parte nord di Nagasaki, che si trovava a 3.8 km dall’obiettivo, ed Urakami, che si diceva essere una zona sicura nel campo, in quel momento… l’epicentro della cattedrale di Urakami fu completamente distrutto. Urakami era in quel momento un posto sacro per i cattolici in Giappone. Circa 8 mila cattolici morirono all’istante. Per l’esercito degli USA fu un grave errore di calcolo che l’obiettivo di caduta fosse stato deviato di 3.8 chilometri. Il fatto che l’obiettivo iniziale, cattolico o no, fosse il centro della città di Nagasaki, è stato il prezzo della negligenza indiscriminata del governo nei confronti di cittadini innocenti”.

“Quando lanciarono la bomba atomica, il Giappone era sul punto di arrendersi nella Seconda Guerra Mondiale, e la cosa principale per gli Stati Uniti, avendo costruito la bomba atomica, era sganciarla sulla Germania, ma siccome questa si era arresa prima, l’8 maggio, allora Nagasaki divenne il nuovo obiettivo per lanciare la bomba. E perché Nagasaki? Perché Nagasaki era il posto dove si fabbricavano armi militari, ma in realtà stavano bombardando le fabbriche da un anno. L’obiettivo di questa bomba atomica era semplicemente uccidere cittadini innocenti”, ha aggiunto. 

Ritornando al presente, l’uomo nipponico ha parlato dei problemi più gravi che affronta l’umanità in questo momento. “Attualmente ci sono circa 14mila armi nucleari modernizzate e diversificate. Esistono scorie nucleari di impianti di energia nucleare sulla terra. Insieme alla crisi del coronavirus, e la crisi del riscaldamento globale, i problemi delle armi nucleari e delle scorie radioattive sono le tre crisi principali che affrontiamo come esseri umani. In questo momento, è significativo che il diritto internazionale, che proibisce le armi nucleari, sia entrato in vigore a gennaio. Crediamo che il desiderio dei superstiti della bomba atomica, di un mondo senza armi nucleari, e il desiderio di tutta l’umanità di un’era senza guerra, diventeranno realtà”, ha espresso facendo un appello a lavorare insieme, come esseri umani, per un mondo pacifico e migliore per ogni essere umano. 


nagasaki hiroshima


Abbiamo bisogno di luce e speranza in questi tempi di crisi. Il mondo sta vivendo in un’era in cui la collaborazione e la cooperazione internazionali diventano importanti. Uniamo le nostre mani e lavoriamo insieme per creare un mondo libero da guerre che minacciano la vita, fame, disuguaglianze, discriminazione, disastri naturali”. 

Il direttore di ANTIMAFIADuemila Giorgio Bongiovanni, principale intervistatore, ha definito Takashi “un eroe, un simbolo di giustizia, di verità, soprattutto uno dei nostri punti di riferimento, per tutta la gente che ha sofferto nella propria carne la bomba atomica”. E ha aggiunto: “Il male assoluto per questa umanità è la bomba atomica e l’energia nucleare”.

Perché pensa che lanciarono la bomba atomica? Se quei potenti nordamericani avevano questa idea sanguinaria, lei pensa che oggi gli stessi potenti – Stati Uniti, Russia, Cina, Francia, Inghilterra – potrebbero arrivare a una terza guerra mondiale nucleare? Lei teme che questo possa accadere o pensa che i potenti, malgrado abbiano le bombe atomiche, sono cambiati e non le vogliano usare?
Si può dire che ci sono due tipi di società, la società dei politici e quella dei cittadini. I politici vogliono mantenere il loro potere per mantenere la forza del loro paese, ma quell’idea sta diventando vecchia, appartiene al passato, se lanciano la bomba atomica perdono il loro stesso paese, sparisce. Bisogna che i cittadini alzino la voce, è potente, così come ci sono movimenti di ICAN o Peace Boat o come voi stessi, che possono alzare la voce. Nel XXI secolo ci troviamo il trattato, e il tempo continua a scorrere. Ci troviamo nella crisi del coronavirus in questi momenti difficili. Molti dei paesi stanno collaborando per poter sopravvivere. Io ho molta speranza e credo nella voce cittadina per raggiungere la pace. Per me è mai più Hiroshima e mi più Nagasaki, che non si ripeta questo doloroso ricordo”.

Lei pensa che alla fine noi umani distruggeremo le armi atomiche, vivremo in un mondo di pace, amore, universalità, o pensa che il pericolo dell’olocausto nucleare continui ad essere presente in questo momento?
“È una domanda difficile a cui rispondere. Il XX secolo era un tempo di massacro tra gli umani. Ora, in questi tempi, bisogna operare e collaborare per riuscire a parlare dell’importanza della vita, la natura, l’ecosistema; per riuscirci è importante che i cittadini alzino la voce, a voce alta. I politici giapponesi non conoscono la guerra, non l’hanno vissuta, vogliono mantenere il loro potere, anche attraverso il nucleare. Tuttavia insistono anche nel rispettare le norme internazionali, fatte grazie alla conoscenza e alla saggezza delle persone di tutto il mondo. Le bombe o le armi nucleari non spariscono in un istante, ce ne sono migliaia in questo pianeta, non spariscono da un giorno all’altro. Io considero che entro 100 anni inizieranno a scomparire. Per questo bisogna continuare con le attività per la pace come quelle stiamo facendo, passo dopo passo”.

Matías Guffanti, rappresentante di Our Voice, ha espresso il sentire dei giovani del movimento: “Ci commuove essere l’ultima generazione che può ascoltare un sopravvissuto, una storia che è presente. È una delle minacce più grandi, anzi la più grande di tutte. Come cittadini del mondo, riteniamo sia una testimonianza estremamente importante e per questo dobbiamo lottare, per evitare che queste 13 mila armi aumentino ancora, lo stesso le 500 centrali nucleari che ci sono nel mondo, con la crudeltà massima dei nostri dirigenti politici che non guardano alla vita e stanno costruendo morte con i loro progetti bellici”.

Qual’è la denuncia più forte che dobbiamo fare come giovani contro l’energia nucleare? Dove sono i responsabili di tutta questa macchina di morte e genocidio che si sta costruendo?
“La pace è invisibile, ma bisogna sempre averla nel cuore. Per questo bisogna sempre organizzare manifestazioni e attività. Ad esempio, a Nagasaki i ragazzi ogni fine settimana stanno raccogliendo firme di fronte alla stazione di treni ed autobus. Per questo è importante parlare, comunicare, condividere. Ora, come risvegliare i politici? Nagasaki è una regione conservatrice. Non si muovono molto a favore della pace, ma bisogna continuare a parlare e condividere più che possiamo, usando i mezzi online o gli Smartphone, perché la pace si costruisce. Bisogna sudare, fare attività, sudare con l’anima, con il cuore. A me stanno chiamando già dal cielo, ma in Argentina, a Nagasaki, faremo le attività. A Nagasaki siete sempre benvenuti. Ascoltiamo l’anima e lo spirito di chi è deceduto. Sentite con i loro occhi, e il loro cuore. Io sono andato in visita al museo dove ci fu il massacro. La guida ci ha lasciato vedere con i nostri stessi occhi. Ci ha detto, voi dovete sentire, vedete i capelli, i vestiti, sentite, io non spiego niente. A me è rimasto impresso quello che disse la guida. Ho sentito con i miei occhi, con il mio cuore. Qui ci sono i giovani”.

“La cosa importante è il futuro, affinché i giovani possano sapere e conoscere Nagasaki. Vi aspetterò, se un giorno venite da queste parti”, ha concluso Miyata Takashi, un ottuagenario che sarà portatore della torcia olimpica quest’anno, nelle olimpiadi di Tokyo. Un simbolo della sua lotta per la pace, e di portare in alto la speranza, fino all’ultimo momento. 

L’incontro è stato possibile grazie al lavoro instancabile di Agustín Saiz, membro del movimento culturale internazionale Our Voice e moderatore dell’incontro, ed ai membri dell’organizzazione internazionale Peace Boat (Nave della Pace) consulente nell’ONU e membro direttivo dell’ICAN (International Campaign to Abolish Nucleare Weapons), – che si è impegnato per il trattato della no proliferazione nucleare-; con la coordinazione di Rika Watanabe, la partecipazione di Matsumura Masumi – coordinatrice della campagna “Cada segundo cuenta” (Ogni secondo è importante), una delle campagne internazionali che porta avanti Peace Boat a favore del disarmo nucleare – e la traduzione di Mizutani Yuko. 

Giorgio Bongiovanni ha concluso la trasmissione con una riflessione che parla da sé: “Qui sono le 22:16, siamo a ieri. Da lei sono le 10:16 ed è già domani. Lei nel tempo è già nel domani, io sono ancora nello ieri, ma lei ed io, e noi, in questo momento, siamo uniti. Lei nel domani già vive la pace, noi nello ieri siamo ancora in battaglia, stiamo lottando per la pace. Entrambi, ieri e domani, si uniscono; significa che quando le persone si amano e si parlano, il tempo scompare; esiste solo il presente. Ed il presente oggi siamo noi, che stiamo parlando con 12 ore di differenza di tempo. Significa che, se noi vinciamo il tempo, come stiamo facendo con questa importante tecnologia, possiamo raggiungere la pace e la giustizia nel mondo.”


fonte: antimafiaduemila.com