I ministri dell’Unione per il Mediterraneo per l’economia blu

Promuovere la crescita sostenibile nel Mediterraneo, difendere l’ambiente e contrastare il cambiamento climatico

I ministri dei 42 Stati membri dell’Unione per il Mediterraneo (UpM) hanno deciso di intensificare per realizzare un’economia blu sostenibile nel Mediterraneo come pilastro della ripresa post-Covid della regione e per affrontare le sfide ambientali e climatiche.

Sei anni dopo la prima dichiarazione, hanno infatti adottato una nuova Déclaration ministérielle de l’UpM sur l’économie bleue, impegnandosi fermamente a cooperare e ad affrontare le sfide comuni nei settori chiave dell’economia blu a «promuovere politiche e strumenti di trasformazione come i cluster marittimi o la pianificazione dello spazio marittimo» e il passaggio a tecnologie low carbon e una blue economy  circolare.

Inoltre, la conferenza ministeriale, co-presieduta dall’Unione europea e del Regno hascemita di Giordania, ha stabilito  saranno avviate nuove attività e progetti comuni per affrontare questioni attuali, come lo squilibrio tra domanda e offerta di “competenze blu”, rifiuti marini, energie marine rinnovabili e turismo basato sulla natura.

Secondo Virginijus Sinkevičius, Commissario europeo per l’ambiente, gli oceani e la pesca, «I  ministri dell’Unione per il Mediterraneo hanno concordato la transizione verso un’economia blu veramente sostenibile, come parte della nostra strategia per uscire dalla crisi del Covid-19 e affrontare la gravi effetti del cambiamento climatico e del degrado ambientale. E’ un passo fondamentale verso la gestione sostenibile del Mediterraneo – il nostro mare comune – e un contributo alle ambizioni dell’European Green Deal europeo».

Il ministro dei trasporti della Giordania, Marwan Alkhitan , ha dichiarato: «I  nostri sforzi per lo  sviluppo economico sono costruiti attorno a un’economia blu che preserva tutto ciò che è unico e autentico nel nostro ecosistema. Coinvolgere tutte le parti interessate in questo processo è essenziale per rendere i principi e le pratiche dell’economia blu parte integrante e sostenibile della nostra cultura imprenditoriale e di sviluppo».

La dichiarazione fa seguito a una lunga consultazione alla quale hanno contribuito più di 100 esperti e rappresentanti di organizzazioni internazionali. Una partecipazione che riflette il crescente interesse per la sostenibilità nel Mediterraneo e la comprensione comune che è necessario agire  urgentemente.

L’UpM sottolina che «La posta in gioco è cruciale. La regione del Mediterraneo è la destinazione turistica numero uno al mondo. Rappresentando il primo settore dell’economia blu per la creazione di reddito e occupazione nel bacino marittimo, il turismo è un settore chiave per i giovani imprenditori e per la crescita delle piccole e medie imprese. Tuttavia, questo settore è stato fortemente colpito dalla crisi del Covid-19. La regione è anche altamente esposta ai cambiamenti climatici, con un riscaldamento del 20% più veloce della media globale, con impatti visibili sull’ambiente marino. Questo continuerà a meno che non vengano intraprese ulteriori azioni di mitigazione e adattamento per ridurre le emissioni di carbonio e rafforzare la resilienza degli habitat marini e costieri».

La Dichiarazione ministeriale sull’economia blu sostenibile  richiede nuove azioni per: Rafforzare la cooperazione in materia di blue economy e governance marittima; Facilitare la transizione verso un’economia blu sostenibile riducendo la pressione sull’ambiente e investendo in modelli di business più sostenibili (energie marine rinnovabili, trasporto marittimo verde, economia blu circolare, ecc.); Promuovere la pesca e l’acquacoltura sostenibili, anche attraverso una nuova ambiziosa strategia della Commissione generale per la pesca nel Mediterraneo (CGPM) per l’agenda 2021-2025; Soddisfare le esigenze in termini di lotta alla disoccupazione e reclutamento della forza lavoro necessaria nell’economia blu attraverso lo sviluppo di competenze, conoscenza, innovazione e ricerca; Rafforzare la cooperazione in materia di sicurezza e protezione marittima, anche con la cooperazione della guardia costiera.

In quello che è stato probabilmente il suo ultimo intervento come sottosegratatrio del ministero degli esteri, Manlio Di Stefano ha sottolineato che «L’Italia, con i suoi 8000 km di coste, undici confini marittimi e una filiera economica che dalla pesca alla cantieristica e ai trasporti coinvolge quasi il 3% del PIL, è in prima linea nel Mediterraneo per il rafforzamento di un sistema integrato di relazioni tra i Paesi rivieraschi».

Poi Di Stefano  ha evidenziato «L’interesse condiviso dei Paesi del Mediterraneo a garantire in maniera duratura la salute del mare quale fattore di equilibrio ambientale e climatico» e ha ricordato  «Le responsabilità che l’Italia eserciterà su queste tematiche nel corso del 2021, in particolare in qualità di Presidente della 26esima Conferenza delle Parti della Convenzione Quadro sul Cambiamento Climatico e del G20».

Di Stefano ha poi citato l’Iniziativa WestMED, di cui l’Italia sta esercitando, nel biennio 2020-2021 la Presidenza: «Stiamo lavorando allo sviluppo di infrastrutture volte ad aumentare l’uso di energie pulite e alternative nel trasporto marittimo, compreso il gas naturale come combustibile di transizione verso un’industria marittima de-carbonizzata». Che non è esattamente quewl che gli ambientalisti intendono per blue economy

Il segretario generale dell’UpM, Nasser Kamel ha concluso: «Con questa dichiarazione ministeriale sull’economia blu, abbiamo fissato l’asticella delle nostre ambizioni collettive nel governo, nella società civile, nella ricerca e nel settore privato dell’industria, per garantire che le attività marittime siano sostenibili, per innovare e creare posti di lavoro per affrontare le principali sfide del nostro tempo. Allo stesso tempo, stiamo affrontando elementi importanti per la ripresa dalla pandemia e per la ristrutturazione a lungo termine del settore».

fonte. greenreport.it