Su Netflix una storia a metà su Muccioli e San Patrignano

La Comunità: “Ci dissociamo”

Un racconto “sommario, parziale e unilaterale”. E’ così che la Comunità di San Patrignano, fondata nel 1978 da Vincenzo Muccioli a Coriano, in provincia di Rimini, impegnata da sempre nel recupero per tossicodipendenti, si è “completamente” dissociata dalla produzione della docu-serie in 5 puntate, prodotta da Netflix, dal titolo “Sanpa: Luci e tenebre di San Patrignano”, uscita sulla piattaforma lo scorso 30 dicembre.
Nella giornata di ieri è stata diffusa una nota in cui si mette in evidenza come “il racconto ha una narrazione “che si focalizza in prevalenza sulle testimonianze di detrattori, per di più, qualcuno con trascorsi di tipo giudiziario in cause civili e penali conclusesi con sentenze favorevoli alla Comunità stessa, senza che venga evidenziata allo spettatore in modo chiaro la natura di codeste fonti”.
“Per trasparenza e correttezza – si legge nella nota – abbiamo ospitato per diversi giorni la regista della serie la quale è stata libera di parlare con chiunque all’interno della comunità, e abbiamo inoltre fornito l’elenco di un ampio ventaglio di persone che hanno vissuto e/o tuttora vivono a San Patrignano e della quale conoscono bene storia passata e presente, in modo da poterle dare gli strumenti necessari per una ricostruzione oggettiva e informata. Tale elenco è stato totalmente disatteso, ad eccezione del nostro responsabile terapeutico Antonio Boschini, preferendo lasciare spazio ad un resoconto unilaterale che paia voler soddisfare la forzata dimostrazione di tesi preconcette”.
E poi ancora: “Avevamo espresso fin dall’inizio la preoccupazione per gli effetti che un prodotto televisivo di ricostruzione delle vicende trascorse all’interno della comunità, se non ricostruite e presentate in maniera equilibrata e adeguatamente contestualizzate, poteva avere sulla odierna realtà di San Patrignano, con i suoi oltre 1000 ospiti. Purtroppo, ci troviamo a constatare che i timori erano assolutamente fondati”. Ed infine si conclude: “Siamo molto preoccupati per gli effetti negativi e destabilizzanti che potrebbero ricadere sull’oneroso lavoro di recupero, reinserimento e prevenzione, ai quali la comunità San Patrignano è con dedizione da decenni impegnata”, con “un programma terapeutico basato su principi e metodi molto distanti da quelli descritti nella docu-serie, come dimostrato da diversi studi indipendenti di prestigiosi atenei sia nazionali che internazionali”.
Il documentario, scritto da Carlo Gabardini, Gianluca Neri, Paolo Bernardelli e diretta da Cosima Spender, è stato realizzato con 25 testimonianze, 180 ore di interviste e immagini tratte da 51 differenti archivi, apre una riflessione su alcuni metodi adottati al tempo da Muccioli per il recupero dalle tossicodipendenze scatenando nuovamente quelle polemiche che sin dal primo momento divisero l’intero Paese italiano.
Fino a che punto ci si può spingere per salvare un tossicodipendente?
Sicuramente ci sono stati anche “incidenti di percorso”, alcuni anche gravissimi come la morte di Roberto Maranzano a causa di un pestaggio, tuttavia appare evidente che l’opera di Vincenzo Muccioli ha salvato diverse vite da quel terribile mostro che era rappresentato dalla droga. Per i tanti a cui ha aperto le porte della propria Comunità è stato come un padre ed ha addirittura ridato uno scopo di vita. Per raggiungere questo percorso di rinascita, però, ha dovuto adottare anche scelte forti.
Contrapponendo alle catene dell’eroina quelle reali, per evitare che tante persone potessero tornare a rifugiarsi nel “buco”.
Nella docu-serie, anche con immagini di archivio, emerge comunque la figura immensa di Muccioli. E nel ripercorrere le fasi processuali che lo hanno visto coinvolto c’è anche la rabbia di tanti genitori disperati di tossicodipendenti che testimoniavano la loro fiducia in Muccioli, l’unico a ottenere dei risultati innegabili nel recupero dei loro ragazzi che a casa rubavano, devastavano tutto, picchiavano, scappavano fino a prostituirsi, a delinquere e ad uccidersi.
“Sono loro stessi a chiedermelo – diceva lo stesso Muccioli – perché sanno che altrimenti corrono a rifarsi e spesso muoiono”.
A San Patrignano, una Comunità che abbiamo conosciuto nella testimonianza dei suoi fondatori, abbiamo conosciuto una possibilità di riscatto per tanti giovani attraverso il lavoro, il senso di solidarietà e comunità, ed anche la responsabilizzazione di ogni membro della Comunità, in cui ognuno diventava “tutor” di un altro.
La speranza è che chi guarderà la docu-serie non si fermi alla superficie e approfondisca, magari andando proprio su quei luoghi, come abbiamo fatto noi. Parlando con le persone ed ascoltando le testimonianze in primissima persona.
Solo così si potrà scoprire che al di là degli scandali, delle contestazioni nei metodi adottati, non vi è alcun dubbio che l’eredità lasciata da Muccioli, ancora oggi, offre un’opportunità di vita e speranza a centinaia di ragazzi.

fonte:antimafiaduemila.com