Nuova strage in Darfur: almeno 83 persone morte negli scontri tra Massalit e Janjaweed

I profughi chiedono all’Onu di fermare lo smantellamento della Missione UNAMID

Mentre il 17 gennaio l’United Nations – African Union Hybrid Operation in Darfur (UNAMID) Drawdown Working Group incontrava a Nyala Musa Mahdi, il Wali (governatore) dello Stato del Sud Darfur, per  discutere le questioni relative alla chiusura e alla consegna dei siti del team di UNAMID nel Sud Darfur, nel Darfur scoppiavano nuovi sanguinosi scontri etnici.

Il Gruppo di lavoro UNAMID ha informato il Wali e il South Darfur Committee sul piano generale di cessazione della missione, comprese le cessioni di risorse, i suoi spostamenti e l’ente civile che amministrerà le risorse dell’UNAMISID dopo l’uscita della Missione dal Darfur. Il previsto passaggio di consegne è  linea con la Risoluzione 2559 (2020) del Consiglio di sicurezza dell’Onu e ha posto fine al mandato UNAMID il 31 dicembre 2020 e ha autorizzato un periodo di 6 mesi per completare il ritiro del personale civile UNAMID entro il 30 giugno 2021.

Ma mentre a Nyala si discuteva, nel Sud Darfur scoppiavano sanguinosi scontri tribali in un campo per sfollati a El Genenina, la capitale dello Stato. Secondo Radio Dabang, gli scontri mortali sono cominciati a Kerainding in un campo per sfollati a El Genena, il capoluogo della provincia di Sunda, dopo che un membro della tribù Masalit ha pugnalato a morte un membro di una “tribù araba” vicino ai campi di Kerending. Sebbene l’assassino fosse stato arrestato, i parenti della vittima volevano vendetta. Dopo, uomini della tribù Massalit si sono scontrati con nomadi arabi della milizia Janjaweed (i diavoli a cavallo) che volevano vendicare un loro compagno ucciso.

Le principali tribù del Darfur sono i Fur, i Masalit e gli Zaghawa. Le tribù prevalentemente nomadi, chiamate arabe in Sudan, vivono nella parte più ampia del Darfur settentrionale e il gruppo sedentario prevalentemente non arabo o africano, composto principalmente da contadini, vive nelle regioni occidentali e meridionali del Darfur.

Una fonte del governo di transizione sudanese ha detto che «La milizia Janjaweed del Sudan ha ripreso la pulizia etnica e il genocidio dei Massalit in Darfur. Alcuni uomini Massalit stanno cercando di respingere i Janjaweed».

Le autorità locali hanno imposto il coprifuoco in tutta la provincia. Il Comitato medico sudanese nel Darfur occidentale, che fa parte dell’Associazione dei professionisti sudanesi che ha guidato la rivoluzione popolare che alla caduta della trentennale dittatura di Omar al-Bashir nell’aprile 2019, ha detto che negli scontri sono morte almeno 83 persone – tra cui donne e bambini – e altre 160 venivano ferite negli scontri. Sarebbero state distrutte diverse e circa 50.000 persone sono fuggite dalle zone dove sono avvenuti gli scontri.

Il Comitato dei medici del Darfur occidentale ha riferito che la maggior parte dei feriti è stata trasferita all’El Geneina Teaching Hospital, all’Ospedale militare e alle poche cliniche private della città e che «il personale sanitario sta tentando di curare i feriti in condizioni estremamente disastrose». Non solo c’è una grande carenza di medici e infermieri, attrezzature, anestesia e medicinali, ma il personale medico, oltre ai donatori di sangue, ha problemi a raggiungere i pochi ospedali della città a causa del coprifuoco. Il Comitato ha esortato le autorità «a mettere in sicurezza le strutture sanitarie della città e fornire una scorta al personale medico per raggiungere gli ospedali e le cliniche della città, così come i feriti bloccati nelle aree che sono state attaccate, e per rifornire centri medici e di cura».

I parenti delle vittime e i Comitati di resistenza chiedono l’invio urgente di medici, infermieri e medicinali, il rapido trasferimento delle persone gravemente ferite a Khartoum e hanno sottolineato «l’urgente bisogno di acqua e cibo».

Negli scontri tribali sono intervenute anche le fazioni che componevano il Fronte rivoluzionario sudanese che non hanno firmato l’accordo di pace con il governo e quelle che lo hanno firmato si sono alleate con Khartoum.

La Darfur Bar Association, insignita del 2020 Democracy Awardha denunciato che «Le milizie armate hanno approfittato della controversia per aumentato la violenza. Le milizie armate hanno approfittato dell’incidente e hanno attaccato El Geneina da tutti i lati, hanno diffuso il panico dentro e intorno alla città … hanno anche effettuato ogni tipo di violazioni dei diritti umani».

Il governatore del Darfur occidentale, Mohamed El Doma, ha annunciato il coprifuoco in tutto lo Stato e ha autorizzato le forze governative presenti nella zona a usare la forza durante il loro intervento. El Doma ha dichiarato che le forze governative presenti nell’area non si sono mosse fino alle 10,00 di sabato e ha chiesto al governo centrale di Khartoum di inviare più forze,  «perché ci sono gruppi in agguato per attentare alla sicurezza dello Stato».

La DBA ha chiesto un’indagine sulla «Risposta ritardata del comandante dell’esercito a El Geneina» e una campagna di disarmo nella regione.

Il 17 gennaio, una riunione di emergenza del Security and Defence Council del Sudan ha deciso di inviare rinforzi della sicurezza nel Darfur occidentale. Il capo della polizia, Izzeldin El Sheikh, si aspetta che le misure abbiano «un impatto importante sul ripristino della stabilità nel Darfur occidentale e nella sua capitale» e ha invitato le comunità del Darfur occidentale a cooperare.

Il primo ministro sudanese Abdallah Hamdok ha inviato a El Geneina una delegazione di alto rango di funzionari militari, di sicurezza e legali, guidata dal procuratore generale Tajelsir El Hibir, «Per affrontare la situazione e ripristinare la calma e la stabilità nello Stato».

Alla fine di dicembre 2019 a El Geneina c’era stati scontri sanguinosi simili, innescati anche allora dall’uccisione di un pastore Mahameed “arabo” da parte di un Masalit in uno dei campi profughi di Kerending. Nregli scontri successivi vennero uccise Più di 80 persone e almeno altre 190 furono ferite e i due campi di Kerending furono rasi al suolo. Anche i distretti di El Geneina e i villaggi a nord-est di El Geneina vennero attaccati dalle milizie Janjaweed.

Il Darfur, grande più o meno quanto la Spagna, da anni è tormentato da conflitti e tensioni intercomunitarie. Gli sfollati a causa delle violenze sono milioni, compresi i molti che sono fuggiti  nel vicino Ciad. Secondo l’United Nations Office for Coordination of Humanitarian, tra gennaio e settembre 2020 hanno ricevuto assistenza umanitaria quasi 5 milioni di persone. Il Darfur è anche una delle regioni più povere del Sudan, con tassi di povertà fino al 67% nel Central Darfur. Anche diverse strutture sanitarie sono state chiuse per mancanza di fondi e personale.

In una dichiarazione il comitato di coordinamento di residenti dei campi di sfollati si legge: «Abbiamo avvertito più volte sul deterioramento della situazione della sicurezza in Darfur … poiché le milizie armate rappresentano ancora una minaccia costante». Gli sfollati hanno protestato contro la fine della missione  UNAMID.

Il segretario generale dell’Onu,  António Guterres, si è detto profondamente preoccupato per l’escalation della violenza nel Darfur e ha invitato le autorità sudanesi a  fare ogni sforzo «Porre fine ai combattimenti, ripristinare la legge e l’ordine e garantire la protezione dei civili, in conformità con il National Plan for Civilian Protection del governo».

fonte: greenreport.it