Csm: plenum approva parere su procura Ue

Di Matteo contrario: “Non denuncia con chiarezza i rischi e il varco pericoloso che si aprirebbe con questo assetto”

Il Plenum del Csm, su proposta della VI Commissione (relatori il Presidente Fulvio Gigliotti e i Consiglieri Giovanni Zaccaro e Sebastiano Ardita), ha approvato (recependo l’emendamento del togato Giuseppe Marra diretto a esplicitare la necessità di prevedere che le notizie di reato di competenza Eppo siano in ogni caso comunicate al PM nazionale compente per territorio), il parere sullo schema di Decreto Legislativo (atto del Governo n. 204) recante disposizioni per l’adeguamento della normativa nazionale alla disciplina del Regolamento UE 2017/1939, dettata in tema di Procura Europea (c.d. EPPO). Il parere, nell’esprimere approvazione, in termini generali, sullo schema di decreto delegato proposto dal Governo, segnala, peraltro, alcuni possibili profili di criticità, già a partire dalla effettiva praticabilità di un adeguamento normativo interno senza risorse – patrimoniali, personali e logistiche – “dedicate”. Dal punto di vista tecnico, il parere sollecita l’opportunità della considerazione, sul piano normativo, di alcuni aspetti non espressamente o compiutamente considerati nello schema di decreto, specialmente avuto riguardo alla collocazione dei Procuratori europei delegati (PED) nel sistema ordinamentale, ad alcuni aspetti funzionali della loro attività, alle procedure previste per la nomina, ai temi della valutazione di professionalità e al regime disciplinare, alla regolamentazione delle possibili cause di rimozione dall’incarico, nonché a svariati aspetti “processuali”. Il parere è stato approvato con 16 voti a favore, 3 contrari e 2 astenuti. Contrario al parere del Csm è il consigliere togato Nino Di Matteo “perché il testo ‘non denuncia con sufficiente chiarezza i rischi e il varco pericoloso che si aprirebbe con questo assetto della Procura UE. – ha aggiunto – Da una parte, infatti, si avvalla la rinuncia alle prerogative del pm e dall’altro ci si spoglia di competenze nazionali sulle indagini, con il rischio di sovrapposizioni e stalli investigativi”. Per questo motivo, secondo il togato indipendente, “la Procura UE rappresenta un cavallo di Troia particolarmente pericoloso introdotto nel nostro ordinamento in un campo molto delicato quale è quello del contrasto alla criminalità organizzata, nel quale il nostro Paese rappresenta l’eccellenza. I reati finanziari che riguardano l’UE sono e saranno sempre più numerosi e presentano delle connessioni importanti e strategiche con i delitti tipici della criminalità organizzata, ma con questo assetto c’è il rischio che i procuratori delegati Europei non abbiano la stessa sensibilità e autonomia e indipendenza trovandosi in un Ufficio con un’alta gerarchizzazione e subordinazione al Procuratore UE. – ha continuato Di Matteo – Il Procuratore Europeo, secondo questo, assetto sarà un magistrato collocato fuori ruolo che esercita importantissime funzioni giudiziarie davanti ad organi giurisdizionali di merito e di legittimità, la cui nomina è massimamente legata ai vertici degli esecutivi”. Quindi, ha aggiunto il consigliere Di Matteo, “sono contrario a questo modello che disegna una Procura fortemente gerarchizzata guidata da un Procuratore di nomina politica. Noi rischiamo di affidare la direzione di importanti indagini di mafia a procuratori europei che si sono formati in contesti politici e giudiziari che nemmeno concepiscono l’esistenza di una fattispecie di reato analoga al nostro 416 bis”. Per Di Matteo “se abbiamo capito qualcosa della lezione di Giovanni Falcone, abbiamo anche capito che la sua visione si concentrava sotto il profilo dell’indipendenza dei magistrati, di tutti i pubblici ministeri, dal potere politico”. Il consigliere togato ha poi ricordato che il lavoro di Giovanni Falcone, all’ufficio degli Affari Penali al ministero di Grazie e Giustizia, ha “contributo alla creazione della DIA, della DDA, della DNA e cioè tutti gli uffici di polizia o giudiziari, che esaltavano la specializzazione del magistrato antimafia sulla base delle esperienze acquisite sul campo”. Quel sogno di Giovanni Falcone e di altri magistrati, ha proseguito Di Matteo, “non riguardava l’espropriazione della titolarità a indagare, ma riguardava la creazione di organismi specializzati che fungesse da organismi coordinatori dell’attività di chiunque fosse competente su certi temi”.
In conclusione, il togato indipendente ha spiegato che nel decreto legge “manca qualsiasi riferimento anche in questo ordinamento tra procuratori nazionali e procuratori europei e mi permetto anche di sottolineare che il problema della conoscenza del procuratore nazionale non è soltanto legato all’eventuale di atti urgenti. Ci possono essere indagini importantissime che non hanno bisogno di atti urgenti, ma che pure devono essere comunque portate a conoscenza dell’autorità giudiziaria nazionale”.

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fonte: antimafiaduemila.com