L’auto elettrica degli italiani arricchisce altri Paesi: peggiora il disavanzo commerciale

Enea: una conseguenza potenzialmente critica della decarbonizzazione riguarda il crescente import di tecnologie low-carbone

di
Luca Aterini

Un tempo erano gli incentivi italiani per le fonti rinnovabili a rendere ricca l’industria tedesca e quella cinese, Paesi dai quali importavamo massicciamente i pannelli fotovoltaici finiti sui tetti nazionali, adesso è il turno dell’auto elettrica ma nel frattempo la lezione non è stata imparata. Così, come testimonia l’ultima Analisi trimestrale del sistema energetico nazionale prodotta dall’Enea, il paradosso si ripropone.

Mentre il Governo (giustamente) sostiene con vari bonus l’avanzare della mobilità sostenibile, al contempo la relativa politica industriale a sostegno è quasi a zero, e i risultati si vedono.

«Una conseguenza potenzialmente critica dell’accelerazione della decarbonizzazione del sistema energetico degli ultimi mesi – sottolinea l’Enea –  riguarda il crescente disavanzo commerciale italiano nelle tecnologie low-carbon, le cui importazioni sono cresciute nella prima metà del 2020 del 40% rispetto a un anno prima, a fronte di una riduzione del 17% delle importazioni totali. Si registra dunque un ulteriore leggero peggioramento degli indicatori della competitività italiana sulle tecnologie low-carbon, a causa in particolare dei dati relativi ai veicoli elettrici ed ibridi e agli accumulatori agli ioni di litio, per i quali nei soli primi sei mesi del 2020 si è già raggiunto un disavanzo commerciale pari a 422 milioni di euro, contro i 530 milioni di euro dell’intero 2019».

Per cambiare passo – come per i pannelli fotovoltaici – bisognerebbe aprirsi all’avanzamento tecnologico anziché affidarsi semplicemente all’import, ma anche in questo caso il Paese sembra muoversi con grande lentezza. La buona notizia arriva sempre dall’Enea, che in parallelo all’iniziativa europea sta capitanando un’alleanza tra ricerca e industria per lo sviluppo di batterie avanzate e di nuova generazione in Italia. Ma su questo fronte i risultati si vedranno nel tempo, mentre la bilancia commerciale – gravata da anni di arretratezza – peggiora adesso.

«Un dato legato all’accelerazione della decarbonizzazione del sistema energetico italiano – conferma il ricercatore Enea Francesco Gracceva, che ha curato l’Analisi – In soli sei mesi del 2020 il saldo negativo ha raggiunto i 422 milioni di euro, contro i 530 milioni dell’intero 2019, pressoché interamente a causa dell’importazione di veicoli elettrici e ibridi e di accumulatori agli ioni di litio»

Anche su altri fronti, l’Analisi dell’Enea non offre grandi margini all’ottimismo. Come conseguenza della ripresa del ciclo economico nel III trimestre, le emissioni nazionali di CO2 hanno tornato subito a impennarsi (+20% rispetto al II trimestre, ma comunque -7% sul III trimestre 2019).

Da una parte nei primi nove mesi del 2020 la riduzione tendenziale è di circa il 14% (oltre 33 MtCO2 in meno), leggermente maggiore del calo dei consumi di energia perché quest’ultimo si è concentrato sulle fonti fossili, e tra queste su quelle a maggiore intensità carbonica (carbone e petrolio). Ma «circa 2/3 della riduzione delle emissioni nei primi tre trimestri è da attribuire alla caduta del Pil, il resto è da attribuire in misura equivalente alla crescita del peso delle rinnovabili sui consumi totali, all’accelerazione della decarbonizzazione nel settore elettrico e in misura minore alla riduzione dell’intensità energetica dell’economia».

È pur vero che sul fronte della decarbonizzazione le emissioni complessive di CO2 previste per fine 2020 risultano (praticamente per la prima volta) «in linea con la traiettoria coerente con gli obiettivi 2030, sebbene resta più difficile da raggiungere l’obiettivo specifico relativo ai settori non-ETS», ma anche questo è un dato collegato alla crisi economica contingente, come hanno spiegato giusto ieri dall’Ispra. Al contempo «anche l’obiettivo di crescita della quota di fonti rinnovabili ha continuato a beneficiare del calo dei consumi, ma il rallentamento delle installazioni di nuova capacità elettrica rinnovabile continua a far ritenere di particolare difficoltà il raggiungimento di questo obiettivo».

In altre parole, si conferma quanto purtroppo già sappiamo: dopo anni di crescita abbastanza sostenuta – l’Italia sei anni fa aveva la quota di Fer più alta tra i principali Paesi europei –  tra il 2014 e il 2018 la crescita media annua della quota di rinnovabili sul consumo finale di energia è stata di appena lo 0,2%, il valore più basso tra i grandi Paesi europei con l’eccezione della Polonia, e circa la metà della media Ue27. Come risultato, continuando di questo passo, l’Italia rischia di traguardare il target Ue fissato al 2030 per le rinnovabili con circa mezzo secolo di ritardo.

fonte: greenreport.it