Consiglio europeo, c’è l’accordo su bilancio e fondi per la ripresa: il 30% andrà al clima

L’Italia prima beneficiaria di Next Generation Eu, attesi 209 miliardi di euro tra sussidi (82) e prestiti (127). Niente obiettivi di neutralità climatica, niente fondi

di
Luca Aterini

Dopo cinque giorni di trattative estenuanti, i leader degli Stati membri Ue riuniti nel Consiglio europeo sono riusciti a trovare un accordo (in allegato in coda all’articolo, ndr) sul nuovo bilancio comunitario 2021-2017 e – soprattutto – sul fondo per la ripresa post-Covid, le cui risorse saranno allocate essenzialmente nell’arco temporale 2021-2023. Complessivamente si tratta di un pacchetto da 1.824,3 miliardi di euro, il 30% dei quali sarà esplicitamente dedicato a progetti contro i cambiamenti climatici.

Di queste risorse, 1.074,3 miliardi di euro riguardano il bilancio pluriennale (Qfp) dell’Ue, che esce indebolito rispetto alla proposta originaria, mentre il fondo per la ripresa nato nell’ambito dell’iniziativa Next Generation Eu conferma una dotazione da 750 miliardi di euro – che verranno raccolti dall’Ue sui mercati emettendo debito comune, per la prima volta in quantitativi così ingenti – ma rimodulata nelle sue componenti: i sussidi di fermano a quota 390 miliardi di euro mentre i prestiti arrivano a 360, da ripagarsi entro il 2058. L’Italia, colpita duramente da Covid-19, rimane in ogni caso la prima beneficiaria: si stima che al nostro Paese arriveranno circa 82 miliardi di euro in sussidi a fondo perduto e 127 in prestiti, più della cifra originaria (172,7 miliardi di euro complessivi).

Per poter accedere alle risorse del Next Generation Eu i governi nazionali dovranno presentare piani di investimento dettagliati alla Commissione Ue – in linea con la rivoluzione verde e digitale che stabilita per l’Unione europea, oltre alle raccomandazioni specifiche per ogni Paese –, la quale li sottoporrà poi all’ok del Consiglio europeo a maggioranza qualificata: l’erogazione delle sovvenzioni avverrà solo se saranno raggiunti gli obiettivi concordati nei piani nazionali, e se alcuni Stati riterranno non soddisfatti questi requisiti potranno appellarsi al giudizio del Consiglio Ue.

Rimane centrale la partita climatica: «L’azione per il clima – si legge nell’accordo – sarà integrata nelle politiche e nei programmi finanziati nell’ambito del Qfp e di Next Generation Eu. Un obiettivo climatico generale del 30% si applicherà all’importo totale della spesa a titolo del Qfp e di Next Generation Eu e si tradurrà in obiettivi adeguati nella legislazione settoriale. Questi ultimi devono conformarsi entro il 2050 all’obiettivo della neutralità climatica dell’Ue e contribuire al conseguimento dei nuovi obiettivi climatici dell’Unione per il 2030, che saranno aggiornati entro fine anno. In linea di principio, tutte le spese dell’UE dovrebbero essere coerenti con gli obiettivi dell’accordo di Parigi».

Niente obiettivi di neutralità climatica al 2050, dunque, niente fondi. L’Italia sotto questo profilo ha già annunciato l’intenzione di accodarsi all’obiettivo Ue, ma di fatto il Piano nazionale integrato energia e clima (con obiettivi 2030) approvato a inizio anno dovrà già essere rivisto per alzare il livello d’ambizione.

Per la prima volta, inoltre, oltre a raccogliere fondi ingenti sui mercati attraverso l’emissione di debito comune l’Europa potrà dotarsi di risorse proprie per finanziare i programmi di ripresa, attraverso plastic tax, carbon tax e web tax, oltre a rivedere il mercato delle emissioni climalteranti Eu-Ets. Come primo passo, sarà introdotta «una nuova risorsa propria basata sui rifiuti di plastica non riciclati» che si applicherà a decorrere dal 1° gennaio 2021; nel primo semestre del 2021 la Commissione presenterà poi «proposte relative a un meccanismo di adeguamento del carbonio alla frontiera», ovvero una carbon tax applicata ai prodotti importati in Ue, per introdurla «al più tardi» entro il 1° gennaio 2023. Nello stesso spirito, si ipotizza di estendere l’Eu-Ets – che ad oggi riguarda il 45% delle emissioni di gas serra europee – al trasporto aereo e marittimo.

La linea negoziale d’austerità portata avanti dai paesi autodefinitisi “frugali”, ovvero Paesi Bassi e Austria ma anche i Paesi scandinavi che dovrebbero rappresentare le democrazie più evolute al mondo come Svezia, Danimarca e Finlandia, ha però portato a significativi tagli su iniziative fondamentali per la transizione socio-economica europea, in primis il programma di ricerca Horizon e il Fondo per la giusta transizione – potenzialmente impiegabile ad esempio per le bonifiche e la decarbonizzazione all’ex Ilva di Taranto – partito inizialmente con una proposta da 7,5 miliardi di euro per arrivare a 40 e infine ripiombare a 10.

Il decisivo round europeo su bilancio e fondi per la ripresa si chiude dunque con un compromesso, comunque onorevole per l’Italia e con importanti pietre miliari per un futuro più coeso in Ue, anche se i nazionalismi di qualsiasi risma si confermano un freno per lo sviluppo sostenibile del Vecchio continente. Ora la parola passa al Parlamento Ue, che potrà ratificare o rilanciare sull’accordo raggiunto dai leader europei in Consiglio.

fonte: greenreport.it