La pandemia ci aiuterà a migliorare l’approccio alla green economy?

Ronchi: «Si tornerà al punto di partenza precedente come se niente fosse accaduto, o avremo fatto qualche passo avanti per capire meglio le sfide del nostro tempo?»

di
Luca Aterini

La pandemia da coronavirus Sars-Cov-2 in corso sta facendo calare i consumi, la produzione di rifiuti, il traffico, le concentrazioni di inquinanti atmosferici e le emissioni di CO2, ma tutto ciò non ha niente a che vedere con la sostenibilità: di fatto si tratta di una decrescita imposta da uno shock esterno all’economia, molto lontana da qualsiasi orizzonte di sviluppo sostenibile. Eppure Covid-19 sta dolorosamente mettendo in discussione il nostro modo di vivere la vita, e da tutto questo potremmo trarre delle lezioni utili per la ripresa. Presentato esattamente ad un mese dall’inizio delle misure di distanziamento sociale dal Green city network e dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile, il dossier Pandemia e sfide green del nostro tempo aiuta a capire quali.

Sappiamo ad esempio che la causa profonda della pandemia in corso va cercata nella progressiva invasione e distruzione degli ecosistemi naturali, che espone l’uomo all’assalto di virus presenti in altri animali. Pensare che la colpa stia (solo) nel traffico di specie che trova sbocco nei wet market cinesi sarebbe un abbaglio: difficilmente riflettiamo sul fatto che i prodotti che noi stessi consumiamo ogni giorno sono fatti con risorse naturali prelevate in grandi quantità in diverse parti del mondo. Di fatto però in Italia, rispetto ad un consumo interno di materiali di 489 milioni di tonnellate, ben 322 vengono importate: questo significa che per ogni 10 kg di materiale, 6,5 kg sono di provenienza estera. Al contempo circa la metà delle emissioni totali di gas a effetto serra e più del 90% della perdita di biodiversità e dello stress idrico sono determinati dall’estrazione di risorse e dai processi di trasformazione di materiali, combustibili e alimenti.

La severa lezione impartita dalla pandemia deve dunque spingerci a ripensare il rapporto tra uomo e consumi, a partire da quelli di cibo, in quanto la progressiva trasformazione ed eliminazione di sistemi naturali, unita ad altri fattori quali il commercio incontrollato e spesso illegale di specie di fauna selvatica, contribuisce in maniera rilevante a facilitare il passaggio di organismi patogeni dagli animali all’uomo.

Il dossier richiama, inoltre, la necessità di contenere i danni generati da questa pandemia al sistema di gestione rifiuti e all’economia circolare, in modo che non diventino permanenti perché è necessario preservare il carattere di servizio essenziale strategico della gestione dei rifiuti che non può essere interrotto e che deve funzionare comunque, e funzionare bene, e restare un perno decisivo di un modello circolare di economia.

È necessario riconoscere anche che il crollo dei consumi energetici sta generando una riduzione delle emissioni di CO2 nel breve periodo, ma il trend delle emissioni globali – prima della pandemia da coronavirus – era ben lontano dalla drastica riduzione necessaria. In questo quadro, per il dossier, la decarbonizzazione del settore civile resta una priorità.

Lo stesso si può dire per la mobilità: le città sono praticamente prive di traffico da quando il coronavirus ha costretto tutti a restare a casa, e per evitare che a crisi finita si ritorni al traffico congestionato e inquinante delle nostre città si deve approfittare per aprire una riflessione sul modello di mobilità urbana e su come cambiarlo quando il coronavirus se ne sarà andato. Le misure di confinamento (lockdown) mettono allo stesso tempo in discussione comportamenti e abitudini consolidate: ad esempio l’utilità dello spostamento e le possibili alternative, come lo smart working.

Una riflessione che si collega giocoforza anche a quella dell’abitazione concepita non più come solo dormitorio, ma anche luogo di lavoro, di studio e di cultura, di svago e di socialità. La pandemia ha insegnato l’importanza di spazi per lo smart working ma anche di balconi, terrazzi, cortili e giardini anche condominiali, tutti gli spazi intermedi in generale che possono svolgere ruoli importanti, anche dal punto di vista ambientale, con il green building approach.

«Durante questa pandemia i consumi sono calati, l’attenzione sui consumi alimentari è cresciuta – si domanda Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile – ma dopo si tornerà al punto di partenza precedente, come se niente fosse accaduto, o avremo fatto qualche passo avanti per capire meglio le sfide del nostro tempo?». La risposta è nelle nostre mani, a partire dalla domanda di cambiamento che è necessario esprimere verso istituzioni e politica.

fonte: greenreport.it