Un radar cinese e i ricercatori italiani rivelano cosa c’è sotto la faccia nascosta della Luna

Il ritorno dell’uomo sulla Luna è imminente. E l’idea di creare una base scientifica lunare è possibile

Lo studio “The Moon’s farside shallow subsurface structure unveiled by Chang’E-4 Lunar Penetrating Radar” pubblicato su Science Advances da un team di ricercatori cinesi e italiani – Sebastian Lauro ed Elena Pettinelli dell’Università degli studi Roma Tre e Francesco Soldovieri dell’Istituto per il rilevamento elettromagnetico dell’ambiente del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Irea) – ha rivelato per la prima volta la stratigrafia del sottosuolo del Polo Sud-Aitken, più grande bacino da impatto lunare, situato sulla faccia nascosta della Luna. Gli stessi ricercatori italiani hanno fatto parte del team che nel 2018 ha scoperto l’acqua liquida sotto il polo sud marziano.

Il 3 gennaio 2019 la missione cinese Chang’è 4 si è posata sul fondo del cratere Von Karman, all’interno del Bacino Polo Sud – Aitken, diventando la prima missione ad allunare con successo sulla faccia nascosta della Luna. La zona di allunaggio di questa missione è particolarmente importante perché vicina all’area (Polo Sud lunare) dove la sonda indiana Chandrayaan-1 ha recentemente confermato la presenza dell’acqua sotto forma di depositi di ghiaccio, una zona di grande interesse per la futura esplorazione umana.

Al Cnr spiegano che «Il radar cinese a bordo del piccolo rover Yutu-2 ha rilevato infatti, sotto una distesa di polvere grigia finissima, la cosiddetta regolite lunare, la successione dei prodotti degli impatti che hanno modellato la superficie lunare nel corso di miliardi di anni».

I ricercatori. Guidati da Chunlai Li del Key Laboratory of Lunar and Deep Space Exploration del National Astronomical Observatories dell’Accademia cinese delle scienze, ricordano che «La Luna ha una natura dicotomica molto particolare: la faccia visibile ha una crosta più sottile caratterizzata da larghi bacini chiamati mari, sostanzialmente riempiti di lava basaltica proveniente dal mantello ormai solidificata; la faccia nascosta invece ha una crosta più spessa, è sostanzialmente priva di mari, ed è prevalentemente costituita da roccia anortositica, il materiale crostale originario formatosi miliardi di anni fa».

Grazie alle missioni umane (programma americano Apollo), che hanno effettuato esperimenti geofisici in sito e riportato quasi 400 kg di rocce lunari, ed a quelle robotiche (programma sovietico), si conosce molto della faccia visibile della luna e quelle missioni hanno rivelato aspetti inattesi dell’origine del nostro satellite, della sua storia geologica e della sua struttura interna, rivoluzionando le precedenti teorie.

Pochissimo invece si sa del “lato oscuro” del nostro satellite naturale. E’ per questo che, dopo il parziale successo della missione Chang’è 3 su Mare Imbrium (lato vicino), i cinesi si sono concentrati sulla missione più difficile, quella di allunare sul lato che non si vede e che non si può “direttamente monitorare”. La missione è andata secondo i piani ed il rover Yutu-2 ha cominciato la sua esplorazione lunare 12 ore dopo l’allunaggio del lander.

La Pettinelli sottolinea che «I dati radar che hanno permesso di ricostruire la struttura del sottosuolo lunare, con una risoluzione mai ottenuta prima d’ora, sono stati acquisiti grazie all’impiego delle antenne ad alta frequenza (500MHz) montate sotto la struttura del rover. Quello che ci ha più sorpreso è la straordinaria trasparenza del terreno di Von Karman alle onde radio, che ci ha permesso di vedere distintamente le strutture geologiche fino a 40m di profondità, una cosa assolutamente impossibile da ottenere sulla Terra a quella frequenza, a causa della onnipresenza di acqua liquida nel sottosuolo». Lauro aggiunge: «Abbiamo comunque dovuto lavorare sodo all’analisi dei dati per estrarre le informazioni riguardanti i dettagli della stratigrafia e, soprattutto, per evitare errori nell’interpretazione dei dati».

Saldivieri spiega a sua volta che «Alla fine, abbiamo individuato l’algoritmo giusto, applicando un approccio noto come inversione tomografica, siamo riusciti ad individuare la presenza dei tipici prodotti di impatto sotto uno spesso strato di regolite».

Ma cosa ha scoperto realmente il radar? Al Cnr-Irea rispondono che «Data la “trasparenza” dei materiali è stata possibile definire in dettaglio la sequenza verticale degli strati. La parte superiore è costituita da materiale finissimo ed uniforme (regolite) che si estende fino ad una profondità di circa 12 m. Questo materiale è frutto di un lungo processo di frantumazione ed aggregazione dovuta all’impatto di micrometeoriti ed all’interazione del suolo con la radiazione solare. Al di sotto di questo si alternano strati ricchi di blocchi derivanti dalle espulsioni di materiale dai vicini crateri generati dall’impatto con asteroidi e strati più fini fino ad una profondità di 40m, limite di indagine del radar».

I ricercatori italiani concludono: «Il ritorno sulla Luna dell’uomo è ormai imminente. L’idea di creare una base scientifica, come quella in Antartide, è un progetto ambizioso ma possibile. Tuttavia, lo sviluppo di un insediamento umano lunare richiede la capacità di utilizzare e riciclare le risorse presenti sulla Luna, come l’acqua dal ghiaccio e l’ossigeno dalla regolite lunare. Per questo motivo, l’esplorazione geofisica del sottosuolo, così come lo è sulla Terra per l’individuazione delle risorse naturali, è ora di fondamentale importanza sulla Luna per la scelta del sito adatto alla costruzione di una base lunare».

fonte: greenreport.it