Istituto superiore di sanità, l’Italia tra i Paesi più rischio di fronte alla crisi climatica

Brusaferro: «L’Italia, attraverso il Ssn, sta già affrontando le nuove domande di salute conseguenti agli effetti del climate change. Stiamo lavorando perché tutto questo non ci trovi impreparati»

L’Italia ha appena attraversato il decennio più caldo della sua storia, il che non comporta “solo” il progressivo scioglimento dei nostri ghiacciai o minacce alla sopravvivenza di specie animali e vegetali: la crisi climatica in corso è ormai un rischio per la salute pubblica, e sotto questo profilo l’Istituto superiore di sanità (Iss) – ovvero l’organo tecnico-scientifico del Servizio sanitario nazionale – inserisce l’Italia «tra i Paesi più a rischio», ma anche tra quelli con le potenzialità per divenire un «laboratorio ideale per la cura del pianeta». Eppure la distanza tra rischio effettivo e percepito su questo tema è ancora larghissima.

Un’importante occasione di approfondimento nel merito è arrivata ieri con una tavola rotonda dedicata al rapporto The Lancet Countdow on Health and Climate Change pubblicata su The Lancet, frutto della collaborazione tra 120 esperti di 35 istituzioni di tutto il mondo. Dal report Lancet il nostro Paese emerge come primo in Europa e undicesimo nel mondo per mortalità da polveri sottili (con 45.600 morti premature a causa del Pm2,5 nel solo 2016), ma – sottolinea l’Iss – è anche un laboratorio straordinario, grazie alla sua posizione geografica e all’estrema eterogeneità meteo-climatica, per poter studiare e mettere a punto strategie e azioni capaci di mitigare e contrastare i cambiamenti climatici.

Per dare una misura dei rischi che stiamo correndo, l’Iss ricorda ad esempio che secondo i dati del Climate risk index di Germanwatch, negli ultimi due decenni (dal 1999 al 2018) l’Italia ha registrato 19.947 morti riconducibili agli eventi meteorologici estremi, che nello stesso arco di tempo hanno causato perdite economiche quantificate in 32,92 miliardi di dollari; nel solo 2018 gli eventi estremi hanno provocato in Italia 51 decessi e 4,18 miliardi di dollari di perdite.

«La salute umana e la salute del pianeta sono strettamente connesse – sottolinea Paolo Vineis, docente di Epidemiologia ambientale dell’Imperial College of London – Vanno perciò incentivati gli interventi in settori come i trasporti, la produzione di energia pulita o l’alimentazione, che migliorano la salute dei cittadini e che contribuiscono di pari passo in modo sostanziale alla mitigazione del cambiamento climatico».

In tutto il Sud Europa, Italia inclusa, i cambiamenti climatici stanno causando un aumento degli eventi meteorologici estremi: ondate di calore, piogge intense, allagamenti costieri, siccità e rischio incendi, insieme ad una espansione di nuove specie di vettori di malattia.

«Stiamo lavorando, tuttavia, perché tutto questo non ci trovi impreparati – spiega Silvio Brusaferro, presidente dell’Iss – L’Italia, attraverso il Ssn, sta già affrontando le nuove domande di salute conseguenti agli effetti del climate change, come ad esempio con il piano di prevenzione sul caldo, con la formazione del personale e con una informazione che renda il cittadino consapevole ed attento nell’affrontare le nuove sfide. In questo contesto l’Iss fa la sua parte, mettendo a servizio della collettività le sue competenze nel ricercare le evidenze scientifiche, nel monitorare i fenomeni, nel suggerire approcci sicuri e idonei a contrastare i numerosi rischi per la salute connessi ai cambiamenti climatici (dalle malattie infettive a quelle mentali, dalle conseguenze dell’inquinamento atmosferico e non alla sicurezza alimentare etc.) e, non ultimo, nel cercare di incrementare le capacità di adattamento. Insieme, riscrivere il profilo italiano di Lancet Countdown è possibile. Noi siamo pronti a fare la nostra parte».

fonte: greenreport.it