Le dichiarazioni del superpentito Liuzzo su ‘Ndrangheta, massoneria e politica

Nei verbali i rapporti con i Matacena
di Aaron Pettinari

Un fiume in piena. Così si potrebbe definire il flusso di coscienza di Pino Liuzzo, in passato boss-imprenditore ed oggi collaboratore di giustizia. Nei giorni scorsi il procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo, non ha ottenuto la riapertura del dibattimento per sentire il pentito al processo Breakfast (il procedimento che tra gli altri vede imputato l’ex ministro dell’Interno, Claudio Scajola, con l’accusa di aver aiutato l’ex parlamentare di Forza Italia Amedeo Matacena a sottrarsi al carcere in seguito alla condanna definitiva per concorso esterno), ma dai verbali emerge l’intreccio tra ‘Ndrangheta, massoneria e istituzioni con quella fitta rete di “invisibili”. Imprenditori, professionisti e politici che si trovano a gestire un oscuro sistema di potere che parte da Reggio Calabria fino a condizionare, probabilmente, anche la politica e l’economia del Paese.
“Liuzzo – aveva rappresentato alla Corte lo scorso dicembre Lombardo – consente di inquadrare in maniera precisa i rapporti strettissimi tra la famiglia Matacena, e quindi il Cavaliere Matacena e Amedeo Jr, con la ‘Ndrangheta reggina attraverso la famiglia Rosmini”.
E leggendo i verbali appare chiaro il motivo per cui le dichiarazioni del pentito sono ritenute di grandissimo rilievo. Liuzzo, infatti, è stato un diretto protagonista di numerose vicende.

Il progetto politico
Ai magistrati ha parlato di un vero e proprio progetto politico, con interessi diretti della ‘Ndrangheta calabrese, dietro l’elezione in Parlamento di Amedeo Matacena jr ed anche Mimmo Crea, condannato in via definitiva a 7 anni e 6 mesi per concorso esterno in associazione mafiosa nel procedimento “Onorata Sanità”.
“Amedeo – si legge nei verbali – con referenti di Roma, dice vogliono tirare dentro a Crea” Motivo? “Loro volevano che Mimmo Crea passasse perché aveva un plotone di voti da fare paura. Ci parlano che prendeva 4/5 mila voti”.
Ma secondo Liuzzo dietro a quell’operazione vi erano anche altri registi. “Uno era Alfredo Biondi, poi ce ne era un altro che veniva, che scendeva sempre, però non me lo ricordo adesso” ha detto ai pm per poi fare il nome poco dopo. Ed è di quelli altisonanti: l’ex ministro degli interni Claudio Scajola.
Matacena jr, da parte sua, avrebbe tenuto i contatti sul territorio. “Non era un luminare – dice Liuzzo – però dopo tanta scuola… perché Matacena ha fatto scuola a Roma da persone, da Alfredo Biondi, era suo compagno, voglio dire, da persone proprio specializzate per fare studio a… persone preparate per andare al Parlamento”. E poi ancora, sempre riferendosi a Matacena: “Il padre voleva portare il figlio a farlo diventare onorevole. A livello romano. Si, avere un deputato a Roma”.
Le dichiarazioni di Liuzzo sono state depositate anche al processo Gotha dove la fitta rete degli invisibili è finito alla sbarra. Tra gli imputati vi sono figure come il senatore Antonio Caridi e gli avvocati Giorgio De Stefano e Paolo Romeo.

La “Fenice” e le logge coperte
Altri collaboratori di giustizia, come Cosimo Virgiglio, hanno raccontato l’esistenza di questi altissimi rapporti tra imprenditori, massoni e politici. Hanno parlato dell’esistenza di logge coperte.
Sentito al processo Breakfast Virgiglio aveva raccontato dell’esistenza de la “Fenice”, collegata a quella dei “Due Mondi”. E a suo dire anche Matacena senior ne avrebbe fatto parte in qualità di “Sussurato all’orecchio” cioè “una di quelle persone che per il loro ruolo pubblico preferiscono non figurare negli elenchi. Insieme a lui c’erano politici, prima del ’93 anche magistrati, poi forze dell’ordine. C’era l’avvocato Romeo, tal Lombardo che era un medico chirurgo, l’allora comandante della municipale di Reggio, il proprietario di un ristorante, Baylik. Queste persone qua. La Fenice aveva un parallelismo con l’obbedienza del principe Alliata”. Quei nomi li aveva saputi direttamente dal Gran Maestro serenissimo, Francica, l’unico che sapeva l’elenco completo dei nomi.
Oggi Liuzzo racconta che Matacena padre era una “persona di fiducia” che aveva messo a disposizione la propria rete di contatti massonici.
Un dato che avrebbe appreso direttamente da Diego Rosmini, all’epoca esponente di primissimo piano dei clan reggini (“Mi dice sai ci hanno promesso in poche parole, dice, non è una questione di soldi è una questione, essendo che Santa Barbara è andata male, essendo che il padre di Amedeo Matacena, il cavaliere voglio dire, è massone dice ci ha promesso delle garanzie”). Quindi Matacena senior avrebbe promesso di “mettere a disposizione gli avvocati, che pagava lui”, e che “aveva delle amicizie a Roma e che il processo lo faceva tornare indietro”.

Crociata Matacena
Tornando a parlare del progetto politico con Matacena protagonista ha riferito di una vera e propria “crociata” che sarebbe stata fatta per quest’ultimo. E poi ancora: “Quando lui è entrato in Forza Italia, lui ha avuto un boom da fare paura”. Come è stato possibile? A suo dire perché sarebbe “stato toccato proprio a 360 gradi”.
Quindi ha aggiunto: “Il risultato dei voti che c’è stato tra Matacena nel 94 e Paolo Romeo appoggiato, voglio dire, da uno schieramento da fare paura, voglio dire, si vede, voglio dire, ecco la forza, voglio dire il lavoro che c’è stato”.
E da parte delle famiglie di ‘Ndrangheta il sostegno fu totale “con tutte le famiglie degli arcoti schieramento condelliano, rosminiano, Serraino e company, tutta la montagna, la buonanima di Musolino e… è andato dai Pelle, tutti gli Alvaro, Peppe Piromalli e i Mammoliti. Voglio dire: Matacena era il loro candidato, voglio dire. C’è stata una cosa, voglio dire, proprio dai voti poi che ha preso”. Sostanzialmente anche le vecchie famiglie di ‘Ndrangheta che avevano appoggiato quella candidatura anche grazie alla pace raggiunta dopo la guerra di mafia. “Non esistono più questi schieramenti – ha spiegato Liuzzo – Ormai sono tutti imparentati”. Un sostegno che fu in qualche maniera “restituito” tra affari ed appalti milionari.

fonte: antimafiaduemila.com