La menzogna del bugiardo

Berlusconi a “Il Foglio“: “Non rivolgerei mai la parola a uno come Di Matteo
di Giorgio Bongiovanni



Quando non si può negare l’evidenza dei fatti, cioè la verità, i bugiardi dicono menzogne o si avvalgono della facoltà di non rispondere. E’ quel che è accaduto con l’ex Premier Silvio Berlusconi, nell’ultima settimana tornato protagonista della ribalta mediatica a seguito della sua deposizione al processo d’appello sulla trattativa Stato-mafia. La nostra testata era presente all’aula bunker di Palermo ed abbiamo raccontato del silenzio dell’ex Cavaliere del Lavoro chiamato sul banco dei testimoni dai legali del suo “compagno di avventure“, Marcello Dell’Utri, già condannato in via definitiva a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa e condannato in primo grado a 12 anni per attentato a corpo politico dello Stato. Ai giornali che avevano evidenziato quel “tradimento” verso lo storico braccio destro aveva già risposto nel mezzo della settimana fino ad arrivare all’utilizzo della macabra e discutibile ironia al Maurizio Costanzo Show dove, per “onorare” le 4.445 puntate dello storio programma, ha incalzato Costanzo con questa battuta: “Non sono riuscito a farlo smettere, gli ho fatto anche un attentato, con una bomba. Siamo vecchietti, dobbiamo smettere. Abbiamo un piede nella tomba”. Come se l’inchiesta aperta nei suoi riguardi dalla Procura di Firenze per le stragi in Continente tra il 1993 ed il 1994 fosse uno “scherzo”.
Qualche giorno fa, sulle pagine de “Il FoglioSilvio Berlusconi, presidente del partito in via di estinzione, Forza Italia, ha rilasciato un’intervista dai contenuti inquietanti e farneticanti.
Quasi a voler “rimediare” al silenzio davanti alla Corte d’assise di Palermo è tornato a difendere il “buon” Marcello Dell’Utri con un inciso. “Dell’Utri è stato condannato avendo come unica colpa quella di essere mio amico” ha detto nel suo arrogante e spocchioso delirio. Dietro quelle parole non si legge solo una strenua difesa verso chi è stato con lui ideatore e fondatore di un partito che per vent’anni ha determinato le scelte politiche ed economiche del Paese, ma vi è anche dell’altro. Non è dietrologia ma un dato evidente: un messaggio di Berlusconi che viaggia nell’etere fino ad arrivare a chi deve intendere.
Del resto cosa ci si deve aspettare da chi in passato definì “un eroe” il mafioso Vittorio Mangano, che era stato suo stalliere ad Arcore, per non aver ceduto ai pm che gli ‘chiedevano di testimoniare? In questo caso l’ex premier ha definito amico, con cognizione di causa considerato che Berlusconi non è uno stupido, un condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa: Marcello Dell’Utri. Nelle sentenze si dice chiaramente che l’ex senatore ha rivestito il ruolo di “mediatore” tra Cosa Nostra e l’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Nella sentenza d’appello, accolta dalla Cassazione, è scritto che: “In virtù di tale patto i contraenti (Cosa nostra da una parte e Silvio Berlusconi dall’altra) e il mediatore contrattuale (Marcello Dell’Utri), legati tra loro da rapporti personali, hanno conseguito un risultato concreto e tangibile, costituito dalla garanzia della protezione personale dell’imprenditore mediante l’esborso di somme di denaro che quest’ultimo ha versato a Cosa nostra tramite Marcello Dell’Utri che, mediando i termini dell’accordo, ha consentito che l’associazione mafiosa rafforzasse e consolidasse il proprio potere sul territorio mediante l’ingresso nelle proprie casse di ingenti somme di denaro”. Evidentemente, però, al pregiudicato Berlusconi (condannato in via definitiva per frode fiscale, con pena già scontata), le sentenze non interessano. E allora a chi parla Berlusconi, difendendo “l’amico“? In prima battuta appare come un messaggio a Dell’Utri per rincuorarlo dopo il rammarico espresso dalla moglie, Miranda Ratti (“E’ meglio che non parlo, meglio che non dico quello che penso. Ricordo solo che la testimonianza di Berlusconi era stata ritenuta decisiva persino dalla Corte di Assise d’Appello di Palermo. Qui c’è la vita di Marcello in gioco…” aveva detto all’Adnkronos dopo che gli avvocati di Berlusconi avevano presentato al processo di Palermo una memoria con l’evidenza dell’iscrizione sul registro degli indagati a Firenze dell’ex premier per le stragi del ’93. Un chiaro segnale di quello che poi è accaduto lunedì con il rifiuto a rispondere a qualsiasi domanda di difese, pm e parti civili.

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L’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e Maurizio Costanzo © Imagoeconomica

Tra le righe, dunque, nelle parole espresse questa mattina da Berlusconi, si potrebbe scorgere anche dell’altro. Definire amico Marcello Dell’Utri può essere letto come un messaggio verso l’altro interlocutore per cui l’ex senatore era stato mediatore.
Possibile che Berlusconi tenti di tranquillizzare a modo suo anche quegli esponenti che furono interlocutori?
La domanda resta appesa ma è noto che se Berlusconi si trova indagato, proprio con Dell’Utri, a Firenze è perché un boss stragista come Giuseppe Graviano, intercettato in carcere, faceva riferimenti a “cortesie” richieste al tempo delle stragi ricoprendo di insulti lo stesso ex Premier. “Al Signor Crasto gli faccio fare la mala vecchiaia”, diceva il capomafia stragista in un altro passaggio del colloquio del 2016 con la dama di compagnia Adinolfi in cui, secondo gli inquirenti, si fa riferimento a Berlusconi. “Trenta anni fa mi sono seduto con te, 25 anni fa mi sono seduto con te, giusto? Ti ho portato benessere, 24 anni fa mi arrestano e tu cominci a pugnalarmi”. E ancora: “Tu lo sai che mi sono fatto 24 anni, ho la famiglia distrutta … alle buttane glieli dà i soldi ogni mese. Io ti ho aspettato fino adesso … e tu mi stai facendo morire in galera senza che io abbia fatto niente”. “Ma pezzo di crasto – continuava ancora lo sfogo di Graviano – ma vagli a dire come sei al governo. Che hai fatto cose vergognose, ingiuste…”.
Nell’intervista a “Il Foglio” un altro passaggio inquietante è quello in cui, a domanda diretta su cosa direbbe al magistrato Nino Di Matteo, qualora fosse stato di fronte a lui, dopo le affermazioni al programma di Lucia Annunziata in cui aveva ricordato la sentenza Dell’Utri, ha risposto: “Mi rifiuterei di rivolgere la parola a chi può fare affermazioni così vergognose, lesive del mio onore, della verità storica, del buon senso“.
Con queste parole la persona Silvio Berlusconi, l’imprenditore, il politico, ed ex uomo delle istituzioni sta ribadendo di voler voltare le spalle alla giustizia e a quei magistrati che rischiano la vita e che non hanno fatto altro che cercar la verità nei rapporti tra mafia e politica. Da sempre Berlusconi è stato allergico alla magistratura ma qui va anche oltre dando un messaggio di “silenzio ed omertà”, irrispettoso dell’autorità giudiziaria, che ricorda il medesimo stile di certi mafiosi che innanzi all’autorità dello Stato hanno sempre scelto il “mutismo” e l’indifferenza. Nel proseguo dell’intervista non mancano le considerazioni su Papa Francesco con l’espressione di una marcata ideologia sovranista, nazionalista ed autoritaria, o ancora le bugie ed i deliri sul ruolo di Forza Italia come “unica alternativa per il Paese“, nonostante oggi i sondaggi dimostrano chiaramente la discesa inesorabile delle percentuali di voto sotto il 10%.
Quando si arriva a negare l’evidenza anche di fronte ai propri elettori significa solo una cosa: che la belva non è solo ridicola ma è ferita. Ed è in questo momento che la stessa diventa ancora più pericolosa assumendo contorni ancora più inquietanti. Se si ha memoria del passato, dovrebbe far riflettere un intero Paese.

fonte: antimafiaduemila.com