A tre anni dal sisma nel centro Italia i terremotati resistono ancora in mezzo alle macerie

Circa 73 mila gli edifici dichiarati inagibili, e un monitoraggio complessivo della ricostruzione e della gestione delle macerie neanche esiste. Legambiente: «Il cambio di passo promesso dal governo giallo-verde non c’è stato»

di
Luca Aterini

Dopo essere stati loro malgrado protagonisti del tutto involontari di una campagna elettorale permanente, i terremotati del centro Italia riemergono adesso dal profondo di una coscienza collettiva frastornata: non si tratta di un’arma di propaganda, ma di cittadini cui il sisma di tre anni fa ha stravolto un’intera vita ancora lontana dal tornare a ciò che si potrebbe chiamare normalità. Alle 03:36 del 24 agosto ad Amatrice rintoccheranno le campane per ricordare le 249 vittime del terremoto, e chi quel dramma l’ha vissuto sulla propria pelle e può ancora raccontarlo non vuole d’intorno una passerella di politici e telecamere: «Faccio appello alla stampa, alle istituzioni, ai politici – scrive il sindaco di Amatrice, Antonio Fontanella – affinché il volere dei familiari delle vittime sia rispettato. Siamo a disposizione 364 giorni l’anno, quella notte abbiamo bisogno di stare tra noi, senza persone esterne alla comunità amatriciana». Per un anniversario così lacerante basta e avanza il dolore privato dei terremotati, mentre l’impegno pubblico è necessario per la ricostruzione che – dopo tre anni e tanti annunci di ogni colore politico – ancora non c’è stata.

«A tre anni dal primo evento sismico del 2016, la macchina della ricostruzione procede a singhiozzi e cammina troppo lentamente – documentano dall’Osservatorio sisma di Legambiente e Fillea Cgil – Oltre a continue polemiche, rimpalli di responsabilità e inefficienze tra livelli istituzionali, strutture commissariali e professioni tecniche, il numero dei progetti presentati dai cittadini per ricevere il contributo testimonia che il cambio di passo promesso dal governo giallo-verde non c’è stato». I dati sono impietosi: sono circa 73 mila gli edifici dichiarati inagibili, mentre le domande dei cittadini per il contributo sono circa 10 mila (poco più del 13%) e presso le Casse edili i cantieri avviati negli ultimi mesi sono poche centinaia.

A tre anni dal terremoto non esiste neanche un monitoraggio complessivo della ricostruzione né della raccolta e gestione delle macerie: per avere le informazioni bisogna contare sulla disponibilità dei funzionari regionali e ogni Regione usa metodi di elaborazione diversi. Le Marche sono l’unica Regione ad avere un sito dove si può verificare la (sola) raccolta, e sempre le Marche all’inizio di luglio hanno lanciato un allarme pubblico sul rischio di sospendere la raccolta delle macerie per la mancanza di fondi disponibili da parte del governo; in Umbria sono passati addirittura otto mesi in cui la raccolta delle macerie si è fermata per incomprensioni tra il Commissario e la Regione. E questo non è ancora nulla: con il lento avvio della ricostruzione privata si è già presentato il problema della gestione delle macerie private, che saranno molte di più di quelle pubbliche, e che senza una pianificazione, un indirizzo sia ministeriale che regionale si rischia che non siano gestite correttamente, a danno della salute e dell’ambiente, e che non si avvii una filiera industriale del recupero e riutilizzo degli inerti. Si tratta del resto di un problema che affligge per altri versi tutto il Paese: in ballo c’è il destino di 57 milioni di tonnellate di rifiuti da costruzione e demolizione prodotti in Italia ogni anno, e almeno 15 di queste potrebbero essere riciclate per sostituire il calcestruzzo prodotto con materie vergini. Manca però la normativa End of waste e tutto è bloccato, figurarsi nell’area del terremoto.

In compenso, per la gestione della fase post-emergenziale in centro Italia è stato elaborato un profluvio di decreti e ordinanze, alcuni sacrosanti altri contraddittori o fatti per sanare situazioni alla meno peggio, ma paradossalmente il quadro normativo viene ritenuto ancora insufficiente. Siamo caduti in un circolo vizioso, spiegano dall’Osservatorio: la ricostruzione fa fatica a partire, i progetti presentati sono pochi, quindi si concedono le proroghe – dell’emergenza, dei termini di presentazione delle domande di contributo – che non fanno che alimentare la richiesta e l’attesa di un’altra proroga o di un altro intervento normativo.

«Tanta responsabilità – commenta il presidente di Legambiente Stefano Ciafani – non è della burocrazia ma della volontà politica; e con la crisi di governo si rischia un ulteriore stallo. È necessario che il prossimo esecutivo abbia in agenda l’accelerazione di una ricostruzione di qualità, innovativa, trasparente, rispettosa dell’ambiente, del territorio e del lavoro».

In attesa che la politica sappia esprimere e applicare una visione di futuro, senza la quale è probabile che fra due o tre decenni le case siano di nuovo in piedi ma nella desertificazione sociale ed economica, i terremotati resistono con la forza delle proprie gambe e con l’aiuto che arriva dalle associazioni e privati cittadini, smontando di fatto la retorica di quell’assurda propaganda politica sovranista che vorrebbe mettere in concorrenza la solidarietà mostrata verso i migranti con quella indirizzata alle vittime del terremoto.

Un caso d’eccellenza è Alleva la speranza, la campagna di raccolta fondi lanciata da Legambiente ed Enel per sostenere le imprese attive nell’area del sisma nei loro progetti di rinascita grazie alle donazioni raccolte attraverso la piattaforma di crowdfunding Planbee.bz; sono stati già assegnati alla prime quattro imprese beneficiarie circa 80.000 euro. Attualmente i destinatari del crowdfunding sono Alba Alessandri, Fabio Fantusi, Arianna Veneri e Pietropaolo Martinelli, allevatori le cui aziende si trovano rispettivamente nelle Marche, nel Lazio, in Umbria e in Abruzzo: da Pieve Torina ad Amatrice, passando per Farindola e Norcia, purtroppo, è tutto fermo. O così sembra, di fronte a una burocrazia dai tempi incerti e lunghi e di cui i residenti non sempre capiscono la complessità. Ma dalla prima scossa del terremoto che ha devastato il cuore d’Italia, il 24 agosto 2016, nonostante tutto il territorio resiste e prova comunque a ripartire.

fonte: greenreport.it