Cogliere le opportunità economiche della mitigazione dei rischi del cambiamento climatico

Ma bisognerebbe lasciare sotto terra il 60-80% delle riserve di carbone, petrolio e gas delle multinazionali

Anra, l’associazione che dal 1972 raggruppa i risk manager e i responsabili delle assicurazioni aziendali, è convita che «I cambiamenti climatici stanno influenzando profondamente le scelte industriali, di consumo e di investimento, oltre al nostro stile di vita. In questo contesto» e per questo ha scelto di aderire al progetto Disclosure, Measurement, Management and Mitigation of Climate Change Risk for Companies(DeRisk-Co), promosso dalla Fondazione Eni Enrico Mattei Feem, «con lo scopo di accrescere la conoscenza dei rischi connessi al cambiamento climatico, promuovere lo scambio di esperienze e sviluppare strumenti gestionali utili alle imprese italiane».

Nel corso di un webinar tenuto da Margherita Gagliardi, communication and design manager di Carbon Tracker, un think tank finanziario indipendente, è stato presentato lo strumento di analisi “Well below 2D scenario” che fornisce una nuova visione dell’esposizione delle compagnie petrolifere e del gas ai rischi derivanti dalla transizione energetica legata ai cambiamenti climatici. Ad Anra spiegano che «Basato su una serie di metriche quantitative derivate da un’analisi dettagliata e lungimirante dei portafogli attuali delle compagnie, questo strumento permette di mappare l’evolversi del processo di transizione che l’industria dei combustibili fossili sta portando avanti per rimanere entro il “budget” di massimo 2°C di incremento del riscaldamento globale. Il tool è utilizzato da 70 compagnie petrolifere e del gas per analizzare l’impatto sul clima di progetti di esplorazione e produzione di petrolio e gas naturale, e attraverso l’individuazione di progetti con costi ed emissioni di carbonio minori, permette di rivalutare la fattibilità di quelli maggiormente impattanti, e di conseguenza di ripensare il modello di business. Consente inoltre agli investitori di individuare i progetti che implicano risorse più pulite ed efficienti in termini di costi, così come identificare quelli al di fuori del target di 2°C, che quindi comportano un rischio maggiore di ottenere scarsi rendimenti o di essere “bloccati”, supportandone le decisioni e permettendo di trasferire dunque capitale ai progetti con costi e emissioni di carbonio più ridott»i.

E qui vengono i problemi per le compagnie fossili: come conferma Anra, «Dalle analisi è emerso, ad esempio, che, affinché si abbia una possibilità di non superare la soglia di +2° C di riscaldamento globale, il 60-80% delle riserve di carbone, petrolio e gas appartenenti a società quotate non potranno essere utilizzate come combustibili». Naturalmente per non superare la “soglia di sicurezza” di +1,5° C raccomamdata dall’Accordo di Parigi e ribadita dall’Ipcc, sotto terra dovrebbero rimanerci ancora più combustibili fossi… però le compagnie petrolifere e del gas continuano ad estrarne più di prima e a chiedere nuove concessioni e trivellazioni anche dove l’impatto ambientale e climatico sarebbe più devastante, come nell’Artico e vicino alle barriere coralline o nel Mediterraneo.

Uno degli esempi degli impatti dei cambiamenti climatici e degli estremi  meteorologici sull’industria fossile è quanto successo ieri nel Golfo del Messico dove l’intensificarsi in uragano della tempesta tropicale Barry ha tagliato più della metà della produzione petrolifera della regione, con le compagnie energetiche che sono state costrette ad evacuare il loro personale da quasi 200 impianti offshore e da una raffineria costiera. Secondo l’US Offshore Safety and Environmental Enforcement, il taglio momentaneo della produzione nell’area centro-settentrionale del Golfo del Messico Usa è stato di  oltre 1 milione di barili al giorno di produzione di petrolio, il 53%, mentre il taglio della produzione di gas è arrivato a  1,2 miliardi di piedi cubi al giorno.  Il National Weather Service ha detto che Barry potrebbe diventare un uragano di categoria 1 con venti ad almeno 74 miglia all’ora, provocando grandi onde  e portando  l’acqua dell’oceano fino all’interno del Mississippi, aggravando le inondazioni già causate da forti piogge.

Il presidente Anra Alessandro De Felice conclude: «Alla maggior parte delle aziende mancano una solida metodologia e degli strumenti per valutare l’impatto dei rischi legati al clima, un argomento più che mai attuale e con un numero crescente di attori chiamati a confrontarsi con gli impatti fisici che questi comportano, e con quelli economici della transizione energetica industriale. Siamo orgogliosi di supportare progetti come DeRisk-CO, fondamentali trasmettere non solo la consapevolezza di questa grande transizione in atto, che guarda sempre più alle nuove fonti e a modelli di business resilienti, ma anche a sviluppare e far conoscere tool aziendali utili a valutare la sostenibilità dei propri progetti, dando la possibilità di ricorrere a risorse più pulite ed efficienti in termini di costi e a rinunciare a quelle che comportano invece un rischio ambientale e climatico maggiore».

fonte: greenreport.it