Come le simbiosi tra alberi e microbi potrebbero cambiare il clima del mondo

Una ricerca che parla anche italiano, con dati provenienti da oltre 1 milione di foreste, si è conquistata la copertina di Nature

Utilizzando dati provenienti da 1,1 milioni di foreste nel mondo –  con 28.000 specie di alberi –  una nuova ricerca che si è appena conquistata la copertina di Nature è riuscita a mappare le tipologie più comuni di relazioni simbiotiche (ovvero di muto beneficio per piante e microbi), rivelando fattori che determinano il successo delle diverse tipologie. Il lavoro, in particolare, potrà contribuire a definire il ruolo di queste relazioni all’interno delle foreste del mondo e quanto potrebbero essere influenzate dall’innalzamento delle temperature; il lavoro ha portato alla scoperta di una regola biologica che è stata denominata “regola di Read” e, in particolare potrà contribuire a definire il ruolo di queste relazioni all’interno delle foreste del mondo e quanto potrebbero essere influenzate dal riscaldamento globale. Non solo: a loro volta anche questi cambiamenti nel cuore delle foreste del mondo potrebbero influenzare di rimando il clima.

«Ci sono solo poche e ben definite tipologie di simbiosi tra alberi e microbi e il nostro lavoro mostra che queste obbediscono a chiare regole – spiega Brian Steidinger, ricercatore post-dottorando a Stanford e primo autore del lavoro – I nostri modelli predicono enormi cambiamenti negli stati delle simbiosi delle foreste del mondo; cambiamenti che potrebbero influenzare il tipo di clima nel mondo che vivranno i nostri nipoti».

In che modo? Dentro e intorno alle intricate radici dei suoli forestali, in una specie di vasto e diramato “mercato naturale globale”, i funghi e batteri scambiano nutrienti con le piante, in cambio di carbonio. E i risultati della ricerca pubblicata su Nature confermano quanto già ipotizzato in passato – ma all’epoca ma non testabile in assenza dei dati oggi disponibili –  ovvero che il clima, tramite la sua influenza sul processo di decomposizione, determina la distribuzione delle diverse tipologie di simbiosi. E se cambiano le foreste, che hanno un ruolo centrale negli equilibri ecosistemici del pianeta, anche il clima può essere influenzato di rimando.

Quale esempio delle implicazioni dei risultati di questa ricerca, il team ha usato i dati delle mappe per predire come le simbiosi potrebbero cambiare entro il 2070 se le attuali emissioni di carbonio continuassero inalterate: questo scenario comporterebbe una riduzione del 10% nella biomassa delle specie di alberi associati con un particolare tipo di funghi che si trova primariamente nelle regioni fredde del pianeta.

«Questa ricerca è basata sui dati raccolti da una rete globale che si chiama Global forest biodiversity initiative (Gfbi), di cui facciamo parte insieme a colleghi da 70 paesi nel mondo – aggiunge Francesco Rovero, collaboratore del Muse di Trento e docente all’Università di Firenze – Ogni membro della rete ha contribuito un pezzetto che è servito a costruire il mosaico globale, e noi abbiamo fornito dati da plot delle dimensioni di 1 ettaro nelle foreste dei monti Udzungwa della Tanzania, dove il Muse conduce ricerche sulla biodiversità da molti anni. Purtroppo dati sistematici dalle foreste tropicali, che sono quelle più ricche e minacciate del pianeta, sono drammaticamente scarsi e frammentati, per cui rappresentano un contributo particolarmente significativo studi come questo».

Uno studio dove il contributo italiano è stato molto importante. Insieme a Rovero del Muse hanno infatti contribuito anche la Fondazione Edmund Mach con Lorenzo Frizzera, Damiano Gianelle e Mirco Rodeghiero (Centro Agricoltura Alimenti Ambiente).

fonte: greenreport.it