Ecco ProteggItalia, il nuovo piano contro il dissesto idrogeologico da 10,8 miliardi di euro

Per ora dal Governo nessun testo, solo slide. E al fabbisogno per questa mission stimato dal ministero dell’Ambiente mancano ancora 29 miliardi di euro

di
Luca Aterini

Il Governo M5S-Lega ha presentato ieri a Palazzo Chigi il nuovo Piano nazionale per la sicurezza del territorio “ProteggItalia”, attraverso il quale aggredire il cronico problema del dissesto idrogeologico. Come ai tempi del Governo Renzi – che a contrasto del fenomeno lanciò un Piano nazionale 2015-2020 –, al momento dall’esecutivo non è stato reso disponibile alcun testo, ma soltanto una conferenza stampa e alcune slide (allegate in coda all’articolo, ndr).

Risulta dunque impossibile una valutazione completa dell’iniziativa, anche se aver riportato all’interno dell’agenda politica la lotta al dissesto idrogeologico rappresenta indubbiamente una buona notizia: nonostante gli interventi a contrasto susseguitisi nel tempo, infatti, secondo il Cnr il 2018 è stato un anno di record negativi su questo fronte, con un numero di vittime «molto sopra la media», che vanno ad aggiungersi ai 12.600 tra morti, feriti e dispersi per eventi idrogeologici catastrofici nell’ultimo secolo. È dunque evidente la necessità di fare di più.

«L’Italia è un Paese fragile, serve una terapia del territorio per proteggerlo e metterlo in sicurezza – conferma il premier Conte in conferenza stampa – Abbiamo lanciato il piano ‘proteggi Italia’: è il più grande piano contro il dissesto del territorio mai fatto. Abbiamo stanziato quasi 11 miliardi nel triennio 2019-2021. Soldi certi, realmente stanziati». Le slide mostrano difatti 10,853 miliardi di euro messi a disposizione (da vari ministeri, presidenza del Consiglio e Protezione civile) di Regioni ed Enti locali, di cui 3 miliardi di euro «a disposizione già nel 2019 per opere immediatamente cantierabili».

Numeri alla mano, non sembra dunque «il più grande piano contro il dissesto mai fatto» annunciato dal premier Conte. Gli ultimi dati resi disponibili (nel 2017, dal Governo Gentiloni) sul precedente programma nazionale contro il dissesto idrogeologico, “ItaliaSicura” mettevano in fila 29 miliardi di euro necessari per realizzare 11.108 interventi programmati, a fronte di 12,9 miliardi di euro già programmati (di cui 9,8 dallo Stato e 3,1 da fondi regionali).

I veri problemi, anche allora, stavano però sia negli stanziamenti comunque insufficienti, sia nell’effettiva capacità di spesa: degli interventi programmati per 29 miliardi di euro, infatti, nel maggio 2017 ne erano stati avviati poco più di 1.300 per neanche 1,5 miliardi di euro (il 4,86%). Che fine abbia fatto il resto non è dato sapere: poco dopo il suo insediamento il Governo gialloverde, anziché migliorare quanto già fatto, ha deciso di cancellare la struttura di missione ItaliaSicura e ripartire ancora una volta da zero nella lotta al dissesto idrogeologico. «Norme confuse – riconosce il premier Conte – hanno ritardato gli interventi sul territorio. Ora dobbiamo semplificare e spendere meglio».

«Sono sicuramente positivi gli stanziamenti previsti per le emergenze pregresse per far fronte ai danni causati da recenti calamità naturali. Abbiamo però chiesto al Governo di mettere a disposizione strumenti operativi, togliendo anche i vincoli esistenti, in particolare per quanto concerne il personale. È una precondizione per realizzare presto e bene gli interventi – commenta il presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, Stefano Bonaccini – Abbiamo poi  fatto una riflessione più generale: un conto è rincorrere le emergenze, altro conto è realizzare interventi di prevenzione. A questo proposito abbiamo chiesto al Presidente Conte di convocare, a breve, un altro incontro perché ci sono opere progettate e risorse ferme. Abbiamo urgenza di sbloccare anche queste opere. Se poi a queste risorse si aggiungessero eventuali fondi Bei, come da noi proposto a più riprese, l’impatto potrebbe essere ancora più forte».

Anche perché, nella speranza che i buoni propositi stavolta si compiano, rimane la certezza che anche in quest’occasione gli stanziamenti previsti dal Governo sono insufficienti. È stato lo stesso ministero dell’Ambiente, nel 2013, a stimare in 40 miliardi di euro e 15 anni di lavori il necessario per mettere sotto controllo il rischio idrogeologico lungo lo Stivale. «Curiosamente – commentò allora Nicola Casagli, docente di Geologia applicata presso l’Università di Firenze – si tratta della stessa stima che era stata fatta già nel 1970 alla conclusione dei lavori della Commissione De Marchi, istituita all’indomani dell’alluvione di Firenze per la predisposizione di un Piano di protezione idrogeologica di tutto il Paese. Il Piano quindi c’è già, è pronto da 43 anni; peccato che in tutto questo tempo non siano mai state reperite risorse per finanziarlo in maniera adeguata». Un paradosso che si ripropone identico, Governo dopo Governo.

fonte greenreport.it