L’Ue addestra robot per intervenire sulle catastrofi nucleari e gestire le scorie radioattive

Robot robusti e intelligenti per lavorare in ambienti letali per gli esseri umani

Quando il Giappone nel 2011 venne colpito dal terremoto/tsunami e dal disastro nucleare di Fukushima i robot che vennero schierati a supporto dei “liquidatori” umani erano molto semplici e si dimostrarono in gran parte inefficaci . Sven Behnke, professore di robotica all’università di Bonn, è partito da quel problema e, insieme al suo team, hanno sviluppato un robusto sistema di risposta alle catastrofi con il progetto Centauro che utilizza un robot controllato da esseri umani da una distanza di sicurezza e dotato di vari sensori chi gli consentono di percepire l’ambiente nel quale lavora e di ritrasmettere le informazioni alll’operatore.
Behnke spiega su Horizon che «L’operatore principale controlla il robot attraverso una tuta di telepresenza che misura i movimenti delle braccia, dei polsi e delle dita dell’operatore e li trasferisce al robot. Un display montato sulla testa dall’operatore gli consente di vedere in 3D quel che il robot vede dalla propria prospettiva».
Centauro è un robot alto 1,5 metri e pesa 93 chilogrammi, è realizzato in metalli leggeri come l’alluminio e ha una pelle di plastica stampata in 3D. Behnke sottolinea che «Il robot ha una struttura del corpo simile a un centauro con quattro gambe articolate che terminano con ruote orientabili. Quelle quattro gambe lo rendono più stabile rispetto ai robot bipedi. Poiché è in grado di ruotare su anca, ginocchio e caviglia, Centauro può assumere numerose posizioni e spostarsi in ambienti difficili. La parte superiore del corpo di Centauro ha due braccia con mani a più dita che gli permettono di sollevare oggetti e manipolare attrezzi e porte. Benché sia telecomandato, il robot ha un certo grado di autonomia. Ad esempio, se gli viene detto di spostarsi in posizioni specifiche o di afferrare un oggetto, pianificherà ed eseguirà l’azione».
Nel 2018 Centauro è stato testato nel mondo reale dalla Kerntechnische Hilfsdienst GmbH, un’impresa tedesca che si occupa di interventi in caso si catastrofi nucleari, ed è riuscito a salire le scale, a spostare dei detriti, a superare gli spazi vuoti, a sbloccare una porta, a azionare valvole e utensili elettrici, e altro ancora, Secondo. Behnke. «Il sistema di risposta alle catastrofi Centauro ha fornito l’alto grado di flessibilità necessario per missioni realistiche. Spero che un giorno la tecnologia possa svolgere un ruolo cruciale negli sforzi di soccorso in caso di disastro».
Centauro non è ancora pronto per affrontare le radiazioni sprigionate da grandi catastrofi nucleari come Chernobyl o Fukushima, ma i ricercatori dell’università di Birmingham stanno sviluppando robot in grado di gestire alti livelli di radiazioni per trattare le scorie prodotte dalle centrali nucleari britanniche nell’ultimo mezzo secolo.
Horizon ricorda che «In tutta l’Unione Europea, sono stati chiusi definitivamente più di 90 reattori nucleari mentre altre strutture sono state messe fuori servizio. Nel suo bilancio 2021-2027, la Commissione europea ha proposto di destinare quasi 1,2 miliardi di euro alla sicurezza nucleare». Nel 2013, l’anno più recente per il quale sono disponibili dati, la Francia era il Paese Ue con più scorie radioattive: quasi 1,5 milioni di metri cubi, il 44% del totale Ue. Il Regno Unito della Brexit è secondo con oltre 1,2 milioni di m3, il 38% del volume totale dell’Ue dalla quale (forse) sta per uscire.
Rustam Stolkin, un esperto di robotica che coordina il progetto RoMaNs, ha evidenziato che «Nel Regno Unito esiste un’eredità di quasi 5 milioni di tonnellate di scorie nucleari e la loro bonifica è la più grande e difficile sfida di risanamento ambientale in tutta Europa».
Stolkin e il suo team stanno progettando robot in grado di avere comportamenti autonomi, in modo che possano catalogare e “ordinare” le scorie radioattive in base a vari livelli di contaminazione. «Questo può essere fatto solo da robot perché questi rifiuti sono troppo radioattivi perché gli esseri umani possano avvicinarsi, anche quando indossano tute protettive – spiega ancora Stolkin – Ad oggi, i robot che operano in ambienti pericolosi sono controllati interamente da un essere umano, ma questo approccio a senso unico sarebbe faticosamente lento per afferrare e spostare enormi quantità di materiali di forme, dimensioni e consistenze imprevedibili».
Per superare questo problema, il suo team ha sviluppato un robot autonomo guidato dalla vista che utilizza l’intelligenza artificiale per assistere l’operatore umano. Il partner pubblico del progetto, il Commissariat à l’énergie atomique et aux énergies alternatives (Cea) francese, ha creato un braccio robotico resiliente con una mano e delle dita, controllato da un guanto robotico o esoscheletro tattile, indossato dall’operatore. Stolkin fa notare che «Questo adesso funziona un po’ come un fantasioso joystick. Così, mentre muovi il braccio e le dita, il braccio schiavo nella zona radioattiva muove il suo braccio e le sue dita.
Il sistema utilizza l’intelligenza artificiale per la visione automatica, consentendo al robot di sapere come rilevare, riconoscere e raccogliere tutti i tipi di oggetti. Gli operatori umani condividono il controllo del braccio robotico con il robot attraverso la tele-operation e l’intelligenza artificiale. Ad esempio, l’operatore può muovere il braccio in giro e il robot controlla automaticamente l’orientamento della mano per facilitare la presa, oppure il robot, pianificando di afferrare un oggetto, mostra le sue intenzioni all’essere umano per avere una conferma. Il robot (AI) sta facendo tutto il duro lavoro, ma l’umano si sente ancora responsabile ad un certo livello. Questi sistemi sono di solito molto complessi da controllare, tuttavia permettono agli operatori di fare semplicemente clic con il mouse su un oggetto che il robot va e afferrare. Quando il braccio del robot tocca una superficie o afferra un oggetto, l’operatore avverte le forze di contatto attraverso il guanto del robot. Offrire agli operatori remoti la consapevolezza situazionale di ciò che sta accadendo all’interno della no-go zone attraverso un senso del tatto virtuale è estremamente utile».
Ma perché i guanti funzionino, il braccio del robot deve riuscire ad adattarsi, rispondendo all’ambiente che incontra e per ottenere queste capacità il team del Cea ha sviluppato «meccanismi adattivi nelle articolazioni del braccio che si muovono meccanicamente proprio come le molle e sono più resistenti alle radiazioni rispetto alle delicate parti elettroniche».
Nel 2017, il team di RoMaNs ha testato con successo un braccio robotico con il sistema di controllo AI in un ambiente radioattivo in un sito nel nord dell’Inghilterra gestito dal National Nuclear Laboratory. Si è trattato dela la prima volta in assoluto in cui un robot controllato dall’IA è stato inviato in un ambiente radioattivo reale. Prima Stolkin pensava che ci sarebbe voluto almeno un altro decennio per trasferire queste tecnologie all’industria nucleare, ma ci sono già i piani per distribuire i robot nel prossimo futuro nei siti di decommissioning degli impianti nucleari.
E Stolkin conclude ricordando che «Quando abbiamo proposto l’idea di robot controllati dall’IA, venne considerato assurdo da questa industria». Un’industria che evidentemente ha amaramente capito e pagato le lezioni delle catastrofi nucleari e del disastro economico, politico, ambientale e sociale della “bonifica” infinita di Fukushima Daiichi.

fonte: greenreport.it