Le eccellenze del biometano italiano: dalla Calabria al Veneto e fino in Brasile

Ma, dopo la svolta del 2018, la politica potrebbe frenare il biometano e l’economia circolare

In occasione della conferenza nazionale “L’era del biometano”, il Consorzio Italiano Compostatori (Cic) ha presenta le eccellenze italiane del biometano da Frazione organica del rifiuto solido urbano (Firsu), che vanno dal rimo impianto di biometano del Centro-Sud Italia connesso alla rete nazionale del gas naturale al  primo distributore per automezzi che eroga biometano a Vittorio Veneto (Tv), passando per l’impianto di Montello a Bergamo.

Il direttore del Cic Massimo Centemero ha sottolineato che «In Italia siamo sulla buona strada: possiamo stimare al 2025 una produzione potenziale di biometano da frazione umida di circa 500 milioni di Nm3/anno. I primi risultati cominciano a vedersi. Dopo l’impianto di Montello a Bergamo, il biometano è arrivato anche al Centro-Sud con l’impianto calabrese a Rende, il primo inaugurato in Italia dopo il decreto legge varato a marzo. Una dimostrazione di efficienza imprenditoriale che parte dal Sud Italia, un segnale importante che testimonia come la rivoluzione del biowaste è in grado di coinvolgere tutto il Paese e soprattutto che mette in evidenza quanto le aziende italiane siano pronte a produrre e commercializzare il biometano. Considerando il biogas attualmente destinato alla produzione di energia elettrica e il margine di crescita della raccolta differenziata del rifiuto organico, possiamo stimareal 2025 una produzione potenziale di biometano da frazione umida di circa 500 milioni di Nm3/anno, e un potenziale complessivo di 0,8 miliardi di Nm3/anno, se si considera l’intero ammontare di rifiuti organici prodotti in ambito urbano”, aggiunge Centemero. “Grazie all’upgrading del biogas a biometano, nel corso del 2018 e nel 2019 si potrebbero avere già circa 200 mln di Nm3/anno di biometano da Forsu».

A Rende (CS), la Calabra Maceri, azienda consorziata Cic, ha inaugurato a settembre il primo impianto di biometano del Centro-Sud Italia connesso alla rete nazionale del gas naturale per gli usi industriali, residenziali e per l’autotrazione. L’impianto è in grado di trasformare 40.000 tonnellate annue di raccolta differenziata in 4,5 milioni di metri cubi di biometano annui, e può inoltre 10.000 tonnellate di ammendante compostato, fertilizzante ideale per l’agricoltura biologica. Il biometano per autotrazione, prodotto grazie a un sofisticato sistema di purificazione del gas, consente di percorrere 90.000.000 km che, con una media di 20.000 km annui a mezzo di trasporto, può alimentare fino a 4.500 autovetture, con un risparmio complessivo di oltre 16.200.000 kg di CO2 all’anno (3.600 kg per auto). Se riferito a consumi domestici, la stessa produzione può soddisfare il fabbisogno energetico annuale di circa 5.000 famiglie per approvvigionamento di gas per cucina e riscaldamento.

Sempre a settembre, a Vittorio Veneto è stato invece inaugurato il primo distributore di Biometano proveniente dalla trasformazione del rifiuto organico. Ad ora il biometano derivato da rifiuto organico, ottenuto presso l’impianto SESA di Este (Padova), viene utilizzato per alimentare la flotta della società di raccolta di rifiuti urbani Savno, attiva su 44 comuni della provincia di Treviso. Un vero e proprio ciclo virtuoso legato ai rifiuti organici: il biometano ottenuto dalla produzione di organico del Bacino potrà coprire oltre l’80% dei km percorsi per la raccolta dell’organico stesso, ovvero  circa 1,1 milioni di km all’anno, con un risparmio in termini di semplice acquisto di carburante di oltre 300.000 euro. Savno potrà inoltre risparmiare circa 10 ton di CO2 all’anno per ogni mezzo rispetto ad un veicolo con trazione a gasolio.

Tra le eccellenze italiane c’è anche l’impianto di Montello S.p.A. in provincia di Bergamo, consorziato Cic: entrato in funzione da giugno 2017, rappresenta il primo esempio in Italia nella produzione di biometano esclusivamente dal trattamento dei rifiuti organici della raccolta differenziata urbana e nell’immissione di biometano nella rete di trasporto nazionale. Ogni anno l’impianto recupera e tratta la Frazione Organica FORSU proveniente dalla raccolta differenziata, ricavando oltre al biogas anche il biometano. L’impianto è in grado di produrre circa 32 milioni di standard metri cubi, cioè l’equivalente quantitativo di carburante necessario ad automobili a metano per percorrere circa 640 mln di chilometri. Inoltre, l’impianto di Montello non emette emissioni in atmosfera ed è il primo impianto in Italia “Carbon Negative”: recupera dal biogas generato (composto da circa il 60% di biometano e circa il 40% di Co2) anche anidride carbonica (Co2 liquida) destinata ad uso tecnico ed alimentare. In più, dal trattamento del digestato in uscita dai digestori l’impianto produce 90.000 t/a di compost

Secondo il presidente del Cic Alessandro Canovai, «Il 2018 ha segnato una svolta importante con l’approvazione del decreto per la promozione dell’uso del biometano nel settore dei trasporti e le agevolazioni per le imprese a forte consumo di gas naturale”, commenta . Un passo che, insieme all’approvazione del nuovo pacchetto di direttive europee sull’economia circolare, permette di valorizzare a pieno il rifiuto organico in Italia e di accelerare il percorso che stiamo costruendo verso modelli di consumo più sostenibili. Il biometano  è una risorsa rinnovabile e naturale che si ottiene dagli scarti organici e che rappresenta un’alternativa al gas naturale estratto da giacimenti».

Intervenendo al convegno organizzato da Legambiente, il presidente del Consorzio Italiano Biogas (Cib), Piero Gattoni, ha evidenziato che «Raggiungere il traguardo di un’economia a emissioni nette zero entro il 2050 è possibile sfruttando la grandissima risorsa del gas rinnovabile. Lo sosteniamo da tempo assieme ai partner del consorzio europeo Gas For Climate: si può arrivare a produrre oltre 120 miliardi di metri cubi di gas rinnovabili nell’UE annualmente entro il 2050, il 25% dell’attuale domanda europea di gas naturale, con un risparmio di 138 miliardi di euro all’anno rispetto a uno scenario energetico senza il gas rinnovabile. In Italia il settore è particolarmente sviluppato, soprattutto a livello di filiera del biogas/biometano agricolo. Per poter incidere a livello economico e di contenimento delle emissioni, però, è urgente eliminare gli ostacoli normativi allo sviluppo delle riconversioni degli impianti in produzione, che porterebbe anche un risparmio sui costi della bolletta elettrica».

Gattoni ha  aggiunto che «Di fronte all’allarme lanciato questa settimana dall’agenzia Onu Ipcc sul riscaldamento globale, investire nel biometano diventa una scelta di responsabilità, considerando che la crescita del comparto in Europa potrebbe evitare l’emissione di 197 milioni di tonnellate di CO2 al 2050 secondo il centro studi ambientali Althesys. A questo proposito, ricordo che il biogas/biometano agricolo è una bioenergia speciale perché può essere prodotta in combinazione con sistemi naturali di stoccaggio del carbonio nel suolo. Simili tecniche vanno necessariamente abbinate alla riduzione delle emissioni per sperare di contenere l’aumento della temperatura globale entro 1,5° C. L’importanza delle bioenergie nel mix delle rinnovabili è stata riconosciuta in questi giorni anche dall’Iea, l’Agenzia internazionale dell’energia, che ha auspicato una crescita vigorosa del settore e un suo sostegno maggiore da parte dei decisori pubblici affinché raggiunga il pieno potenziale e incida maggiormente nel processo di decarbonizzazione e di diversificazione delle fonti energetiche nei settori dell’industria e dei trasporti».

Il presidente del Cib ha concluso: «Il biometano è un biocarburante avanzato in grado di affiancare la mobilità elettrica sia in un’ottica di transizione nel processo di elettrificazione del trasporto leggero, sia per abbattere le emissioni in ambiti difficilmente elettrificabili quali i trasporti pubblici, industriali e navali – ricordo che molte delle maggiori compagnie armatrici stanno realizzando navi da crociera con alimentazione a GNL. Nel nostro caso la sfida ambientale è anche una grande opportunità per cambiare il paradigma produttivo di diversi settori e per creare valore e occupazione. Sempre secondo Althesys, una crescita del settore del biometano in Italia consentirebbe di creare oltre 21 mila posti di lavoro entro il 2030, generando un gettito tributario di 16 miliardi di euro, con ricadute economiche complessive per quasi 86 miliardi».

Ezio Veggia, presidente della Federazione Bioeconomia di Confagricoltura, ha fatto notare che «In generale il settore delle bioenergie sta attraversando una fase molto critica che parte dalla scarsa attenzione data al settore dall’attuale ‘Strategia energetica nazionale’ (che in alcuni casi prevede un blocco dello sviluppo) e che oggi sconta la mancata definizione di nuovo quadro di incentivazione della produzione elettrica del biogas e delle biomasse per il periodo 2018-2020. Le forti aspettative sullo sviluppo del biometano da matrici agricole, destinato ai trasporti rischiano di essere drasticamente ridimensionate a causa di rigide interpretazioni del decreto biometano (DM 2 marzo 2018) emerse in questi mesi circa alcuni limiti sulla riconversione degli impianti esistenti».

Secondo l’esponente di Confagricoltura, «E’ quanto mai concreto il rischio che proprio il settore agricolo, che in questi anni ha fortemente creduto nel biometano e lavorato per la definizione dell’attuale regime di incentivo, non sia messo in grado di sfruttare le potenzialità di crescita e l’esperienza acquisita sul biogas. Con effetti negativi anche sulla sostenibilità economica, ambientale e sociale, viste le molteplice ricadute positive della produzione di biometano da residui e materie agricole sull’ambiente (di riduzione delle emissioni e di gestione del suolo) e sulla società civile (migliore gestione dei residui e dei sottoprodotti e presidio del territorio). Tutto questo a fronte di uno scenario internazionale sui cambiamenti climatici, ulteriormente evidenziato nella recente relazione dell’Ipcc, che sottolinea l’assoluta necessità di mantenere entro 1.5° C l’incremento di temperatura attraverso una drastica riduzione delle emissioni. Un risultato che potrà essere raggiunto solo attraverso una completa decarbonizzazione del sistema energetico (sostituzione di fossili con rinnovabili), una forte azione di assorbimento della CO2 (carbon negative) e l’adozione di politiche centrate sugli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Onu».

Per Veggia, «Gli scenari ipotizzati dagli esperti evidenziano un ruolo fondamentale dell’agricoltura, delle foreste e delle bioenergie non solo in termini di capacità di riduzione delle emissioni globali di CO2, ma anche e soprattutto in termini di sottrazione della CO2 dall’atmosfera. La stessa Politica agricola comune per il post 2020 sta concentrando la propria attenzione sempre più sui temi ambientali, sulla lotta ai cambiamenti climatici, sull’economia circolare e sulla bioeconomia; obiettivi da raggiungere avvalendosi  delle più moderne tecniche agronomiche, tra cui l’agricoltura di precisione; tutti elementi che già contraddistinguono la filiera italiana del biogas agricolo. E’ indispensabile, anche attraverso il ‘piano energia-clima’, che dovrà essere emanato a breve dai ministeri competenti, ridare forza al settore bioenergie attraverso l’attuazione del decreto biometano che permetta anche di riconvertire gli impianti a biogas esistenti; il nuovo regime di sostegno alla produzione elettrica per i piccoli impianti a biogas  e biomasse (300 KW)».

Intanto l’industria italiana del biometano sbarca all’estero: attraverso la consociata Sebigas Do Brasil,  Sebigas, leader italiano nella progettazione e costruzione di impianti biogas, è stata selezionata da Raízen-Geo – una jointventure tra Shell e Cosan – per realizzare impianto biogas da 17,5 MW a Guariba nello Stato di São Paulo.  L’impianto verrà realizzato all’interno del secondo impianto di lavorazione di etanolo e zucchero più grande di Raìzen-Geo, che processa all’incirca 5 milioni di tonnellate di zucchero all’anno.  Alla Sebigas spiegano che «Attraverso questa nuova costruzione, gli oltre 9 mila metri cubi di vinassa prodotti ogni giorno (ossia residui di lavorazione dell’etanolo) verranno trasferiti nei bioreattori, in grado di trattare 500 tonnellate di COD (domanda chimica di ossigeno) nell’arco di 24 ore. Un sistema virtuoso che porterà alla produzione di 187.000 Nm3 di biogas al dì utilizzato per la generazione di 17,5 MW di energia elettrica, che sarà poi immessa nella rete di distribuzione nazionale. Mentre il digestato di vinassa sarà utilizzato come fertilizzante nelle piantagioni di canna da zucchero».

Lorenzo Pianigiani, esecutivo di Sebigas do Brasil. D spiega che la tecnologia italiana è stata scelta perché «adatta al trattamento di rifiuti organici industriali con alte quantità di COD e basso PH, come vinassa, POME, polpa di tapioca e acque reflue. Il sistema è progettato per adeguarsi a variazioni del flusso e composizione del substrato, in modo da garantire la produzione giornaliera di biogas e mantenere le alte performance d’impianto».

fonte: greenreport.it