La forbice giallo-verde si allarga

di Giulietto Chiesa

salvini di maio c imagoeconomica
Secondo i sondaggi, ultimo dei quali quello di LXÈ, riferito dall’agenzia ANSA, le intenzioni di voto degli elettori italiani, a sei mesi dal voto del 4 marzo, starebbero registrando notevoli cambiamenti in corso.

Si tratta di dati che confermano quelli di altre rilevazioni di altri istituti. In primo luogo quello più importante: la Lega di Matteo Salvini starebbe sorpassando in modo massiccio il M5S. Quest’ultimo starebbe perdendo all’incirca il 6% dei propri suffragi. Il che lo collocherebbe attorno al 26/27%. Da dove prenderebbe consensi la Lega? Circa il 10% del voto grillino si starebbe spostando dai 5 Stelle proprio verso la Lega.

Dunque questo significherebbe che i 5 Stelle, pur perdendone verso la Lega, stanno guadagnando consensi da qualche altra parte. Per esempio nel campo del PD, e/o in quello degli astenuti alle ultime elezioni, che fu un campo molto vasto. Quello ch’è certo – sempre stando a questi sondaggi – è che il PD non guadagna nulla: qualche rilevazione lo descrive come stabile, qualche altra lo dà in leggero calo.

Tornando ai due partiti del governo giallo-verde, lo stato dei loro rapporti, nella percezione che ne hanno i loro lettori, rivelerebbe due situazioni specularmente opposte. La Lega avrebbe il più alto “tasso di riconferma” dei propri elettori. Cioè il 90% dei suoi elettori del 4 marzo oggi ri-voterebbe come allora. Invece il M5Stelle ha un tasso di riconferma attorno al 70%, più basso di venti punti. Il che dice che almeno il 30% di coloro che votarono per i 5Stelle, oggi non voterebbero più in quel modo. E la rilevazione dice che un altro 10% degli ex elettori grillini è oggi incerto sul da farsi.

Cifre che, se si confermassero, aprirebbero molti problemi sia nella stessa direzione del M5Stelle, sia nei rapporti interni al governo nel suo complesso. Di Maio e i suoi dovranno presto trarre qualche conclusione e produrre – se vogliono fermare l’emorragia – qualche mutamento di stile e di contenuti.

La Lega, e Salvini in particolare, in questo momento avrebbe triplicato i voti del 4 marzo e, in caso di elezioni anticipate sarebbe oggi il primo partito italiano. Anche però a spese di Forza Italia (leggi Berlusconi) che perderebbe circa 1/3 del proprio elettorato. Questo spiegherebbe l’arrendevolezza mostrata da Berlusconi sulla nomina a presidente della Rai di Marcello Foa, candidato di Salvini respinto in prima battuta e ora accettato in una trattativa segreta, nella quale Salvini avrebbe accettato qualche richiesta “imprenditoriale” Berlusconi, nella sua qualità di padrone di Mediaset.

Un do ut des però del tutto squilibrato a vantaggio di Salvini, che accrescerebbe a dismisura, con la Rai, il suo potere mediatico, passando da zero a tre (nuovo passo triplo a cui sta abituando gli italiani). Certo la nomina di Foa a Presidente Rai non gli da alcun potere automatico, sia perché Marcello Foa ha l’aria di voler difendere la propria autonomia, sia perché lo schieramento avversario – che potrebbe trasformarsi perfino in una qualche convergenza tra PD e M5S – è intenzionato ad alzare barricate su ogni passaggio implicante nomine dei direttori di reti e telegiornali.

Certo è, tuttavia, che in questa fase Salvini non è interessato a compromettere l’alleanza con la destra di Berlusconi e Meloni. La sommatoria attuale vede il centro-destra, pur con tutti i travasi in corso, attorno al 43% dei consensi. Se si votasse con il sistema elettorale in corso (e se la faccenda fosse a breve non ci sarebbe altra alternativa), il centro-destra prenderebbe il premio di maggioranza. E Salvini potrebbe liberarsi di un alleato numericamente forte, e quindi condizionante, per sostituirlo con due alleati deboli. Situazione molto più comoda.

Ma le divisioni potenziali tra i partiti di governo potrebbero rivelarsi cosa minore rispetto a quella tra il ministero delle Finanze e gli obiettivi su sui sia i gialli che i verdi hanno convinto la maggioranza degli italiani a votare per loro. Il ministro Tria, dietro il quale s’intravvedono facilmente il presidente Mattarella e il Grande Padrone Mario Draghi, potrebbero decidere di “non trovare” i 10 miliardi di euro necessari per mantenere le promesse agli elettori in materia di flat-tax, di reddito di cittadinanza e di correzione della legge Fornero. E allora sarebbero guai.

Tratto da: it.sputniknews.com

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