Ocse, in Italia l’ascensore sociale è rotto. E la disuguaglianza divora il Paese

Manfredi: «Se provieni da una famiglia svantaggiata in termini di istruzione, è molto probabile che tu resti svantaggiato. Se provieni da una famiglia di lavoratori low skilled, è molto probabile che anche tu lo sia. Si deve fare di più per promuovere uguaglianza di opportunità»

di
Luca Aterini

Agli oltre 500mila studenti che ieri hanno affrontato la prova d’italiano all’esame di maturità è stato offerto di poter riflettere – tra gli altri temi – sull’articolo 3 della Costituzione italiana, che è un vero e proprio manifesto contro la disuguaglianza: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese».

È un bene che ai nostri ragazzi e ragazze si sia data possibilità di riflettere su questi valori fondanti della Repubblica, ma è un dovere per tutti chiedersi se l’Italia stia facendo abbastanza per difenderli. Perché tutti i dati oggi a disposizione sembrano indicare proprio nella crescente disuguaglianza una delle più gravi malattie che affliggono il nostro Paese e ne limitano le possibilità di sviluppo. Sia che si osservi l’andamento dei consumi, del lavoro o della mobilità sociale.

Sui consumi, l’Istat ha appena informato che nonostante la spesa media mensile familiare sia in crescita da quattro anni consecutivi, anche «nel 2017 si stima un aumento della diseguaglianza nella distribuzione delle spese. La spesa media mensile del decimo di famiglie che spende meno è diminuita del 5,0% (-2,0% rispetto al 2013) mentre quella del decimo che spende di più è aumentata del 4,3% (+13,0% rispetto al 2013)». Ovvero rispetto al minimo nei consumi toccato durante la crisi, nel 2013, le famiglie ricche sono tornate a spendere il 13% in più, mentre le più povere raschiano ancora il barile con un 2% di consumi in meno.

Guardando invece al mondo del lavoro, è la Cgil è a mostrare che «le diseguaglianze nel lavoro si sono allargate durante la crisi e minacciano di condizionare lo sviluppo degli anni a venire». La mancanza di lavoro è ovviamente il principale fattore di disuguaglianza, dato che «la disoccupazione ufficiale riguarda circa 2 milioni e 907 mila unità)», mentre «le persone che dichiarano ulteriormente di sentirsi in cerca di occupazione (condizione dichiarata nella rilevazione continua sulle Forze di lavoro dell’Istat) sono altre 2 milioni e 597 mila, per un totale di circa 5 milioni e mezzo (dato confermato anche dal tasso di mancata partecipazione)». Senza dimenticare poi «l’area del disagio che mette insieme part-timer involontari e lavoratori temporanei involontari di età 15-64 anni», che ha raggiunto nel 2017 «il numero record di 4 milioni 605 mila persone». In tutto si arriva alla cifra monstre di circa 10 milioni di abitanti disoccupati o in forte disagio lavorativo, su un totale di circa 60 milioni di abitanti totali compresi bambini e anziani.

Non è un caso dunque che anche l’Ocse, all’interno dell’appena pubblicato rapporto Un ascensore sociale rotto? Come promuovere la mobilità sociale si soffermi sulla situazione italiana. Ne emerge un quadro dove le possibilità di maggiore uguaglianza economica e sociale sono minate fin nelle loro basi: ad esempio, solo il 6% delle persone con genitori con livello d’istruzione inferiore al ciclo superiore ottiene una laurea, ovvero meno della metà della media Ocse; al contempo, quasi il 40% dei figli di lavoratori manuali diventano a loro volta lavoratori manuali. Da qui una mobilità sociale scarsissima: chi è povero resta povero, chi è ricco resta ricco.

«Nel nostro nuovo rapporto – sintetizza l’economista Ocse Thomas Manfredi – abbiamo documentato come il problema sia più importante in Europa, e in Italia in particolare. In Italia, la mobilità educativa e occupazionale è bassissima. Se provieni da una famiglia svantaggiata in termini di istruzione, è molto probabile che tu resti svantaggiato. Se provieni da una famiglia di lavoratori low skilled, è molto probabile che anche tu lo sia. Non va bene, si deve fare di più per promuovere uguaglianza di opportunità».

Le soluzioni? L’Ocse dà priorità agli investimenti in istruzione e competenze, al combattere la disoccupazione di lunga durata e gli alti tassi Neet tra i giovani, al migliorare la copertura delle reti di protezione per le famiglie povere. E questo non per aiutare “solo” i poveri, ma per smuovere l’intero Paese: un ascensore sociale fermo ha infatti «conseguenze economiche, sociali e politiche dannose. Mina la crescita economica potenziale e riduce anche la soddisfazione individuale, il benessere e la coesione sociale». Un mix esplosivo che in Italia ha nutrito la coalizione nazional-populista oggi al governo, data anche la mancanza di alternative percepita dall’elettorato: paradosso vuole però che tra le più importante misure annunciate da Lega e M5S ci sia la flat tax, che non farà altro che aumentare ancora la disuguaglianza sociale ed economica che già oggi spacca l’Italia. In una spirale verso il basso che diventa ogni giorno più difficile da arginare.

fonte: greenreport.it