Ministro Salvini, ci dia retta: arresti il mafioso Matteo Messina Denaro

di Saverio Lodato

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Il ministro degli Interni che non ha mai detto balle, scagli la prima pietra. Il ministro degli Interni che non si è pavoneggiato, alle spalle di poliziotti, carabinieri, agenti della finanza che, facendo il loro dovere, rischiano la vita, scagli la prima pietra. Il ministro degli Interni che, a suon di fanfare, non è salito e sceso dalle navi della legalità, in quel del 23 maggio, anniversario della strage di Capaci e della morte di Falcone, devono ancora inventarlo.
Premettiamo tutto questo, perché c’è sempre sempre stata una componente istrionica e buffonesca, nell’attività di chi occupa la poltrona del Viminale. In Italia, soprattutto. Ma sarebbe bene non esagerare.
L’attuale ministro degli Interni, Matteo Salvini, gigioneggia a tutto campo, fa personalissime battaglie navali nel Mediterraneo, dichiara guerra ai vaccini, condona debiti fiscali sino a centomila euro, censirebbe i rom, lascerebbe qualche scortato a bocca asciutta, farebbe di ogni tabaccaio o benzinaio uno 007 con la licenza di stecchire il ladro, anche se è in fuga, eccetera, eccetera. Insomma per una che ne fa, cento ne pensa.
Ma il tutto – e lo dice sorridente – solo per garantire ai suoi figli il futuro di un'”Italia migliore”. E ancora Salvini non ha affrontato il tema delle “case chiuse” e della legge Merlin… Ne sentiremo delle belle. Ma c’è tempo.
Ha dalla sua, secondo sondaggi più o meno concordi, il 60, se non addirittura il 65 per cento, degli italiani. Ovvio che se la rida, quando viene preso troppo sul serio dai suoi detrattori. Sembra dire: ci siete cascati un’altra volta, calunniatemi, calunniatemi, qualcosa resterà.
Leonardo Sciascia ha lasciato pagine esilaranti sulla figura grottesca di Giufà, babbeo balordo, e proverbiale nelle leggende siciliane, ma a modo suo capace di ingannare persino i magistrati (chi vuole si vada a leggere la storia di Giufà). Solo per dire che spesso l’apparenza inganna, e persino Giufà può apparire intelligentissimo.
Ecco la ragione per la quale, a maggior ragione, tutte le opposizioni devono prendere assai sul serio il ministro degli Interni Matteo Salvini, invece di fargli il solletico.
Il quale Salvini, non essendo Giufà, dovrebbe dedicare il suo impegno anche a scadenze ministeriali – diciamo così – un po’ più pesanti.
Ministro Salvini, ci dia retta.
Si dedichi anima e corpo, ventre a terra, alla cattura di Matteo Messina Denaro, il mafioso stragista latitante dal 1992. Chieda alle sue polizie, alle sue intelligence, ai suoi funzionari: ma dove è finito il braccio destro di Totò Riina, che firmò le peggiori pagine di sangue dell’escalation mafiosa fra il 1992 e il 1994? E’ vero che ha mantenuto e mantiene rapporti con istituzioni e pezzi dello Stato?
Come ha fatto a svanire nel nulla? A cancellare le sue tracce e i suoi affari, portandosi dietro segreti pesantissimi, e forse anche segreti di Stato?
Che facciamo Salvini?
Facciamo finta di niente?
E che devono pensare i suoi figli, ai quali lei dedica valanghe di selfie e twitter, di un papà che, diventato ministro degli interni, non nomina neanche per sbaglio il nome di Matteo Messina Denaro?
Lei caro Salvini, rischia di fare davanti ai loro occhi, una pessima figura: non tanto per le spiritosissime cazzate (questo dipende dal punto di vista di chi non rientra nel 60 per cento degli italiani) che dice. Quanto per le poche cose buone che, trovandosi al vertice del Viminale, potrebbe fare, e che invece, almeno sin ora, si è guardato bene non solo dal fare, ma addirittura dal pronunciare.
Ci permettiamo infine di informarla che, a volere vedere Messina Denaro in manette, sono il 97, 98 per cento degli italiani; esclusi, e questo si capisce, qualche migliaio di mafiosi che ovviamente la storia di Giufà la conoscono benissimo.

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