Per gli egoisti non c’è futuro. Lo rivela il loro cervello

Gli egocentrici non temono il cambiamento climatico perché non sono in grado di proiettarsi in un futuro lontano

Alcune persone sono preoccupate per le conseguenze future dei cambiamenti climatici e altre no: li considerano troppo lontani per poter avere un impatto sul loro benessere personale. Tre ricercatori dell’Université de Genève (Unige) – Yoann Stussi, Olivier Desrichard e David Sander . si sono chiesti come queste differenti livelli di preoccupazione si traducano nel cervello e ne è venuto fuori lo studio studio “Not my future? Core values and the neural representation of future events” pubblicato su Cognitive, Affective & Behavioral Neuroscience.

Grazie alla neuro-imagining, i ricercatori svizzeri hanno visto che «Le persone giudicate “egoiste” non utilizzano l’area del cervello che permette di proiettarsi in un futuro lontano e di immaginare l’avvenire, contrariamente alle persone “altruiste”, tra le quali questa area conosce una grande attività».

Secondo l’Unige, «Questi risultati possono permettere agli psicologi di immaginare degli esercizi che facciano lavorare questa zona specifica del cervello, al fine di addestrare la capacità di proiezione delle persone e di sensibilizzarle, per esempio, sulle conseguenze del cambiamento climatico».

I ricercatori spiegano che «Le preoccupazioni dell’essere umano sono costituite dai suoi valori. Sono quelli che determinano se la persona privilegia il benessere personale o se si mette su un piano di uguaglianza con i suoi simili. E’ per questo che, per incitare quante più persone possibile ad adottare un comportamento “sostenibile”, bisogna che si sentano preoccupate per le conseguenze del cambiamento climatico. In effetti, alcune persone egocentriche non si preoccupano, giudicando queste eventuali catastrofi troppo lontane».

Brosch, che insegna alla Faculté de psychologie et des sciences de l’éducation dell’Unige. racconta: «Ci siamo allora domandati se dall’imagining della risonanza magnetica (IRM) potessimo apprendere qualcosa sulla maniera in cui il cervello tratta le informazioni sulle conseguenze del cambiamento climatico in futuro  e come il meccanismo differisca in funzione del carattere egocentrico o no di una persona».

Per farlo, gli psicologi dell’Unige hanno identificato nel rapporto dell’Intergovernmental panel on climate change (Ipcc) le previsioni delle conseguenze del cambiamento climatico, come la diminuzione delle riserve di acqua potabile, l’aumento dei conflitti transfrontalieri o delle catastrofi naturali. Poi i ricercatori svizzeri hanno attribuito un anno più o meno lontano a ciascuna di queste conseguenze, annunciando quando si sarebbe verificata.

In seguito, il tteam di Brosch ha fatto compilare a un gruppo di partecipanti un questionario standardizzato per misurare le loro gerarchie dei valori, evidenziando così le tendenze egoistiche e altruiste di ciascuno. Ppoi i partecipanti al test sono stati sottoposti uno alla volta a alla IRM e i risultati sono stati confrontati con le conseguenze e le scadenze dei cambiamenti climatici e ogni componente del gruppo ha dovuto rispondere a due domande su una scala da 1 a 8: E’ grave? Hai paura?

Brosch sottolinea che «Il primo risultato che abbiamo ottenuto è che per le persone con tendenze egoiste il futuro prossimo è molto più preoccupante del futuro lontano che avverrà dopo la loro morte, mentre tra le persone altruiste questa differenza sparisce, essendo la gravità percepita come identica».

Gli psicologi svizzeri si sono quindi concentrati sull’attività della corteccia vetromediale prefrontale, un’area del cervello situata al di sopra degli occhi che utilizziamo quando ci proiettiamo nel futuro tentando di visualizzarlo. Brosch è rimasto impressionato dai risultati: «Abbiamo constatato che tra le persone altruiste questa zona cerebrale si attiva più fortemente quando il soggetto si confronta con le conseguenze di un futuro lontano rispetto al futuro prossimo, mentre tra le persone egoiste non c’è un aumento di attività tra una conseguenza in un futuro prossimo e una in un futuro lontano».

Dato che la corteccia vetromediale prefrontale viene utilizzata soprattutto per proiettarsi in un futuro lontano, l’assenza di u aumento di attività in una persona egocentrica indica l’assenza di proiezione e questo fa in modo che non si senta interessato per quel che succederà dopo la sua morte. Quindi, perché gli egoisti dovrebbero adottare un comportamento sostenibile?

Questi risultati sono applicabili ad altri campi oltre al cambiamento climatico e i ricercatori elvetici dicono che «Questi risultati dimostrano l’importanza del potere di proiettarsi in un futuro lontano per adattare il comportamento alle realtà del mondo».

Brosch conclude: «Potremmo immaginare un allenamento psicologico che faccia lavorare quest’area cerebrale con degli esercizi di proiezione, in particolare grazie alla realtà virtuale, che renderebbe visibile a tutti e ciascuno il mondo di domani, riavvicinando l’essere umano alle conseguenze delle sue azioni».

fonte: greenreport.it