La Cina vuole costruire 30 reattori nucleari all’estero

Intanto il nucleare ucraino è in bancarotta: Energoatom non ha più soldi per comprare il combustibile

Attualmente la Cina possiede trenta reattori nucleari con una capacità totale di ventotto milioni di gigawatt e, dopo aver tirato il freno in seguito al disastro nucleare di Fukushima Daiichi (e qualche serio problema di sicurezza creato dai terremoti in Cina) il governo comunista cinese ha deciso di rilanciare in grande stile il nucleare e ha annunciato che entro il 2030 punta a costruire 30 centrali/reattori nucleari nei Paesi che partecipano all’iniziativa Belt and road, il corridoio economico che collegherà la Cina all’Occidente e al resto del mondo lungo la Nuova via della seta,

A dirlo è stato il presidente della China national nuclear corporation, Sun Qin, che ha confermato che la Cina sta stringendo importanti accordi bilaterali di cooperazione nucleare con molti paesi tra cui: Egitto, Giordania, Argentina, Brasile, Francia e Regno Unito.

Insomma, la Cina da importatrice di tecnologie nucleari diventa esportatrice di tecnologie nucleari, ma è difficile che la nuova via della seta atomica incroci l’Ucraina che, come scrive World Nuclear News,  ha annunciato che i prezzi dell’elettricità sono troppo bassi per consentire al gestore di centrali nucleari del Paese di coprire il costo del carburante, Inoltre, la nuova metodologia per il calcolo del costo degli acquisti di combustibile nucleare è limitata ai nuovi contratti.

Infatti, il 16 marzo, il residente e amministratore delegato di Energoatom, Yury Nedashkovsky, ha detto che la compagnia nucleare statale ucraina è a corto di 55,06 milioni di dollari per comprare il combustibile nucleare necessario quest’anno e ha avvertito che «Questo non era mai successo prima» e che «L’aumento della tariffa elettrica dal primo gennaio a 54,3 copechi per 1 kWh, continua a non coprire i fabbisogni minimi dell’azienda».

Nedashkovsky ha invitato la National regulatory energy and utilities commission dell’Ucraina (Neurc) a consentire ad Energoatom  di aumentare ulteriormente i prezzi dell’energia per poter incassare il denaro necessario a comprare il combustibile nucleare e ha aggiunto: « Questo, ha significherebbe che l’investimento nelle misure di sicurezza nei nostri impianti non sarà compromesso».

Energoatom, che gestisce tutte le quattro centrali nucleari dell’Ucraina – Zaporozhe, Rovno, Sud Ucraina e Khmelnitsky – che comprendono 15 reattori, compra tutto il suo combustibile nucleare dall’impianto della Westinghouse in Svezia o dalla TVEL russa. Nel 2017 il valore delle sue importazioni di combustibili nucleari si è attestato a 533 milioni di dollari.

Nel 2017 la Neurc ha cambiato il modo in cui Energoatom è autorizzata a pagare per l’elettricità venduta a Energorynok, l’operatore del mercato all’ingrosso di proprietà statale. Energoatom può fissare i prezzi per Energorynok sulla base di contratti imminenti per le importazioni di combustibili nucleari, ma non le è consentito utilizzare i proventi dell’elettricità per finanziare contratti per il carburante che sono già stati firmati.

Secondo Nedashkovsky, «La metodologia “virtuale” della Neurc introdotta lo scorso anno ha portato a questo deficit e la politica tariffaria sta spingendo Energoatom  verso l’orlo della sopravvivenza. Il suo debito supera già i 12,66 miliardi di Hryvnia (Uah». Energoatom addebita 0,54 Uah/kWh per l’elettricità che produce, con un aumento del 15,92% rispetto al 2017, «Ma questo non è sufficiente a coprire i costi delle sue esigenze di approvvigionamento di carburante» conferma Nedashkovsky.

Questo ha portato a un deficit di 46 milioni di Uah  al quale vanno aggiunti 10 milioni di Uah per i lavori di manutenzione programmata delle vecchissime centrali nucleari sovietiche “tipo Chernobyl” in funzione in Ucraina e gli obblighi finanziari, compresi i pagamenti degli interessi sui prestiti bancari, che sono “sottofinanziati” per 506 milioni di Uah.

Il nucleare ucraino/sovietico sembra ormai in bancarotta: «Complessivamente, il deficit tariffario alla fine del 2017 ammontava a 1,668 miliardi di Uah e questo solo tenendo conto dei requisiti minimi del programma di investimenti di Energoatom approvato dal governo», conclude preoccupato Nedashkovsky.

fonte: greenreport.it