Un accordo mondiale contro la plastica in mare? La proposta all’UN Environment Assembly

Ismac-Cnr di Biella contribuisce agli studi per la messa al bando delle microplastiche nei cosmetici

Il vertice dell’United Nations enviromental programme (Unep) che si terrà dal 4 al 6 dicembra a Nairobi  potrebbe approvare un piano “la tolleranza zero” sull’inquinamento da plastica degli oceani. L’UN Environment Assembly chiederà infatti ai governi  di  preparare un Accordo globale  simile a quello sul clkima di Parigi che vieti lo scarico dei rifiuti di plastica in mare. Attualmente è vietato alle navi di scaricare plastica in mare, ma non esiste un trattatoi internazionale contro la plastica che si riversa in mare da terra, soprattutto attraverso i corsi d’acqua o portata dal vento. Eppure gli esperti dicono che  un Accordo globale sul corretto smaltimento, ric iclo e riutilizzo delle plastiche sarebbe qualcosa di ovvio e necessario, visto che la plastica mal gestita e peggio smaltita rappresenta sempre di più una minaccia su larga scala per l’ambiente marino, la pesca e il turismo e che questo tipo di inquinamento non riconosce i confini internazionali.

Il delegati all’UN Environment Assembly, che discuterà anche dell’inquinamento dell’aria e dell’acqua de che potrebbe approvare un divieto globale per il piombo nelle vernici,  dovrebbero quindi preparare la strada ai ministri  dell’ambiente che si incontreranno a Nairobi la prossima settimana e  che si dice che siano in gran parte d’accordo sulla necessità agire con maggiore efficacia e durezza per combattere il disastro ambientale del marine litter. L’Unep sta costituendo un gruppo di lavoro per elaborare un quadro giuridico per affrontare il problema delle macro e micro plastiche in mare e gli Usa sembrano questa volta disposti a partecipare, anche se la contrarietà dell’Amministrazione Trump a rispettare  qualsiasi legge internazionale è noto. L’idea  è quella di copiare ill modello dell’Accordo di Parigi sul clima per arrivare a un trattato vincolante sugli obiettivi a lungo termine ma con azioni nazionali volontarie.

Gli ambientalisti sono d’accordo ma dicono anche che bisognerebbe sapere con precisione davvero quanta plastica finisce negli oceani e da dove arriva.  L’Onu si è già impegnata a ridurre in modo sostanziale i rifiuti di plastica entro il 2025, ma una risoluzione proposta dalla Norvegia chiede un obiettivo a lungo termine che sia quello dell’eliminazione totale dei rifiuti di plastica e un’oprazione mondiale per ripulire la plastica piaggiata. Secondo la Norvegia  questo progetto sarebbe più efficace, meno costoso e migliore per l’ambiente rispetto ad alcuni degli esperimenti di bonifica su larga scala attualmente in corso nel Pacifico centrale, che potrebbero danneggiare la fauna selvatica. La Norvegia appoggia anche i progetti per  eliminare gli attrezzi da pesca “fantasma”  che vengono abbandonati in mare. La pulizia del beach litter è particolarmente importante, perché così si impedirebbe il degrado delle macroplastiche e la lorio trasformazione in microplastiche  molto più dannose.

A questo stanno lavorando anche i ricercatori dell’Istituto per lo studio delle macromolecole del Cnr (Ismac-Cnr) di Biella che partecipano a studi che possono contribuire alla approvazione definitiva della legge che mette al bando le microplastiche nei cosmetici. Il ddl “Realacci” – che è già stato approvato all’unanimità nel 2016 dalla Camera ma non riesce ad approdare in aula in Senato – e  che prevede il divieto, a partire dal 1° gennaio 2020, della produzione e della messa in commercio di cosmetici contenenti microplastiche, che costituiscono un grave problema ambientale.

«Lo studio – spiegano all’ Ismac-Cnr  – rientra nell’ambito del progetto di sensibilizzazione sui rifiuti marini “Clean Sea Life”, progetto co-finanziato dal programma LIFE della Commissione Europea e ha come capofila il Parco Nazionale dell’Asinara.  L’inchiesta si è concentrata sul polietilene (PE) che, secondo l’Associazione europea dei produttori cosmetici ‘Cosmetics Europe’, rappresenta il 94% delle microplastiche contenute nei prodotti cosmetici. La ricerca è stata condotta finora su un campione casuale di 30 punti vendita (profumerie, farmacie, parafarmacie e supermercati) in otto regioni italiane, e ha riguardato 81 prodotti di 37 aziende cosmetiche che contengono polietilene. La maggior parte (circa l’80%) è costituita da prodotti da risciacquo: esfolianti per corpo e viso, saponi struccanti e un prodotto antiforfora. Il polietilene è presente anche in creme per donna e per uomo: in metà di questi prodotti, il polietilene è inserito nelle prime quattro posizioni degli ingredienti, dopo l’acqua.  Alcuni fra i prodotti con la maggior concentrazione di polietilene sono in vendita anche negli scaffali dei prodotti naturali ed esaltano una particolare attenzione per l’ambiente».
Per esempio, l’analisi quantitativa eseguita dall’Ismac-Cnr di Biellasu un prodotto che elencava il polietilene come principale ingrediente dopo l’acqua, ha stimato «una media di 3.000 particelle di plastica di dimensioni fra i 40 e i 400 micron per ogni millilitro di prodotto: in un flacone da 250ml sarebbero quindi presenti 750.000 frammenti di polietilene, per un peso totale di 12 gr. Nel corso dell’indagine in questo, come in altri due prodotti, il polietilene è stato sostituito da prodotti naturali quali la perlite».

L’indagine dei ricercatori dell’Ismac-Cnr sulle microplastiche contenute nei cosmetici in vendita in Italia realizzata da MedSharks potrebbe essere uno degli esempi che prenderà un considerazione l’UN Environment Assembly di Nairobi  che su questi temi punta a creare una leadership e un coordinamento più forti  o un programma rafforzato dell’Unep o addirittura una nuova agenzia delle materie plastiche delle Nazioni Unite.

La Norvegia chiede che tutti i governi  presentino una valutazione di quanti rifiuti di plastica stianno arrivando in mare dal loro territorio., ma ammette che non sarà facile.  Una fonte che sta partecipando alle trattative preliminari ha detto a BBC News: «Ci sono molte domande a cui rispondere: dovrebbe esserci uno strumento legalmente vincolante che vieta la plastica proveniente da terra? In caso contrario, quale altro tipo di azione globale dovrebbe esserci? Siamo alle prese con questo enorme problema nelle sue fasi iniziali».

La Cina, il più grande inquinatore di materie plastiche del mondo e sembra molto frestia ad approvare vincoli e regole globali. mentre altri grandi inquinatori come l’India e l’Indonesia sarebbero  favorevoli a un accordo. Il primo ministro indiano Narendra Modi si è recentemente complimentato per la bonifica di una spiaggia di Mumbai che ra diventata una vera e propria discarica di plastiche e ha detto in proposito: «E’ nostro dovere proteggere l’ambiente per le nostre generazioni future».

Secondo Eirik Lindebjerg del Wwwf,  «L’UN Environment Assembly di Nairobi  potrebbe rivelarsi un punto di svolta nella crisi della plastica.  I trattati sul cambiamento climatico e la biodiversità sono stati avviati in questo forum, quindi ha una comprovata esperienza nel far accadere le cose. La plastica, con forse 8 milioni di tonnellate che finiscono nell’oceano. è una di quei problemi che richiedono chiaramente un accordo globale. I flussi della plastica sono enormi e dannosi, fluiscono attraverso i confini e dobbiamo assolutamente smettere di permettere che la plastica arrivi nell’oceano e questo meeting sembra che potrebbe rivelarsi un inizio molto importante».

fonte: greenreport.it