Le mandanti di Capaci. Brutto colpo per i Cacadubbi

 

di Saverio Lodato
Brutto colpo per i Cacadubbi. Giornata storta per negazionisti e minimalisti che, un giorno sì e l’altro pure, pretenderebbero il silenzio sepolcrale sulle grandi stragi d’Italia. Sperano sempre, i Cacadubbi di professione, che sia messa la parola “fine” sotto lo sforzo investigativo dei pubblici ministeri che non si rassegnano, e si ritrovano ogni volta alle prese con qualcosina che non avevano previsto.
E quanto è inutile l’Antimafia. E che brutta fine ha fatto l’Antimafia. E quanto sono protagonisti, e alla ricerca delle luci della ribalta, quei giudici che non si bevono la favoletta che “fu solo mafia”. E, via via, spargendo veleni con il turibolo dal quale non si sono mai separati, sin da quando, meno attempati di oggi, detestavano Falcone e Borsellino, salvo poi incensarli da morti. Ma torneremo su questo aspetto.
Diciamo subito che il fatto che non esista il femminile della parola “mandante”, non significa nulla. La Procura di Caltanissetta, che continua a indagare sulla strage di Capaci un quarto di secolo dopo, sembra infatti essersi convinta che il classico “cherchez la femme“, tipico di un poliziesco che si rispetti, potrebbe rivelarsi un ottimo metodo per scoprire tutto quanto è rimasto sepolto sotto quelle macerie.
Ci riferiamo alle complicità, alle responsabilità di personaggi eccellenti, alla presenza di ispiratori che per ora restano occulti, a soggetti che si ritrovarono ad operare con i boss stragisti di Cosa Nostra.
La notizia, di per sé, è eclatante: ci sono tracce di non mafiosi rinvenute nei paraggi del cratere di Capaci. Ci sono impronte e Dna che non corrispondono a nessuno degli imputati condannati per avere fatto parte del commando dinamitardo. A chi appartengono? Chi è riuscito a restare nell’ombra per 25 anni?
Si cerca una donna. Forse gli investigatori ne stanno cercando più di una. Ora infatti che i magistrati stanno iniziando a tirare le somme su troppe presenze femminili che hanno fatto capolino in anni di indagini, si riconnettono tre snodi decisivi dell’escalation di sangue ’92, ’93: la strage di via Palestro a Milano, il fallito attentato a Roma allo Stadio Olimpico, l’attentato di Capaci.
Qui accanto, nell’articolo di Giorgio Bongiovanni e Aaron Pettinari, il lettore troverà tutte le coordinate per orientarsi in questo nuovo scenario di tutto rispetto.
Il procuratore di Caltanissetta, Amedeo Bertone, coadiuvato dagli aggiunti Lia Sava, Gabriele Paci, dal sostituto, Stefano Luciani, si limita a osservare, quasi laconicamente: “Abbiamo in programma un fitto calendario di cose da fare. Come dimostra il lavoro svolto in questi anni, non abbiamo mai smesso di indagare”.
Chi glielo andrà a raccontare ai Cacadubbi che si annuncia un altro “fitto calendario” investigativo? Speravano, sempre dei Cacadubbi stiamo parlando, che queste benedette stragi finissero in prescrizione. Qualche giorno fa, la Procura di Firenze è tornata a iscrivere per la terza volta nel registro degli indagati, per le stragi del 1993, i nomi di Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri. E loro, i Cacadubbi, avevano strepitato sulla “giustizia a orologeria”, visto che si era alla vigilia del voto siciliano.
In un certo senso li comprendiamo: si muovono tante cose, sin troppe, nel ribollente calderone investigativo delle procure di Palermo, Caltanissetta e Firenze.
E i Cacadubbi, forse hanno anche un po’ paura.
E noi, che siamo uomini di mondo, capiamo anche questo.

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