Consumo di suolo, 500 associazioni scrivono a Juncker: serve una direttiva europea

Acli, Coldiretti, Fai, Inu, Legambiente, Lipu, Slow Food e wwf: in Italia impasse parlamentare

In vista del 22 Aprile, Giornata Mondiale della Terra, i promotori dell’Iniziativa dei Cittadini Europei “People4Soil”, in rappresentanza di 500 associazioni, hanno inviato un appello al presidente della Commissione europea, Jaean-Claude Juncker  che sottolinea l’obiettivo dell’Onu di «fermare il degrado di suolo a livello globale entro il 2030» e perché la Commissione Europea «faccia la sua parte, con la consapevolezza che le politiche europee hanno un’impronta molto profonda sui suoli e i territori del resto del mondo».

A Juncker  viene chiesto di «fermare il consumo di suolo sviluppando un quadro legislativo vincolante per gli Stati Membri, che riconosca al suolo lo status di “bene comune” proprio come l’aria e l’acqua». Le associazioni ricordano che «La superficie agricola europea, pari a 170 milioni di ettari, benché ragguardevole, non è in grado di rifornire il mercato europeo delle materie prime, che dipende in larga misura dalle importazioni. Se abbiamo un così forte bisogno di terre coltivate, la priorità dovrebbe essere proprio quella di proteggere il nostro suolo! E invece ogni giorno vengono urbanizzati o degradati 500 ettari di suolo europeo, e in molti casi il degrado corrisponde a una perdita definitiva della risorsa, ad esempio in seguito a urbanizzazioni. Il suolo è la risorsa naturale più preziosa e scarsa in Europa, ma non la proteggiamo! Negli ultimi 50 anni, in Europa la superficie coperta di cemento e asfalto è raddoppiata, arrivando a 20 milioni di ettari: due volte la superficie agricola italiana. Senza contare tutte le altre minacce a carico dei suoli: 3 milioni di siti contaminati, 10 milioni di ettari gravemente danneggiati dall’erosione e 14 milioni a rischio desertificazione sono alcune cifre di danni già registrati. Se vogliamo che la comunità internazionale arresti il degrado di suolo, dobbiamo iniziare dalla nostra casa comune: è urgente una direttiva europea per la tutela dei suoli!».

In Italia la task force formata da Acli, Coldiretti, Fai, Inu, Legambiente, Lipu, Slow Food e Wwwf  denuncia il grave impasse del progetto di legge nazionale contro il consumo di suolo, da tre anni rimpallato dalle commissioni delle due Camere e, da 11 mesi, impantanato al Senato: «L’Italia per una volta poteva essere capofila europea, come primo Paese a darsi regole per il contenimento del consumo di suolo, ed invece quel provvedimento, che pareva sospinto da consenso unanime, sembra essersi infilato in un tunnel di cui ancora non si vede la fine. Eppure una politica attiva a difesa del suolo è anche una politica di sicurezza e sviluppo economico: suoli sani e ricchi di sostanza organica consentono produzioni agricole di maggior qualità e più resistenti ai rischi climatici; allo stesso tempo fermare la cementificazione di suoli agricoli è l’unico modo per concentrare gli investimenti edilizi nei luoghi che hanno davvero bisogno di rigenerazione: le città. Si tratta di una politica di sviluppo di lungo termine, che salvaguarda le risorse e il patrimonio europeo, ma è anche il caposaldo delle strategie di mitigazione e adattamento climatico».

Per questo nella Giornata Mondiale della Terra le 500 associazioni che hanno sottoscritto la lettera a Juncker chiamano a raccolta tutti i cittadini, invitandoli a sottoscrivere l’Iniziativa dei Cittadini Europei su www.salvailsuolo.it. Il traguardo da raggiugere è un milione di firme in tutta Europa entro il 12 settembre prossimo; 54.000 le firme necessarie per raggiungere il quorum in Italia. Damiano Di Simine, responsabile suolo di Legambiente, spiega che «Approfittando dell’occasione offerta dalla Giornata della Terra, organizzeremo banchetti per tutto il fine settimana, coinvolgendo tutta la rete associativa, dalle città a piccoli comuni L’obiettivo è quello di raccogliere quante più firme possibile, ognuna di queste può davvero fare la differenza per fermare la cementificazione. Ma per vincere una battaglia così complessa è necessario spiegare bene ai cittadini che cosa comporta il consumo di suolo, un processo sostanzialmente irreversibile, e come nel nostro paese, per esempio, il territorio sia la risorsa più scarsa e quindi più preziosa».

Per raccontare l’entità del consumo di suolo in Italia, Legambiente ha raccolto nel dossier “Suolo minacciato, ancora cemento oltre la crisi”, una serie di storie di “suolo consumato” che fanno da cornice i dati dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) secondo i quali «In Italia, l’urbanizzazione del territorio ha impermeabilizzato o compromesso, fino al 2015, circa 2,11 milioni di ettari: il 7% del territorio nazionale, pari a circa un sesto della superficie coltivata (Sau). Il dato pro capite, 346 mq/abitante, è in linea con la media degli altri paesi europei. Il tasso di crescita è leggermente al di sotto di 22.000 ettari all’anno (cioè 60 ettari al giorno). Negli ultimi due anni si è rilevato un rallentamento che, ove confermato dalle ulteriori e future rilevazioni, appare del tutto ascrivibile alle particolari condizioni di crisi congiunturale del settore delle costruzioni: è troppo presto per affermare che il dato riscontrato nel biennio 2014-2015 (35 ettari/giorno) corrisponda a un cambiamento strutturale. Per quanto riguarda la ripartizione territoriale, i territori maggiormente urbanizzati corrispondono al quadrante nord-ovest del Paese (8,6%), sebbene le dinamiche espansive più vivaci riguardino il nord-est e l’Italia centrale. Alla Lombardia compete il “record nazionale” di superfici urbanizzate, stimate al 12,8% del territorio».

Legambiente racconta una ventina tra le tante storie italiane di spreco di territorio, frutto della mancanza di regole nazionali e comunitarie sulla tutela del comparto ambientale del suolo. C’è quella di Megalò in Abruzzo, uno dei più grandi centri commerciali d’Italia sorto sulla naturale cassa d’espansione del fiume Pescara vincolata a inedificabilità, e dei progetti di Megalò 2 e 3. C’è, in Calabria, il progetto dell’isola ecologica Battaglina, che prevedeva la realizzazione, in un bosco asservito a usi civici, di una delle discariche più grandi d’Europa. Dopo anni di battaglia giudiziaria non si farà, ma sul terreno 10 ettari di bosco sono stati sostituiti da un vasto cratere. In Emilia Romagna, c’è l’avvio dei lavori per la realizzazione del primo lotto della Tirreno Brennero, che sarà con tutta probabilità anche l’ultimo dato che i 2 miliardi necessari per completare l’opera non sono, né saranno, disponibili in futuro, si interromperà in piena campagna, nel comune di Sissa-Trecasali, senza alcun collegamento a poli logistici, produttivi, o ad agglomerati urbani significativi, ma al contrario, attraversando aree di grande pregio agricolo e naturalistico. Un’altra colata di asfalto inutile è quella della Pedemontana lombarda, di cui al momento sono stati realizzati solo i primi due lotti per una ventina di km, sostanzialmente privi di traffico, più le tangenziali di Como e Varese: questi lotti hanno comportato la più grande deforestazione mai compiuta in Lombardia dalla fine della seconda guerra mondiale. A Roma, continua il suo iter tra polemiche e conflitti, revisioni e limature di cubature, il progetto dello stadio della Roma: dal milione di metri cubi si è ora scesi a 600.000 ma non cambia la sostanza di un progetto viziato dalla scelta sbagliata che riguarda l’area di Tor di Valle, ansa del Tevere che richiederebbe di essere dispensata sia da volumetrie che da opere di difesa idraulica, proprio per consentire al fiume di occupare all’occorrenza i suoi spazi. In Sicilia, tra Punta Religione e Marina di Modica un lembo di area costiera classificato come Sito di Interesse Comunitario, protetto dalla direttiva Habitat per la presenza di ambienti preziosi e vulnerabili, ha visto ripartire le ruspe (già bloccate nel 2006) per la realizzazione di un complesso turistico di 40.000 metri quadri di superficie, di cui 3000 metri quadri di edifici.

Ma sono tante altre ancora le vicende di autostrade, aeroporti, ville e insediamenti e centri commerciali raccontate nel dossier di Legambiente Suolo minacciato, ancora cemento oltre la crisi. Né mancano le storie di chi dice “no”, storie di suoli salvati come quelle, per esempio, della Regione Sardegna, del comune di Tollo in Abruzzo per la difesa del suolo agricolo, delle varianti urbanistiche con cui comuni come Artegna in Friuli Venezia Giulia e Borgarello in Lombardia hanno restituito a verde agricolo vaste porzioni di territorio destinata ad aree industriali o commerciali.

fonte: greenreport.it