Nello Yemen è allarme fame. La guerra saudita mette a rischio 17 milioni di persone

Onu: assistenza urgente se si vuole evitare la carestia e la catastrofe umanitaria

Secondo l’ultima analisi del  Integrated Food Security Phase Classification (Ipc) pubblicato oggi dall’Onu partner umanitari, «Una grave insicurezza alimentare minaccia oltre 17 milioni di persone nello Yemen sconvolto dai conflitti.  20 sui 22 governatorati del Paese si trovano in situazione di “crisi” o a livelli di insicurezza alimentare di “emergenza”, e quasi due terzi della popolazione devono adesso fare i conti con la fame e necessitano con urgenza di assistenza per salvare vite e mezzi di sussistenza. Senza un ulteriore sostegno umanitario, Taiz e Al Hudaydah, due governatorati che rappresentano quasi un quarto della popolazione dello Yemen, rischiano la carestia».

La Fao ricorda che «Con circa 17 milioni di persone a livello di “emergenza” o di “crisi” di insicurezza alimentare, lo Yemen è attualmente il Paese che si trova ad affrontare una delle peggiori crisi di fame al mondo. Questi numeri rappresentano un aumento del 21% rispetto a giugno 2016 e sottolineano i risultati della Emergency Food Security and Nutrition Assessment. (Efsna) del febbraio 2017».
Non c’è dubbio che la guerra, scatenata dall’Arabia Saudita per sloggiare gli sciiti zayditi Huthi che hanno preso il potere a Sana’a, sia la principale causa dell’insicurezza alimentare e  che abbia drasticamente ridotto l’accesso ai mezzi di sussistenza. La Fao spiega che a causa della guerra, «Quasi l’80% delle famiglie in Yemen si trovano in una situazione economica peggiore rispetto a prima della crisi. La diminuzione della produzione nazionale, l’interruzione delle importazioni commerciali e umanitarie, l’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari e del carburante, la disoccupazione dilagante, la perdita di reddito, il livello relativamente basso di finanziamenti alle agenzie delle Nazioni Unite che forniscono assistenza alimentare e il crollo dei servizi pubblici e delle reti di sicurezza sociale sono tutti fattori che contribuiscono a peggiorare la situazione della sicurezza alimentare».

Le cose sono peggiorate perché i  governatorati di Taiz e Al Hudaydah, tradizionalmente produttori di alimenti, negli ultimi 2 anni sono stati al centro di violenti cmbattimenti e bombardamenti dei sauditi e della coalizione musulmana sonnita che li sostiene, armata dagli occidentali e che sgancia anche bombe made in Italy. La Fao evidenzia che «Questi due governatorati hanno i più alti tassi di malnutrizione acuta del Paese, che vanno dal 17% di Taiz city al 25% di Al Hudaydah. La soglia di emergenza fissata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità è del 15%».

Salah Hajj Hassan, rappresentante della Fao in Yemen, conferma: «Il conflitto ha un impatto devastante sui mezzi di sostentamento agricoli.  La produzione agricola e quella zootecnica sono diminuite in modo significativo rispetto ai livelli pre-crisi. E ‘assolutamente essenziale che la risposta umanitaria comprenda assistenza alimentare e agricola per salvare non solo vite, ma anche i mezzi di sussistenza».
Stephen Anderson, rappresentante e direttore del World food programmeWFP in Yemen, aggiunge: «La situazione è deteriorata rapidamente dall’acutizzarsi del conflitto due anni fa. La terribile situazione attuale della sicurezza alimentare e della nutrizione richiede cospicue risorse finanziarie per consentire un’immediata, adeguata e continua assistenza alimentare e nutrizionale, oltre ad altre forme di sostegno ai più bisognosi, per evitare che si arrivi ad una vera e propria situazione di carestia. L’accesso senza restrizioni a tutte le aree, anche per gli scambi commerciali, sarà inoltre fondamentale per garantire che l’insicurezza alimentare del paese non peggiori ulteriormente».

Meritxell Relaño, rappresentante Unicef in Yemen, è molto preoccupata: «Stiamo assistendo ai più alti livelli di malnutrizione acuta mai registrati nella storia recente dello Yemen. Dei 2,2 milioni di bambini affetti da malnutrizione acuta, 462.000 sono stati definiti in una situazione di Grave e acuta malnutrizione (Sam). Per chiarire di cosa stiamo parlando, un bambino Sam è dieci volte più a rischio di morte se non curato in tempo di un bambino sano della sua età. Il conflitto in corso e l’insicurezza alimentare avranno implicazioni a lungo termine sulla salute e in generale sullo sviluppo dei bambini in Yemen».

Lo Yemen, già poverissimo, è ormai un Paese in rovina e il quadrio tracciato dall’Onu è terribile: «II combattimenti lungo la costa del Mar Rosso dei mesi scorsi hanno causato ingenti danni al più grande porto dello Yemen, Al Hudaydah. Questo ha significato l’interruzione delle importazioni, che forniscono il 90% degli alimenti di base allo Yemen. Le restrizioni di accesso e la perdita di barche, reti e altri attrezzi, hanno spazzato via la pesca – un’importante fonte di cibo e di reddito.  I disordini lungo la costa con tutta probabilità avranno effetti negativi sull’inizio della stagione della semina di sorgo nel mese di aprile:  la più importante produzione nazionale di cereali. Non solo, ma ostacoleranno gli scambi, forzeranno più persone a lasciare le proprie case, limiteranno ulteriormente la disponibilità di cibo e distruggeranno i mezzi di sussistenza».

Questa sciagurata guerra che nessuno ha fermato e molti hanno attizzato potrebbe trasformarsi in una catastrofe umanitariadi proporzioni inaudite: «In tutto il paese ben 2 milioni di famiglie che dipendono dall’agricoltura non hanno accesso ai basilari mezzi di produzione agricoli, come sementi, fertilizzanti e carburante per le pompe di irrigazione. I prezzi elevati del carburante rendono l’irrigazione proibitiva. A causa della mancanza di sicurezza, l’accesso umanitario potrebbe presto essere limitato a pochi chilometri intorno alle città principali, lasciando le comunità rurali in disperato bisogno di aiuto».

Le agenzie  Nazioni Unite nello Yemen ribadiscono il loro appello a tutte le parti in conflitto a «facilitare l’accesso incondizionato e continuo così che le organizzazioni umanitarie possano incrementare la loro assistenza per soddisfare le crescenti esigenze delle persone che ne hanno più urgente bisogno».

fonte: greenreport.it