Le mafie nel settore agroalimentare, un business da 21,8 mld

Dall’olio ligure alla mozzarella campana, il made in Italy in mano alla criminalità
di AMDuemila
gdf agromafie

Nel bel Paese famoso in tutto il mondo per la cucina e i prodotti agroalimentari le mafie fanno da padrone nel settore dell’agricoltura e del sistema agroalimentare. Uno dei business più remunerativi per la criminalità organizzata che coinvolge tutta l’Italia senza distinzioni tra Nord e Sud. Lo afferma Coldiretti nel rapporto #Agromafie2017, elaborato assieme ad Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura. Dalle infiltrazioni nel settore ortofrutticolo del clan Piromalli all’olio extra vergine di oliva di Matteo Messina Denaro, fino alle imposizioni della vendita di mozzarelle di bufala del figlio di ‘Sandokan’ dei Casalesi e al controllo del commercio ortofrutticolo della famiglia di Totò Riina. Le grandi famiglie mafiose hanno capito che il mercato alimentare con la globalizzazione è diventato un canale remunerativo importante. Nel 2016 il volume d’affari è salito a 21,8 miliardi di euro aumentando del 30 per cento rispetto al 2015. Una stima in difetto perché, come evidenziato ieri da Coldiretti alla presentazione del rapporto, non comprende ovviamente tutti quei proventi derivanti da operazioni condotte “estero su estero” dalle organizzazioni criminali, gli investimenti effettuati in diverse parti del mondo, le attività speculative attraverso la creazione di fondi di investimento sulle piazze finanziarie di mezzo mondo, il trasferimento formalmente legale di fondi attraverso i money transfer in collaborazione con fiduciarie anonime e la cosiddetta banca di “tramitazione” che veicola il denaro verso la sua destinazione finale. Secondo Coldiretti i clan oggi controllano tutto il processo: dal caporalato nei campi (gestito da manovali), allo stabilire i prezzi nel mercato, al trasporto e smistamento dei prodotti fino all’esportazione all’estero.

Il Nord in testa alla classifica assieme alla Calabria
Non è più la Sicilia al primo posto per condotte criminali nel settore agroalimentare ma in testa alla triste classifica c’è Reggio Calabria, seguita da Genova e Verona. Il Sud è comunque protagonista, con Catanzaro, Palermo, Caltanisetta e Catania, Caserta e Napoli, Bari.
Dal rapporto emerge l’importanza strategica dei porti come Palermo, Genova e Goia Tauro: “la presenza di una vasta infrastruttura portuale costituisce non solo un volano per lo sviluppo economico del territorio circostante, ma anche una opportunità di crescita, approvvigionamento e distribuzione per le organizzazioni criminali”.
Nel capoluogo ligure “il dato emerso è particolarmente elevato – osserva Coldiretti – a causa di un diffuso sistema di contraffazione ed adulterazione nella filiera olearia nelle fasi di lavorazione industriale ed approvvigionamento dall’estero di oli di minore qualità da spacciare come italiani”.
Stesso sistema ma con prodotti diversi riguarda la mafia in Veneto, a Padova e Verona dove i traffici si concentrano invece sull’allevamento di suini: “Capi di bestiame importati dal Nord Europa e indebitamente marchiati come nazionali”.
Anche la ristorazione è uno dei settori che maggiormente interessa le mafie al Nord e nelle grandi città come Roma e Milano: “In alcuni casi sono le stesse mafie a possedere addirittura franchising e dunque catene di ristoranti in varie città d’Italia e anche all’estero, forti dei capitali assicurati dai loro traffici illeciti”. Il business dei profitti criminali reinvestiti nella ristorazione coinvolgerebbe oltre 5.000 locali.
In Sicilia e Calabria, si legge nel rapporto, i clan giocano un ruolo importante nel mercato ortofrutticolo e nella pesca e controllano interi comparti della distribuzione. Emerge inoltre come il furto di bestiame e la macellazione clandestina di capi infetti costituisce ancora un importante business per le mafie, così come lo sfruttamento nei campi agricoli.
Nel 2016, infatti sembrano essere aumentati i fenomeni criminali che colpiscono e indeboliscono il settore agricolo: sono ormai all’ordine del giorno i furti di mezzi agricoli, prodotti agricoli e animali. Dietro a questo ritorno all’abigeato ci sarebbero gruppi criminali capaci di mettere in ginocchio le medie e piccole aziende, organizzando veri e propri raid per rubare grossi quantitativi di olio, vino, agrumi o addirittura intere mandrie o mezzi agricoli. A tutto ciò si affiancano inoltre i reati più conosciuti di stampo mafioso quali il racket, usura, danneggiamento, pascolo abusivo ed estorsione nelle campagne.

Fonte:Antimafiaduemila