Standing Rock, sgombrato il campo di protesta contro la Dakota Access pipeline

I Sioux preparano la marcia “Defend Unci Maka” (Difendi NonnaTerra) su Washington del 10 marzo

Satanding Rock campo 1

Si è competato abbastanza pacificamente, anche se vengono segnalati qualche tafferuglio e una decina di arresti, lo sgombero degli ultimi irriducibili occupanti dell’accampamento di protesta contro la Dakota Access pipeline (Dapl), sorto vicino alla riserva dei Sioux di Standing Rock.

Il campo era già stato in gran parte abbandonato e ripulito dai Sioux e dai loro alleati, che lo ritenevano a rischio alluvioni con il disgelo primaverile, restava a presidiarlo un gruppo di irriducibili che non sono d’accordo con la politica pacifista della tribù si Standing Rock, che vuole evitare il più possibile nuovi scontri con la polizia.

In un comunicato la Standing Rock Sioux Tribe dice che sta seguendo da vicino l’attività delle forze dell’ordine nel campo e aggiunge: «Non importa cosa succede, incoraggiamo tutti a rimanere tranquilli e ribadiamo che la nostra priorità in questo momento è la sicurezza e il benessere di tutte le parti».

Il 20 febbraio il capo della tribù Sioux, Archambault II, aveva parlato con la responsabile del campo ed aveva chiesto che non si procedesse alla rimozione forzata degli ultimi irriducibili. «La pace e la sicurezza è la priorità – aveva detto Archambault II – Lo Stato ci ha comunicato che le forze dell’ordine entreranno  nell’area questo mercoledì e dovranno chiedere a tutti di evacuare pacificamente». Chi era rimasto nell’accampamento a avuto un paio d’ore per raccogliere le sue cose. «Chiediamo a tutti di mantenere la sicurezza pubblica come loro priorità assoluta in questo momento – ha detto il capo Sioux – Vogliamo anche ringraziare coloro che partecipano alla pulizia dell’accampamento. Abbiamo intenzione di proseguire la pulizia».

Intanto i Sioux della tribù di Standing Rock stanno preparando “Defend Unci Maka” (Difendi NonnaTerra) la marcia delle Nazioni native che il 10 marzo dovrebbe portare centinaia di migliaia di persone a Washington DC, e  chiedono insieme ai leader indigeni e ai loro alleati negli Stati Uniti e in tutto il mondo di marciare pacificamente sulla capitale Usa: «Chiediamo che aumenti la solidarietà con i popoli indigeni di tutto il mondo i cui diritti proteggono Unci Maka (Nonna Terra) per tutte le future generazioni»i.

La marcia della tribù di Standing Rock e delle Nazioni Native sarà di preghiera e di azione  e i sioux chiedono a chi non potrà marciare con noi di organizzare azioni pacifiche locali e nelle nazioni tribali nazioni, stati, città, paesi, villaggi e province.

“Defend Unci Maka” chiama a raccolta le nazioni tribali e le comunità indigene di base «per difendere il nostro diritto a proteggere Unci Maka e la nostra acqua: Mni Wiconi. Il presidente Trump deve incontrare  i leader tribali per ascoltare il motivo per cui è fondamentale che il governo degli Stati Uniti rispi i diritti tribali. Questa amministrazione deve lavorare con noi. Gli Interessi tribali non possono continuare a essere emarginati a favore degli interessi delle corporations e di altri governi. La consultazione non basta, c’è bisogno del consenso».

I Sioux sono consapevoli di aver dato vita a un fenomeno politico-culturale nazionale e probabilmente globale:  «Il movimento Standing Rock è più grande di una tribù. Si è evoluto in un potente fenomeno globale mettendo in evidenza la necessità di rispettare le Nazioni indigene e il loro diritto a proteggere la loro patria, l’ambiente e le generazioni future. Stiamo chiedendo ai nostri parenti nativi provenienti da tutta Turtle Island a crescere con noi».

Il programma di “Defend Unci Maka”  prevede che da 7 al  9 marzo i leader delle nazioni indiane e i loro alleati faccianno pressione su chi comanda a Washington DC per chiedere che vengano protette tutte le tribù. Il 10 marzo, i popoli nativi e i loro alleati si riuniranno per una marcia che dal centro commerciale della Capitale Usa raggiungerà la. Dopo la marcia ci sarà una grande manifestazione all’Ellipse durante la quale i sioux e i loro alleati presenteranno le loro richieste a Donald Trump e alla sua amministrazione.

Intanto sta rendendo sempre più piede il disinvestimento dalle banche  che hanno finanziato la Dakota Access pipeline per spostarli nelle banche gestite dagli indiani americani. Si tratta di 1 banche comunitarie riconosciute  dalla Federal deposit insurance Corp. che insieme hanno 2,7 miliardi di dollari di assets e tutti hanno i loro depositi sono assicurati dalla FDIC.

Il gruppo delle American Indian-owned banks è formato da banche locali, alcune molto piccole, mentre altre hanno più di 250.000 di dollari di assets. La maggior parte di queste banche operano in Oklahoma, ma ce ne sono anche North Carolina, Colorado, Missouri, Iowa, Minnesota, Wisconsin, Montana e North Dakota. Ora rappresentano per molte tribù indiane, ambientalisti e attivisti anti-trump l’alternativa alle  26 grandi banche che hanno finanziato o accettato di finanziare l’oleodotto Dakota Access.

Fonte:greenreport