Spreco alimentare: con una migliore logistica si potrebbero salvare 250.000 tonnellate di cibo solo in Svezia

Se si lavora per ridurre l’impatto ambientale, spesso si riducono anche i costi

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Secondo il recente rapporto “Estimates of European food waste levels” del progetto Food use for social innovation by optimizing waste prevention strategies (Eu Fusion), nel  2012 i rifiuti alimentari dell’Unione europea  – comprendendo sia il cibo commestibile che le parti non commestibili legate al cibo – avevano raggiunto gli  88 milioni di tonnellate, cioè 173 kg di rifiuti alimentari a persona. Questo significa che stiamo sprecando circa il 20% del cibo totale prodotto, con costi stimati in circa 143 miliardi di euro. A dare il maggior contributo a questo spreco sono le famiglie, con 47 milioni di tonnellate, il 53%, nel 2012. Ma anche la catena logistica per raggiungere i consumatori produce molti sprechi. Nel 2012, la trasformazione, l’ingrosso e al dettaglio rappresentavano il 24% del totale dei rifiuti alimentari.

In Svezia, ogni anno, l’industria alimentare e la vendita all’ingrosso e al dettaglio sprecano quasi un quarto di milione di tonnellate di cibo.  Uno spreco del tutto inutilmente  e Kristina Liljestrand  una ricercatrice della Chalmers Tekniska Högskola ha deciso di fare qualcosa al riguardo e sta fornendo alle imprese della filiera alimentare degli strumenti specifici  che «sono in grado di ridurre sia i rifiuti alimentari che l’impatto ambientale dei trasporti alimentari».

Nel 2012, in Svezia sono finiti nella spazzatura 1,2 milioni di tonnellate di cibo, circa la metà, 622.000 tonnellate, cibo che avrebbe potuto essere mangiato, se gestito in modo diverso. Si tratta di 65 kg di li sprechi alimentari procapite annuo.

La maggior parte di questo inutile spreco proviene dalle famiglie, ma molto cibo sparisce lungo la catena logistica: nel 2012, le famiglie svedesi hanno rappresentato poco meno della metà (270.000 tonnellate) dei rifiuti alimentari inutili. Nei sistemi logistici – dalla produzione industriale, fino a quando i prodotti alimentari lasciano gli scaffali dei negozi – sono scomparse 234.000 tonnellate di cibo. Le restanti 118.000 tonnellate vengono sprecate nei ristoranti e nelle cucine industriali. In Svezia, la produzione della quantità di cibo scartato ogni anno è pari a circa 2 milioni di tonnellate di emissioni di CO2, circa il 3% delle emissioni totali di gas serra dl Paese.

La Liljestrand, che nel 2015 ha vinto il Renova environmental award  per la sua ricerca sulla riduzione dei rifiuti alimentari, spiega che «E’ difficile capire la reale portata dei rifiuti alimentari in Svezia» e per far capire cosa si tratta dice di immaginare una fila di  23.000 camion pieni di  rifiuti alimentari inutilizzati ogni anno da produttori, rivenditori e le famiglie: una fila lunga  430 km.

La Liljestrand sottolinea: «La quantità di cibo che viene gettato via oggi è incredibile. La maggior parte dei rifiuti alimentari proviene dai consumatori, ma l’ammontare perso nei sistemi logistici è al secondo posto».

Studiando la produzione di rifiuti alimentari nei sistemi logistic, la Liljestrand ha capito come le aziende della filiera alimentare potrebbero essere in grado di ridurre il loro impatto ambientale, sia per quanto riguarda i rifiuti alimentari che le emissioni prodotte dai trasporti. Si tratta di un lavoro abbastanza unico, visto che indica le azioni per un miglioramento della logistica per combattere il problema dei rifiuti.  Fino alla sua tesi di dottorato, non c’erano indicazioni sui modi in cui le imprese della catena di rifornimento del cibo possono ridurre gli sprechi e i rifiuti».

La Liljestrand evidenzia che «I sistemi della logistica sono ciò che lega tutto insieme, dalla produzione dei prodotti alimentari ai prodotti esposti sugli scaffali del negozio. Dobbiamo capire come lavorarci per ridurre i rifiuti alimentari. Con un ritocco dei sistemi logistici, siamo in grado di garantire che il cibo mantenga una buona qualità e duri il più a lungo possibile quando raggiunge il negozio».

Con uno studio approfondito su produttori, grossisti e dettaglianti svedesi, ha identificato 9 azioni per migliorare la logistica del cibo: «Descrivo le azioni di miglioramento, le attività della logistica  e quello in cui i players sono coinvolti. Il risultato può essere visto come un buffet per coloro che vogliono lavorare per ridurre gli sprechi alimentari».

La conclusione forse più importante è che la collaborazione in tutta la catena di approvvigionamento alimentare è di fondamentale importanza:  «Quando si tratta di rifiuti, sono coinvolte le diverse fasi della catena alimentare, rendendo difficile ridurli per una singola azienda che lavora da sola. E’ necessaria la collaborazione per creare sistemi efficaci che vadano dall’inizio alla fine, in modo che i prodotti alimentari raggiungano i negozi in tempo».

la seconda parte della ricerca della Liljestrand si occupa di come ridurre l’impatto ambientale del trasporto nel sistema della logistica alimentare, osservando aspetti come il fattore di carico (quanto bene è utilizzato lo spazio nei/sui bancali, nelle casse e nei camion) e la percentuale di trasporti intermodali (dove il trasporto su strada è combinato al trasporto ferroviario o marittimo), ha scoperto quali sono i tipi di spedizioni più efficaci con cui lavorare e il modo migliore per farlo. Poi ha tradotto il tutto in due sistemi che potrebbero aiutare molto a  ridurre le emissioni dei trasporti. «Molti sistemi logistici sono estremamente ampi e complessi e può essere difficile sapere da dove cominciare –spiega ancora la ricercatrice svedese – I quadri che ho sviluppato danno alle imprese gli strumenti che consentano loro di vedere quali fattori nei loro sistemi logistici influenzano le emissioni dei trasporti».

La riduzione dell’impatto ambientale significa anche riduzione dei costi e la Liljestrand ha inserito anche il punto di vista economico nella sua ricerca, dimostrando quali risparmi possono essere realizzati attraverso le varie misure. «Una cosa è chiara: si possono fare soldi aumentando il fattore di carico e concentrandosi maggiormente sul trasporto intermodale. Se si lavora per ridurre l’impatto ambientale, spesso si riducono anche i costi».

fionte: greenreport.it