Ardita: ”Una riforma penale da cambiare e una Costituzione da difendere”

di Lorenzo Baldo
Intervista al Procuratore aggiunto di Messina, dalle mancate proroghe del 41bis nel ’93, alla riforma del processo penale, fino al Referendum. La scelta di ritirare la sua domanda alla Dna.
ardita seb pp c giorgio barbagallo


Dott. Ardita, qualche settimana fa il presidente dell’Anm Piercamillo Davigo ha dichiarato che la riforma del processo penale non lo convince, tanto che l’ha definita “inutile e dannosa”. Lei stesso ne ha parlato come un “testo ambiguo” che andrebbe corretto. Partiamo da una norma specifica che può essere così sintetizzata: se il pm non fa richiesta di rinvio a giudizio entro tre mesi dalla chiusura indagini, il procuratore generale avoca a sé l’inchiesta.

E’ solo una delle proposte che ci lascia molto perplessi, perché finirebbe per capovolgere le priorità del lavoro giudiziario, obbligandoci ad occuparci di questioni marginali a discapito del contrasto ai fenomeni più gravi, come la mafia e la corruzione.

Ci spiega come?
E’ semplice: la riforma imporrebbe al Pm l’obbligo di definire entro un termine tutti i ‘processetti’, anche se sono prescritti o scaduti, e in caso di mancato adempimento vi sarebbe l’obbligo di informare il Procuratore Generale. Siccome i processi per fatti rilevanti –  in particolare quelli con misure cautelari – vengono necessariamente già definiti entro il termine di scadenze delle indagini, l’obbligo verrebbe ad incidere in sostanza sulle comunicazioni seriali, che sono migliaia, o sui procedimenti che nascono già morti, perché già prescritti o avviati alla prescrizione.

E cosa accadrebbe in questi casi?
In questi casi se non si richiede l’archiviazione per prescrizione entro tre mesi dalla scadenza dei termini di indagine, si rischia di andare incontro ad un rilievo disciplinare. L’assurdo è che non esiste un obbligo di legge per istruire i processi, mentre si vorrebbe introdurre un obbligo per definirli. Dunque se per definire i processi prescritti non si avrà più il tempo per le indagini che riguardano fasce deboli, reati di mafia e di corruzione, per il Legislatore dovrebbe andare tutto bene. Non è davvero un granché come input. Anche perché la riforma manderebbe in fumo le circolari e gli sforzi organizzativi che erano stati fatti proprio per concentrarsi sul contrasto agli illeciti di maggiore allarme sociale.

Analizziamo la questione nodosa della prescrizione: l’Anm vorrebbe che si arrestasse dopo la condanna in primo grado per non mandare in fumo i processi, mentre il ddl prevede uno ‘stop and go’ tra primo e secondo grado. Di fatto al momento tutto il testo è fermo al Senato. Quali sono i rischi per il cittadino che chiede giustizia?
Per il cittadino vittima dei reati – se non si trova una soluzione efficace al problema della prescrizione – il rischio è di non vedere proprio giustizia. Per quello che delinque è esattamente un incentivo a proseguire sulla strada del crimine, collegato al fallimento della funzione di prevenzione che è connessa alla condanna.

Qualche settimana fa è arrivato anche un richiamo dall’Ocse: una richiesta esplicita affinchè al più presto si faccia una riforma in tal senso. Dal canto suo Piercamillo Davigo ha chiesto di estendere la proroga dei pensionamenti a tutti i magistrati data “la spaventosa scopertura di organico”.
Anche se è un argomento che non mi appassiona, negare la proroga a tutti i vertici interessati mi sembra l’ennesima scelta incomprensibile in materia di Giustizia.

Fonte:Antimafiaduemila