Siani e quell’amore per il giornalismo etico

di Francesca Mondin
Ricordando il giornalista ucciso dalla Camorra

Sono passati 31 anni da quella sera di fine estate in cui il giovane giornalista Giancarlo Siani veniva colpito a morte dai sicari della Camorra a pochi metri da casa. Aveva da poco compiuto 26 anni e stava cercando di prendere la qualifica professionale per giornalista mentre lavorava da “abusivo” a “il Mattino”. Era uno dei tanti giornalisti precari che ieri come oggi cercano instancabili le notizie “scomode” per andare oltre la semplice cronaca e cercare di unire i pezzi di un puzzle più grande.
Sebbene ancora i movimenti antimafia fossero agli albori e quasi nessuno avesse il coraggio di andare contro la Camorra, Giancarlo Siani, scriveva dei Nuvoletta, dei Gionta e dei Giuliano, all’epoca tra i maggiori boss della Campania. Ma non si limitava a parlare della malavita, raccontava anche dei suoi legami con l’ imprenditoria e la politica del posto. Tra le altre inchieste, Siani si era concentrato ad esempio sul fiume di soldi arrivati in Campania per la ricostruzione dell’Irpinia dopo il terremoto dell’80, che facevano gola alla Camorra così come agli imprenditori e ai politici collusi.
La verità giudiziaria, raggiunta dopo 8 processi, ci dice che ad uccidere il giovane di Torre Annunziata sarebbero stati Armando Del Core e Ciro Cappuccio, ora all’ergastolo. Mentre a decretarne l’esecuzione fu il boss Lorenzo Nuvoletta in seguito ad un articolo in cui Siani aveva scritto che lo stesso aveva venduto ai carabinieri l’alleato Valentino Gionta.
Non tutta la verità sarebbe emersa però secondo l’inchiesta giornalistica di Roberto Paolo (caporedattore del quotidiano “Roma“) raccolta nel libro “Il caso non è chiuso”, dove sostiene ad esempio, che dietro la morte di Siani oltre ai Nuvoletta ci sarebbero anche i clan Gionta e Giuliano, ognuno per un proprio interesse.
Di certo Siani si trovò da solo in una battaglia contro la mafia e l’omertà.
Oggi molte cose sono cambiate ed ogni anno sono molte le iniziative organizzate per ricordare il giovane cronista, ma i rischi per i giornalisti d’inchiesta restano un problema più che attuale all’estero come in Italia. Ecco quindi l’importanza di una memoria fatta di impegno civile e informazione, che cerca di portare avanti il testimone del cronista di “il Mattino”. Primo fra tutti il premio Siani, che quest’anno chiuderà la settimana della seconda edizione del Festival internazionale di Giornalismo Civile “Imbavagliati” con la premiazione di otto ragazzi di altrettante scuole. “C’è un nesso logico tra la storia di Giancarlo e tante altre vicende di giornalismo (ma non solo, penso a Giulio Regeni) nazionale e internazionale – ha spiegato il fratello Paolo Sianiper cui ci è sembrato bello affiancarci all’iniziativa”. Il festival in questa settimana ha toccato le tante criticità attuali della libertà di stampa e non solo, invitando ospiti da tutto il mondo per raccontare la realtà turca, siriana, russa e, non ultima, quella italiana.
Ad inaugurare domenica 18 settembre il festival a sostegno dei reporter perseguitati nei loro Paesi, ideato e diretto dalla cronista Desiree Klain, è stata l’apertura della mostra dedicata alla grande reporter italiana Letizia Battaglia. Fotografa di fama internazionale per i suoi scatti con i quali ha documentato dagli anni ’70 fino alle stragi del ’92 la Sicilia e la Palermo negli anni della guerra di mafia.
Accanto agli scatti di Letizia, il sorriso disarmante di Giancarlo Siani e la sua passione per il giornalismo e per la vita sono raccontati da altri scatti, alcuni inediti esposti sempre al PAN nella mostra “Giancarlo Siani | ri-Scatti”. Ritratti di Giancarlo Siani nella sua eterna giovinezza ed entusiasmo che rendono memoria ma fanno anche rivivere quel ragazzo a bordo della sua Mehari (esposta anche quella al PAN). Così come l’immagine sorridente impressa sul muro vicino casa Siani. Un opera di street art realizzata con una vernice particolare: l’Airlite (pittura che agisce in un modo molto simile a quello della fotosintesi clorofilliana delle piante) e che sarà inaugurata questa mattina. L’idea, nata dalla sinergia tra i componenti del gruppo facebook “Un fiore per Giancarlo” ed i condomini che tuttora vivono in via Romanello, ha trovato poi l’appoggio di altre associazioni, del quotidiano di Napoli “Il Mattino” e della Municipalità 2 del Comune di Napoli ed è stata possibile grazie ad una campagna di crowdfunding per raccogliere i fondi per realizzare l’opera.
“Chi dimentica diventa colpevole” è lo slogan della manifestazione e il miglior modo per ricordare è, per citare Don Ciotti, trasformare la memoria in impegno costante.

fonte: antimafiaduemila.com