Strage di via d’Amelio, assolto uno dei falsi pentiti

di Lorenzo Baldo
La Cassazione annulla la condanna per calunnia a Salvatore Candura

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E’ l’uomo che aveva detto di aver consegnato la Fiat 126 utilizzata nella strage del 19 luglio 1992 all’ex picciotto della Guadagna Vincenzo Scarantino. Dichiarazioni smentite molti anni dopo dall’ex boss di Brancaccio Gaspare Spatuzza. Per Salvatore Candura, quindi, la Suprema Corte ha deciso che “il fatto non sussiste”. La condanna (in appello) a nove anni, per calunnia, nell’ennesimo processo sull’eccidio nel quale morirono il giudice Paolo Borsellino e i cinque agenti di scorta, è stata quindi annullata senza rinvio. Il 13 marzo 2013, lo stesso Candura era stato condannato con rito abbreviato a 12 anni per calunnia aggravata assieme ai collaboratori Gaspare Spatuzza (15 anni) e Fabio Tranchina (10 anni). Secondo i giudici l’ex sodale di Scarantino avrebbe mentito ai magistrati con dichiarazioni che in precedenti processi avevano portato a condanne di persone estranee alla strage di via D’Amelio. Il filone d’inchiesta era nato dalle dichiarazioni di Spatuzza che avevano portato anche alla scarcerazione di mafiosi e presunti mafiosi già condannati in via definitiva a seguito delle dichiarazioni del falso collaboratore Vincenzo Scarantino.

Antefatto
Il 29 settembre del ’92 veniva arrestato Vincenzo Scarantino, poche ore dopo l’arresto l’allora procuratore di Caltanissetta Giovanni Tinebra si era lasciato andare ad esternazioni entusiastiche. “In un primo tempo si era pensato che l’auto imbottita fosse una Seat Marbella. Ma raccogliendo dei pezzi in via D’Amelio, tecnici e periti hanno ricostruito la 126 bianca (in realtà di coloro rosso amaranto, ndr). Quest’auto era stata rubata da tre giovani, arrestati il mese scorso dalla Squadra Mobile per avere tentato di violentare una ragazza. Due di questi sono parenti della proprietaria della 126 e sono ancora detenuti in carcere”. Si trattava di Luciano Valenti e Salvatore Candura, di 28 e 31 anni, e di Roberto Valenti, di 20 anni, nipote di Luciano. Alcuni giornalisti avevano chiesto a Tinebra come fosse stato possibile che Cosa Nostra si fosse affidata ad un balordo per compiere una strage. Il procuratore di Caltanissetta aveva replicato senza indugi: “non ci siamo posti la domanda. I fatti, secondo noi, si sono svolti in un certo modo. Scarantino non è uomo di manovalanza”.

La trattativa
Nella requisitoria in abbreviato gli inquirenti avevano sottolineato come “Paolo Borsellino sapeva della trattativa che apparati dello Stato avevano avviato con Cosa Nostra tramite Vito Ciancimino. Totò Riina lo riteneva un ‘ostacolo’ alla trattativa con esponenti delle istituzioni, che gli ‘sembrava essere arrivata su un binario morto’ e che per questo il capo di Cosa Nostra voleva ‘rivitalizzare’ con la strage”. Secondo l’ex procuratore aggiunto di Caltanissetta, Nico Gozzo, le dichiarazioni di Spatuzza “erano state pienamente sincere. Confessioni che sono riscontrate e che hanno permesso alla Procura non solo di ricostruire in maniera più dettagliata la dinamica della strage, ma anche di scoprire che in carcere vi erano degli innocenti”. Decisamente importante anche l’apporto di Fabio Tranchina che aveva indicato in Giuseppe Graviano l’uomo che avrebbe schiacciato il pulsante che ha fatto esplodere l’autobomba in via D’Amelio.

L’appello
Il 9 gennaio di quest’anno le condanne per Fabio Tranchina e per Salvatore Candura erano state ridotte in appello. Candura era stato condannato per calunnia a 9 anni dalla Corte d’Assise d’Appello di Caltanissetta per le sue dichiarazioni ritenute false. Fabio Tranchina era stato invece condannato a 7 anni e 6 mesi per strage, per aver partecipato alla fase esecutiva dell’attentato in via D’Amelio. La condanna a 15 anni di Gaspare Spatuzza non era stata invece appellata.

Ombre sul depistaggio
L’assoluzione di Candura si interseca con le indagini per depistaggio nei confronti dei tre ex agenti di polizia del pool Falcone e Borsellino. Come è noto per Vincenzo Ricciardi, Mario Bo e Salvatore La Barbera la Procura di Caltanissetta ha chiesto l’archiviazione. Dal canto suo Candura aveva dichiarato agli inquirenti di aver subito minacce e pressioni, per fornire una determinata versione dei fatti, dagli stessi poliziotti indagati. A tuttoggi si è ancora in attesa di conoscere la decisione del Gip.

Foto © Shobha

fonte:antimafiaduemila