”Paramafiosi” di ieri, ”Antimafiosi” di oggi


di Saverio Lodato

lodato c paolo bassani 2015
Giovanni Falcone e Paolo Borsellino devono essere imbalsamati. Non devono più avere diritto di parola. Non devono rappresentare un punto di riferimento per le nuove generazioni. Il loro faro deve essere spento. Non hanno più niente da dire. Non hanno più niente da insegnare. Deve esser tolta loro la parola. Sono reperti archeologici. Mummie di un era che fu. Nomi, cognomi e lapidi.
Erano bravi, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Oh come erano bravi. Come combattevano la mafia loro, non la combatteva nessuno. Come capivano la mafia loro, non la capiva nessuno. Grandi studiosi del fenomeno. Grandi combattenti del fenomeno. Che coraggio, che acume, che professionalità. Grandi eroi fatti a pezzi dalle stragi che qualcuno mise a segno su misura per loro. Grandi eroi, grandi stragi. Non a caso. Visto che non si fa niente per niente.
Quando erano vivi ne passarono di tutti i colori? Quando erano vivi furono isolati giorno dopo giorno? Quando erano vivi pagarono sulle loro carni calunnie, veleni, delegittimazioni? Quando erano vivi furono il bersaglio preferito dei politici di allora, dei colleghi magistrati di allora, degli esponenti delle istituzioni di allora?
Perbacco! E con questo? Come sarebbero diventati “eroi” senza aver prima camminato sui carboni ardenti? E chi è che, quando erano vivi, non li supportò ma li ostacolò? E chi è che li definiva “sceriffi”, “Nembo Kid”, “sbirri” che se ne fottevano dei diritti degli imputati, dei principi “garantisti”, della regola inviolabile che il magistrato “non deve essere contro nessuno”, neanche contro la mafia? Boh!
E chi se lo ricorda? Vai a sapere come andarono le cose. E’ passato tanto tempo. Più o meno una trentina d’anni. E che senso avrebbe rinvangare un passato tanto lontano? E per cercare cosa, poi? Magari i nomi di quelli che la pensavano diversamente da loro? Come se non fosse il sale della democrazia esprimere opinioni differenti rispetto a quelle degli “intoccabili”, ché tali vennero definiti, quando erano ancora vivi, Falcone e Borsellino.
D’altra parte, a pensarci bene, non si diventa “eroi” per caso, senza pagare pegno. Non si entra nel pantheon dell’immortalità vivendo come se niente fosse, senza croci e senza spine, senza, insomma, andarsela a cercare, questa benedetta immortalità. E chi la cerca, prego, si faccia avanti, ma poi non si lamenti, se finisce con il trovarla.
Per ciò, e per infinite altre ragioni, i nostri “eroi” furono grandi, grandissimi.
Oh come erano bravi loro, come la combattevano la mafia. Sì. Come loro non ce n’erano. Non ce ne furono più. Non ce ne sono neanche oggi. Si è perso lo stampino.
Guardiamoci intorno.
Vuoi mettere i magistrati di oggi? O i magistrati di ieri e dell’altro ieri? Insomma tutti quelli che si avvicendarono negli uffici giudiziari dopo le stragi di Capaci e via D’Amelio? Ma vogliamo scherzare? Ma non c’è neanche da fare paragoni.
Minuscoli epigoni, al cospetto di questi bronzi di Riace, Falcone e Borsellino, partoriti dalla Sicilia quando si che l’antimafia era cosa seria…
Oggi, invece? Ottusi persecutori del fior fiore della politica nostrana. Causidici cultori di teoremi giudiziari che non portano da nessuna parte. Egocentrici megalomani che vorrebbero far scattare le manette ai polsi di fior fior di galantuomini. Gente che indossa la toga con l’obbiettivo recondito di entrare in politica. E se ne stanno ancora lì, a ciurlare nel manico andando a caccia di farfalle. Pur di finire sulle prime pagine dei giornali. Pur di andare in televisione. Pur di riscrivere, negli atti giudiziari, la storia eccelsa di questi settant’anni di repubblica.
Sempre in cerca, dicevamo, di farfalle svolazzanti, come la presunta trattativa Stato-Mafia. Farfalle svolazzanti, come il presunto intreccio fra gli interessi di Cosa Nostra e quelli di potentati economici e finanziari, e lobby politico istituzionali, e servizi segreti deviati o deviatissimi che siano. Sempre in cerca di qualcosa che non si trova. E che non si trova perché non c’è. E che non si troverà mai, visto che viviamo in un Paese che, appena qualche giorno fa, ha continuato a definire “Venerabile” il piduista di tutti grandi misteri italiani mai risolti, passato a miglior vita. Immortale anche lui, a suo modo. Ma al culmine di una serena vecchiaia, il che fa sempre una certa qual differenza.
Riepilogando: qualcuno oggi pretenderebbe che Falcone e Borsellino finissero una buona volta imbalsamati. La pretesa nasce dal fatto che vorrebbero le mani libere per demolire mattone dopo mattone ciò che resta dell’antimafia di ieri e di oggi. Per farlo, si fingono indignati. Alzano la voce. Concionano. Criticano. Si atteggiano a esperti di lungo corso, che ne hanno viste tante, che la sanno lunga sull’argomento, che non si fanno ingannare della “retorica antimafiosa”. Loro dicono, in altre parole: Falcone e Borsellino mettiamoli una buona volta nel museo, e poi dedichiamoci a “quelli di oggi”, ché tanto, per farli a pezzi, non occorrono più le stragi di trent’anni fa.
Ci sono maniere più eleganti, più indolori, più invisibili per aver ragione di quei pubblici ministeri che sono sempre a caccia di farfalle.
Gli anni passano, ma molti non dimenticano. E non dimenticano, a esempio, che i paramafiosi di allora son diventati i crociati di questa antimafia che emana un fetore di veleni che viene da lontano.
No, cari amici dell’altra “sponda”. I nomi di Falcone e di Borsellino e di cento altri come loro ve li sbatteremo sempre in faccia proprio perché sappiamo che quei nomi vi fanno andare il sangue alla testa.
Questo vi impedirà di considerare definitivamente riuscito il vostro cambio di casacca?
Pazienza. Ve ne farete una ragione.

saverio.lodato@virgilio.it