Cop21: il giorno delle belle parole

Conferenza sul clima . I leader mondiali fanno molte promesse, nessuno è scettico. Ma subito emergono le difficoltà, gli interessi economici divergenti. Dodici giorni di negoziati, ma incertezza sul “peso” dell’accordo finale. A Parigi, 9 arresti dopo i 341 fermi di domenica, per le violenze a place de la République

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E’ stata la giornata delle belle parole e delle grandi promesse, per l’apertura della Cop21 al Bourget. Mai tanti leader politici del mondo – 147 capi di stato e di governo, 196 stati rappresentati – hanno parlato con tanta “responsabilità” del futuro, dei “nostri figli e nipoti” chiamati a testimone del rispetto degli impegni, per la “prima generazione – ha detto Obama – che sente gli effetti del riscaldamento climatico e che puo’ fare qualcosa”. Dobbiamo “decidere dell’avvenire della terra”, ha sottolineato François Hollande. “Sfida”, “svolta”, “qui e ora”: queste parole si sono ripetute come un’eco, durante le lunghe ore degli interventi, divisi in due sale diverse. Un filo rosso ha unito molti interventi: l’ottimismo della volontà, la fiducia nelle possibilità tecniche ma anche nell’impegno politico, mentre non c’è stato nessuno a evocare posizioni “scettiche”. “Non è troppo tardi” ha affermato Obama, citando espressamente Martin Luther King. Poi, poco per volta nel corso dei discorsi, sono emerse le differenze, quelle che rappresentano gli ostacoli per arrivare a un grande accordo, voluto dalle organizzazioni ambientaliste. Hollande insiste: l’accordo deve essere universale, differenziato e vincolante”. Anche per Juncker, presidente della Commissione, l’accordo deve essere “vincolante”. Obama attenua, riconosce le “responsabilità” degli Usa nella genesi del disordine climatico, ma mette in avanti soprattutto la “trasparenza” degli impegni, per un clima di “fiducia reciproca”, pensando ai problemi al Congresso per far passare un accordo vincolante. Putin, arrivato in ritardo, dopo il minuto di silenzio per i morti degli attentati di Parigi, si dichiara a favore di un “accordo globale e efficace, ma anche equo”. Xi Jinping parla di “sviluppo durevole, aperto, inclusivo”, di “accordo collettivo”, di “responsabilità comune ma differenziata”. Eguali parole dell’indiano Modi, che ha anch’egli difeso la linea di “responsabilità comuni ma differenziate”. Ognuno ha poi difeso le proprie azioni, in una corsa all’autopromozione, non ultimo Mattei Renzi che ha promosso l’Italia “protagonista della lotta all’egoismo”, della “green economy”.

Il problema centrale sono i finanziamenti per la svolta a favore di uno sviluppo durevole. I paesi del Nord sviluppato sono oggi i maggiori responsabili dell’effetto serra, quelli del Sud in via di sviluppo chiedono quindi di finanziare la transizione, con investimenti, aiuti e trasferimento di tecnologia. Il Sud non vuole rinunciare allo sviluppo. Il Nord non accetta di cambiare modello di sviluppo e spera soprattutto che le nuove tecnologie lo tolgano dall’imbarazzo di una scelta alla Corneille. Hollande ha parlato di “grande opportunità”, pensando alla disoccupazione. L’obiettivo generale dovrebbe essere di rimanere al di sotto di un riscaldamento climatico di 2 gradi, ma il presidente del Niger, Issoufou Mahamadou, ha per esempio ricordato che +2 grandi al Nord, per l’Africa significherà +3,5 gradi in media (e +5 grandi per il suo paese). Il presidente filippino, Benigno Aquino ha ricordato i costi dell’ “ingiustizia climatica”: già 50mila morti nei paesi del G20 dal 2010. Per Evo Morales (Bolivia) “per salvare il clima, bisogna sradicare il capitalismo”.

L’ospite Laurent Fabius ha precisato le tre tappe da superare entro l’11 dicembre, per fare della Cop21 di Parigi un “successo storico”: la mobilitazione dei capi di stato e di governo, che “c’è già”; le decisioni politiche degli stati ma anche delle entità non governative, dalla città alle forze economiche e sindacali, passando per i singoli cittadini. In ultimo, l’accordo che dovrebbe venire firmato l’11. Sul testo, di 55 pagine, per Fabius resta “una cinquantina di punti in discussione”. Le ong parlano di 200 decisioni ancora controverse. Oltre ai finanziamenti Nord-Sud, c’è la questione della natura giuridica dell’accordo, che molto probabilmente sarà “ibrido”, cioè con qualche parte vincolante e il resto lasciato nel vago, dipendente dalla buona volontà dei singoli stati. Inoltre, c’è da stabilire il meccanismo e la scadenza della revisione dei termini dell’impegno, visto che stando ai “contributi nazionali” (183 pervenuti, tra i grandi paesi manca per esempio il Venezuela) il livello di +2 gradi non potrà essere tenuto. Molti incontri, bilaterali e multilaterali, sono in programma. Ieri, “Missione innovazione”, per esempio, ha riunito una ventina di capi di stato e degli imprenditori, da Obama a Gates. Ieri sera, c’è stata una discussione sul prezzo delle emissioni di Co2 (il sistema di scambio sui “diritti a inquinare”). Nel pomeriggio è stata varata l’Alleanza solare internazionale, per la cooperazione Nord-Sud tra 70 paesi. Oggi, Hollande presiede un incontro tra gli africani e i loro potenziali finanziatori. I bilaterali, tra cui una cena Hollande-Obama, hanno avuto al centro la questione del terrorismo e della guerra. Gli attentati di Parigi hanno gettato un’ombra sulla prima giornata della Cop21, “come la nube porta il temporale”, ha detto Hollande, il riscaldamento climatico puo’ essere una delle cause delle violenze terroristiche.

Ban Ki-moon, segretario generale dell’Onu, ha fatto rifermento alle numerose manifestazioni per il clima che hanno avuto luogo nel mondo, raggruppando fino a un milione di persone, “spero che li avete ascoltati”, ha detto ai leader del mondo. A Parigi, ieri sono stati prolungati 9 fermi, sui 341 di domenica, ai margini della manifestazione in place de la République. C’è stata qualche brutta violenza, con la distruzione dell’omaggio ai morti del 13 novembre, sotto la statua (poi ricostruito dal comune). Ma solo 9 fermi hanno avuto a che vedere con queste violenze, gli altri sono stati arrestati per aver partecipato a una manifestazione proibita. Come ha sottolineato la saggista-attivista Naomi Klein, rivolta a Hollande: “nemmeno Bush aveva bandito me marce di protesta dopo l’11 settembre, questa politica non è degna di lei e attizza tensioni”. Prima di finire con qualche scontro, di fronte a un muro di poliziotti, c’era stata domenica una “catena umana” voluta da alcune organizzazioni riunite nella Coalition Climat 21 e Avaaz aveva messo migliaia di scarpe per simboleggiare la mancata Marcia per il clima a causa dello stato d’emergenza.

Fonte:Ilmanifesto