ALBANIA: Mafia, povertà e assenza di diritti. La faccia nascosta del “miracolo albanese”

di Lavdrim Lita

Albania 1
L’Albania non è quella che viene raccontata dai media italiani: non è cool, come raccontata dal settimanale l’Espresso, non è “l’alba di un nuovo giorno”, come dice la Rai. La “rivincita dell’Albania ha un’altra faccia della medaglia. Quando Saviano scrive di “albanesi alla riscossa“, portando avanti la diffusa narrazione del “miracolo albanese”, dimentica (o ignora) l’estrema gravità del quadro politico ed economico.
Quella proposta dai media italiani è un’immagine falsa, perché l’Albania non è solo Tirana e suoi bar chic e i call-center italiani, ma anche altre città ridotte letteralmente alla miseria per mancati investimenti e amministrazioni corrotte. Non esiste il miracolo albanese e chi lo afferma mente sapendo di mentire. Non bastano Barbara d’Urso o Ezio Greggio, freschi di contratto con Agon Channel, a fare il benessere. Come ha detto l’intellettuale Fatos Lubonja, “la politica albanese cerca di manipolare i cittadini attraverso i media internazionali sfruttando le debolezze di persone che per stare meglio hanno bisogno di autocompiacersi”.
Ufficialmente la disoccupazione in Albania è al 18.3%, un giovane su due è disoccupato, ma in realtà è molto più elevata. La crescita economica del 2% del 2014 non è reale. L’Istat albanese ha affermato ultimamente che circa 46.000 persone hanno lasciato il paese nel 2014, e secondo l’Eurostat 16.500 cittadini albanesi hanno richiesto asilo in un paese Ue. L’emigrazione non si è mai fermata. Certo, molti imprenditori italiani hanno deciso di delocalizzare o aprire nuove aziende in Albania, ma a che prezzo? Il primo ministro Edi Rama ha dichiarato: “investite da noi, poche tasse e nessun sindacato”. 
L’Albania ha un sistema produttivo simile a quello italiano, basato essenzialmente sulle piccole e medie imprese. La compatibilità dei due sistemi costituisce pertanto un elemento di attrazione del flusso degli investimenti dall’Italia in un contesto di crescita positiva ed in aumento. Nell’ultimo decennio l’imprenditoria italiana ha conseguito un notevole livello di radicamento nel mercato albanese, detenendo tuttora il primato tra le presenze straniere, con circa 400 piccole e medie imprese attive soprattutto nel manifatturiero, nelle costruzioni e nei servizi, tra cui spiccano gruppi industriali medio-grandi (Italcementi, Coca-Cola Albania, Intesa San Paolo e Conad) che operano prevalentemente lungo la costa adriatica e nella parte occidentale del Paese. Ai vantaggi sugli oneri fiscali (flat-tax al 15 %) si aggiunge un basso costo della mano d’opera che conosce l’italiano.
Lo sfruttamento della manodopera a basso costo con maggiori profitti per gli imprenditori, la mancanza dei sindacati e l’assenza di diritti per i lavoratori sono oggi una triste realtà in Albania. Il premier socialista Edi Rama, in un recente incontro in Italia, si è vantato di non avere sindacati o altre forme di bilanciamento sociale per i diritti dei lavoratori. Migliaia di operai e lavoratori sono oggi senza diritti nel paese perché lavorano in nero e in condizioni precarie. La politica del nuovo governo ha dato poche risposte chiare e risolutive. La povertà crescente, la disoccupazione, la corruzione, l’ingiustizia sociale, il clientelismo, la corruzione non sono state affrontate dal governo ma solamente nascoste tramite un efficace make-up televisivo.
La situazione nel paese è tesa, negli ultimi due anni sono avvenuti 165 attentati dinamitardi (circa uno alla settimana) per mano della criminalità organizzata. Fatti di cui i media italiani non parlano, forse per non turbare l’idilliaca rappresentazione dell’eldorado albanese. La mafia si è persino permessa di fare un attentato al padre del ministro dell’Interno per lanciare un messaggio: nessuno è al sicuro. E nessuno indaga a causa dell’intreccio tra mafia e politica. Ancora oggi, dopo due anni di attentati, la polizia di Stato e il ministero dell’Interno non hanno provveduto alla creazione di un corpo d’élite e alla formazione di agenti capaci di contrastare il fenomeno. Parlare di miracolo albanese in un clima perenne di insicurezza, di attentati, di disoccupazione, di miseria, vuol dire non vivere nella realtà ma in un mondo fantastico utile agli interessi di chi lo propaganda.
Fonte:Eastjournal