Il libraio di famiglia

di Saverio Lodato
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Non sono in condizione di ricordare l’anno, né tantomeno il giorno, in cui conobbi Salvo Cangelosi, fra gli scaffali della prima libreria Feltrinelli di Palermo, in via Maqueda; ma di anni ne sono trascorsi una trentina. Forse lo avevo incontrato anche prima, nelle librerie che costituirono le stazioni intermedie della sua “lunga marcia” di avvicinamento a ciò che oggi è diventato. Non lo so, non lo ricordo più. Sono sicuro di averlo visto sempre in giacca, cravatta e camicia immacolata. Non gli ho mai sentito alzare la voce, l’ho studiato, per curiosità di cronista, nel suo rapporto con i clienti, né furono poche le occasioni in cui, avendo preventivato una sosta in libreria di pochi minuti, mi accorgevo poi che, parlando parlando, se n’era andata almeno un’ora. Gli ho visto prendere appunti, con grafia certosina, per non dimenticare nulla, nonostante la sua memoria proverbiale.
So – d’altra parte – autori e libri la cui lettura gli devo, e gli ho dovuto, nel corso del tempo. Come conservo gelosamente i libri che mi ha donato, autografati e con dedica, forse sapendo che, in caso contrario, non mi sarei mai deciso ad acquistarli. Sono tanti.

In tutto questo, forse, non c’è niente di straordinario. Ma tenendo conto del lungo arco di vita in cui Salvo ha esercitato, continuando per fortuna di noi tutti a esercitarla – e magistralmente -, l’arte del libraio, si va sul sicuro stimando che migliaia di lettori palermitani – il conteggio andrebbe esteso all’intera Sicilia – gli devono qualcosa: un suggerimento garbato, quasi a bassa voce, una scoperta, un autore magari in ombra, un libro apparentemente introvabile, l’edizione più economica di un’altra, un giudizio che apriva una catena infinita di altri orizzonti, una puntigliosa genealogia di uomini e cose, e di quella “cosa” di prim’ordine che è la letteratura. E già qui, al cospetto di tali dimensioni, si comincia ad attingere allo straordinario, non essendo moneta corrente imbattersi, al giorno d’oggi, in un “libraio di famiglia”; che tale è rimasto, Cangelosi, a dispetto di un mondo editoriale dove serialità, massificazione, mercificazione, sembrano fare il verso al Dustin Hoffman de “Il Laureato” quando esclamava: “Plastica, l’avvenire è nella plastica”.
Ecco: se dovessimo riassumere la cifra dell’ autore di “La Città e i Libri. Avventura di un libraio”, appena pubblicato dalle Edizioni Torri del Vento (di Salvo Cangelosi, appunto), diremmo che mentre per Grandi Editori e Grandi Distributori e Grandi Catene di Librerie, il libro, in questi ultimi trent’anni si è fatto “plastica”, lui, al contrario, si ostina a credere che “L’avvenire è nei libri”, che, come è noto, son fatti di “carta”, e non di “plastica”.
Poi, certo, ci sono superbe eccezioni anche nel mondo dell’editoria: penso alle pagine di Roberto Calasso (“L’impronta dell’editore”, Adelphi) quando con un colpo di rasoio demolisce la mitologia degli e-book: “ … Ma c’è anche qualcos’altro di profondamente odioso e retrivo nella forma del libro: la copertina. La copertina è la copertina di quel corpo che è il libro. E questo è un ostacolo grave se si vuole mettere in atto la “partouze” della biblioteca universale: una “partouze” interminabile e inarrestabile fra corpi sprovvisti di pelle. E’ questa forse l’immagine più efficace se si vuole cancellare qualsiasi desiderio erotico. Anzi, se si vuole rendere l’eros repellente”. “Partouze”: orgia: libri senza copertine: donne e uomini senza faccia, insomma. La plastica virtuale, o no?
Tornando al libro di Cangelosi. L’impressione, al termine di una lettura senza mai inciampi, è quella di trovarsi al cospetto di una “voce” possente, che si era modellata in solitudine, per timidezza, ritrosia, pudore, ma che prima o poi doveva farci sentire le sue corde. E le sue ragioni.  E che voce possiamo ascoltare leggendo le pagine del libro che, semmai, ha solo un vero difetto: è stringato, troppo stringato. Ché vorremmo che l’autore, raccontandoci se stesso,  continuasse a svelarci, raccontandola, la storia infinita di questa città misteriosa che è Palermo.
Salvo Cangelosi non è palermitano, è nato a Monreale. Quasi un paradosso toponomastico vivente: perché da oltre trent’anni vive a Palermo e dorme a Monreale, facendo avanti e indietro in autobus (non ha mai preso la patente), fra due “mondi” che per lui sono rimasti inconciliabili. Oggi, forse, lo sono di meno; ma ai suoi esordi di libraio, quando scendendo dalla “Rocca” di Monreale le pecore gli passavano fra le gambe, come lui stesso ricorda, il Sancta Santorum della “Palermo bene”, quella via Sciuti cementificata negli anni di una speculazione edilizia gangsteristico – mafiosa, popolata di professionisti, avvocati, notai, funzionari regionali, bancari, rampolli di famiglie blasonate e decadute, poco di buono, imprenditori e intellettuali con la puzza al naso, gli dava le vertigini, costringendolo – e’ sempre lui a raccontarlo – a improvvise ritirate nel bagno della sua prima libreria, per sottrarsi a un testa a testa con clienti arroganti e supponenti per i quali ancora non si sentiva pronto.
Il libro racconta di questa sfida a mani nude. Sfida a una città dove entrava sia il cliente del quale si favoleggiava avesse “cinquecento appartamenti” sia l’eccentrico lettore dalla buona lettura e dall’eleganza a volte un tantino stravagante; personaggi, gli uni e gli altri, che hanno fatto, ovviamente nel male, ovviamente nel bene, la storia della città di Palermo.
La “libreria” vissuta come una garitta, in cui ancora si sentiva spaesato, pur avendola vissuta sin dal primo giorno di lavoro come una “caserma”, scandita da sveglie antelucane, rapporti “gerarchici” pesantemente codificati, lavori umilissimi, come l’impacchettare e lo spacchettare, e lo spolverare, perché solo Dio sa quanta è la polvere che dai libri è attratta come da una calamita, tener d’occhio le bolle di consegna, e le notti (ma queste spese in casa, a Monreale) a ingurgitare cataloghi in vista dei testa a testa dell’indomani. Ma presto “il milite ignoto” di questa battaglia personalissima e solitaria sarebbe diventato “il libraio di famiglia” che tutti vorremmo avere accanto a noi. Che dire?
Una sfida vinta alla grande. Sfida di vita, innanzitutto; e di lettura (quanti libri avrà letto Cangelosi?); e di scrittura, in ultima istanza. E vien da pensare ai ritratti, usciti dal bulino di un orafo, che ci offre in queste pagine.
Non nomineremo nessuno, perché chi ha anche curiosità “mondane” avrà un motivo in più per leggersi il libro. E viene da pensare, per chi conosce un minimo la città, a tutti i presunti “grandi” – e quanto celebrati dalla retorica cittadina, e in tutti i campi -, che invece, in queste pagine, avrebbero voluto ritrovarsi. E, invece, non ci sono. Ma questa sarebbe un’altra storia. E più pesante da raccontare.

saverio.lodato@virgilio.it