Luciano Bruno: “Giornalisti significa cercare la verità a qualsiasi costo, questo è l'esempio di Pippo Fava”

INTERVISTA



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di Francesca Mondin

Luciano Bruno, giornalista che da anni collabora con I Siciliani giovani e attore teatrale, conosciuto per il suo monologo “Librino”, è stato aggredito lo scorso 10 gennaio a Librino un quartiere in periferia di Catania, mentre scattava delle foto per un inchiesta giornalistica che stava portando avanti. Ora il caso è sotto indagine. In questa intervista Luciano ci racconta stralci della sua storia trasmettendoci i valori e le convinzioni che gli danno la forza per continuare senza mollare o farsi intimidire.

Lei con le sue attività di giornalismo e di teatro porta allo scoperto la realtà degradata di Librino e le condizioni in cui vivono i suoi abitanti. Qual’è la causa di questo degrado e cosa ci vorrebbe per portare qualche cambiamento?

In quel quartiere devono entrare le Istituzioni, ci dobbiamo portare lo Stato. Lo Stato vero, quello che ti permette di vivere e lavorare, del quale puoi avere fiducia, al quale puoi rivolgerti perchè sai che ti risponde, solo in questo modo si può evitare che la gente si rivolga all’amico dell’amico…
Io ormai non abito più fisicamente a Librino ma a mio dire i problemi di quel quartiere si chiamano commissariato, perchè non c’è un commissariato, si chiama scuola, perchè non c’è una scuola superiore, si chiama teatro, perchè, anche se c’è, io come attore non posso fare cultura dato che è inagibile e distrutto. Secondo me gli spazi di socializzazione sono importanti e a Librino mancano.

Ci può raccontare la sua esperienza, come si è avvicinato al giornalismo e alla lotta contro la mafia?

Quando me ne sono dovuto andare da Librino io ho avuto fortuna, perchè ci sono state persone come mio padre, Giuseppe, mio fratello Carlo e come Riccardo Orioles, che mi hanno parlato di un uomo che è stato fatto tacere con 5 colpi di pistola, quest’uomo si chiamava Giuseppe Fava. 
Da lì ho iniziato a informarmi, a leggere, attraverso quello che scrivevano ho potuto conoscere chi era Pippo Fava, cosa aveva fatto in questa città. Così ho iniziato a chiedermi il perchè di certe cose che accadevano, sono sempre stato curioso, d’altra parte se così non fosse non farei il giornalista. Poi ho conosciuto Riccardo Orioles che mi ha incitato ad andare avanti e continuare a cercare, lui mi ha insegnato a scrivere gli articoli, mi ha dato degli spunti su come cercare la notizia, come leggere i fatti. Il 2 febbraio del 2007 a Catania accadde un episodio triste, l’omicidio Raciti. L’indomani a piazza Spedini, a due passi dallo stadio c’era il mercatino della settimana. La cosa mi indignò moltissimo. Lì dove la sera prima era morto un poliziotto c’era il mercatino, normalmente, come se non fosse successo nulla. A quel punto io ed altra gente assieme a Casablanca, il giornale per il quale scrivevo allora, abbiamo organizzato una grandissima manifestazione in quella stessa piazza, eravamo moltissimi, 4000 persone. Questo mi ha fatto capire la forza che può avere la città di Catania quando si unisce.

L’idea di mettere in scena “Librino” e la passione per il teatro come sono nati?
A me è sempre piaciuto raccontare storie e vissuti ed una sera a cena un amico mi disse “sai che potresti fare uno spettacolo teatrale” e io gli risposi “di teatro non so nulla, non l’ho mai fatto”. Da qui è nata l’idea di raccontare la mia storia a teatro. E così, prova dopo prova, il 21 novembre del 2009 Librino era pronta e ha debuttato nella sede dell’associazione Gapa con 200 persone in sala. Non essendo un attore professionista apparire in pubblico per la prima volta con così tanta gente, mi fece tremare le gambe. Librino mi ha fatto conoscere, sono apparso in sette pagine di Repubblica, mi ha fatto vincere un premio internazionale come miglior attore, ci ha permesso l’ammissione al premio speciale Ubu (premio fondato dal critico Franco Quadri, nel 1979, considerato il riconoscimento più importante di teatro in Italia. ndr.) mi ha dato tante cose. 
Parliamoci chiaro, dopo la mia famiglia e le persone a me più care Librino è la cosa più importante della mia vita.



Librino è il suo paese d’infanzia, al quale lei si sente legato, ma è anche il quartiere dove ha subito l’aggressione tre giorni fa…

L’altro giorno a Librino io non ero andato per curiosare ma ero lì per informare, per cercare di fare il mio mestiere. Liberamente come mi è stato insegnato, liberamente come faceva Pippo Fava. Se nel 2014 una persona non può fare foto, informare perchè se lo fa le succede quello che è successo a me, significa che c’è qualcosa che non sta funzionando.

A riguardo ha detto di aver avuto paura e di non aver nessuna intenzione di mollare…

Quale mollare, io il mio lavoro lo devo fare, io non mi fermo, io voglio essere un giornalista, e il giornalista puro, come lo era Pippo Fava, cerca la verità a qualsiasi costo. Quindi io non mi fermo.

Ha dei progetti, sogni per espandere ancora di più le vostre iniziative ed attività?
Il mio sogno sarebbe di rimettere in piedi La Periferica, un giornale mensile che usciva a Librino. La Periferica si è occupata di Villa Fazio,  del Teatro Moncada, si è occupata del caso dell’Ospedale San Marco quando ancora non ne parlava nessuno. Ora siamo un gruppo di ragazzi che, supportato da I Siciliani giovani e da I Cordai, un giornale che esce a San Cristoforo, vorremo riaprire La Periferica.

Lei ha portato le sue rappresentazioni teatrali anche nei carceri minorili. Ci può raccontare com’ è stata l’esperienza di entrare in contatto con ragazzi che hanno vissuto sulla propria pelle l’ambiente criminale?

Per rispondere vorrei citare uno di questi carceri, il carcere minorile di Bicocco (a Catania).  Entrare lì è stata l’esperienza più bella e forse unica della mia vita. Vedere tanta gente che bene o male aveva qualcosa in comune con me mi ha dato forza, e anche se io non sono un attore professionista, quando la gente riceve quello che io voglio trasmettere lo sento nella mia pelle. Quella è stata un’ esperienza che forse non si ripeterà mai più per quanto forte è stata, addirittura quando sono sceso dal palco piangevo e me ne sono dovuto andare perchè non volevo farmi vedere in quello stato… Ho sentito i ragazzi vicini, nel senso che la storia di Librino è la mia storia portata in scena ma è anche la loro, era come se mi dicevano: “Luciano anche noi ci siamo passati, ti capiamo”.



Crede che il teatro possa essere un percorso valido per promuovere la legalità nei ragazzi che vivono in situazioni di degrado e disagio?
Secondo me il teatro fatto bene è proprio un punto cardine nella lotta alla mafia, le parole di un attore possono essere più efficienti di un blitz, di un’ operazione. Io penso che il teatro permette di far riscoprire che c’è una possibilità che ci sono tante altre strade, certo non è sempre tutto semplice, non vedi il risultato subito, non ti fa campare, ma è comunque un punto di partenza. Se fatto bene, con le persone giuste, può essere un’ arma micidiale contro la mafia.
Anche per questo motivo io assieme a I Siciliani giovani e tante altre associazioni vogliamo chiedere al comune di Catania di darci gli spazi per informare e fare cultura, perchè il monologo Librino va portato anche fuori, non solo nelle strade, nelle periferie. Va portato anche nei teatri dove si fa cultura o dove si dovrebbe fare cultura. Quindi chiederemo alle istituzioni se ci possono dare per una sera il Teatro Stabile. Rivolgendomi a  quelle Isitiuzioni che su tutti i giornali mi hanno espresso solidarietà e stima, ora chiedo un segno concreto: avete detto questo, dimostratelo.