L’ideale immortale di Giuseppe Fava

di Lorenzo Baldo – 5 gennaio 2014
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«In verità non c’è in tutta l’Europa un popolo così orgoglioso e infelice, come quello siciliano, che faccia tanto male a se stesso, ma non c’è nemmeno  un popolo che abbia tanta devozione alla sua terra, e che abbia altrettanto coraggio di lottare per l’esistenza, e tanta violenza, tanto amore per la vita. Ecco la sua forza: il desiderio intatto e furioso di vivere. E dentro questo desiderio ci sono tutte le cose  sbagliate della sua anima: l’avidità, l’ignoranza, la corruzione, il delitto, l’onore sanguinoso, le superstizioni… ma c’è anche la sua intelligenza ineguagliabile, il suo senso morale della morte, cioè il suo ideale che la vita sia sempre l’occasione di lottare per qualcosa…». Le parole di Pippo Fava restano impresse nelle pagine del suo libro “Processo alla Sicilia”. E’ come se la sua voce profonda tornasse a riempire il vuoto formatosi dalla sua assenza. Trent’anni. Una vita. Quei cinque colpi sparati a bruciapelo hanno creato una voragine che ha cercato di inghiottire il coraggio, la fierezza, la semplicità e la grandezza di un giornalismo “etico” incarnato da Giuseppe Fava e dai redattori de “I Siciliani”. E sono stati proprio quei ragazzi e quelle ragazze catapultati in quella voragine a risalire coraggiosamente per mantenere fede ad un impegno assunto al momento della fondazione del giornale. Ma in quale Paese si sono ritrovati poi quei giovani? La risposta si materializza oggi osservando le loro facce segnate dagli anni.

Volti che restituiscono rabbia, dolore, sconfitte, disillusione, ma anche tentativi di riscatto in una terra benedetta e maledetta, capace di schiacciarti con violenza attraverso l’oblio. Ed è tracciando un filo immaginario tra il 5 gennaio 1984 e quello del 2014 che si ritrovano le storie di chi ha sacrificato una vita intera nel nome di un giornalismo che “rappresenti la forza essenziale della società”. Storie di uomini e donne capaci di credere in quell’ideale, anche a costo di scontrarsi con i potenti dell’epoca e con i padroni dell’editoria di quegli anni. Di fatto quei padroni hanno saputo attraversare tre decadi anche grazie ad un popolino ignavo e complice. Ecco allora che il monarca dell’informazione siciliana di allora, Mario Ciancio, continua ancora oggi a dettare legge in terra di Sicilia. Attualmente indagato per  turbativa d’asta aggravata dal favoreggiamento alla mafia (con riferimento agli appalti del nuovo ospedale “Garibaldi” di Catania, ndr), Mario Ciancio è un personaggio la cui pericolosità per la libertà di stampa era stata subito individuata dal giornale “I Siciliani”. A contrastare quello strapotere mediatico, sul quale non si è ancora fatta luce abbastanza, ci sono oggi diversi gruppi di giovani (e meno giovani) uniti sotto diverse sigle che, sui blog e sui siti di libera informazione, si ostinano a scrivere e a denunciare. Tra questi spicca la determinazione de “I Siciliani Giovani”. La passione civile di un direttore come Riccardo Orioles, già redattore e compagno di lotta di Pippo Fava a “I Siciliani”, si espande in una redazione che va oltre i confini della Sicilia. Tra i neo redattori di quello che è molto di più di un giornale c’è anche chi all’epoca ha lavorato con lo stesso Fava, chi da anni si batte sul fronte dell’informazione, e chi nell’84 non era ancora nato. Quel filo invisibile tra 1984 e 2014 è lì a saldare le vite di tutti loro, esistenze improntate sull’impegno, sul sacrifico e sulla passione per un giornalismo fatto di quella verità capace di “realizzare giustizia e difendere la libertà”. E a scrivere con la convinzione “che la vita sia sempre l’occasione di lottare per qualcosa” c’è anche Graziella Proto. Con il suo giornale “Casablanca” riporta in vita anni di impegno civile accanto a Pippo Fava, pagati a caro prezzo sulla propria pelle, prima e dopo l’omicidio del direttore de “I Siciliani”. A ognuno di loro va il nostro più profondo ringraziamento per continuare a dare vita all’ideale di Giuseppe Fava. Del tutto immortale. Per il quale vale la pena vivere e lottare.

In foto: Pippo Fava © La storia siamo noi – Rai

Fonte:Antimafiaduemila