Terra bruciata attorno a Messina Denaro: arrestati familiari e fiancheggiatori

di Miriam Cuccu –
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Ancora terra bruciata attorno a Matteo Messina Denaro, il boss di Castelvetrano latitante da vent’anni. Una maxioperazione avvenuta la scorsa notte ha portato all’arresto di trenta persone accusate a vario titolo di associazione mafiosa, estorsione aggravata, intestazione fittizia di beni, favoreggiamento aggravato, compravendita elettorale, corruzione e turbativa d’asta aggravati dalle modalità mafiose. Tra questi, nomi insospettabili facenti parte di una rete di fiancheggiatori grazie alla quale il capomafia investiva nel settore imprenditoriale, gestiva appalti e impianti eolici. Arrestati anche i familiari, che comunicavano gli ordini della primula rossa dentro e fuori dal carcere. Oltre agli arresti sono state sequestrate tre società per un valore complessivo di 50 milioni di euro.

L’operazione, denominata “Eden”, è stata portata a termine grazie ai Carabinieri del Ros, la Dia, Sco e Gico, coordinati dal procuratore aggiunto della Direzione distrettuale antimafia di Palermo, Maria Teresa Principato, e dai sostituti Paolo Guido e Marzia Sabella. Sono migliaia le intercettazioni che hanno permesso di procedere agli arresti, a Trapani ma anche a Palermo.

Nomi insospettabili
Blitz anche in altre zone della Sicilia e persino a Milano, dove è stata arrestata Antonella Montagnini, vigilessa in servizio a Paderno Dugnano, comune del milanese, la quale aveva occasionali contatti con Nicolò Polizzi, ex cognato nonché uomo d’onore di Campobello di Mazara, ritenuto uno dei principali referenti dei flussi di comunicazione verso la provincia di Palermo.
Arrestato, per voto di scambio, Aldo Roberto Licata, che grazie all’aiuto di Polizzi avrebbe procurato un pacchetto di voti alla sorella Doriana, candidata (ma non eletta) alle elezioni Regionali del 2012 nella lista del Movimento per l’Autonomia fondato da Raffaele Lombardo, l’ex Governatore della Sicilia accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e voto di scambio.

La sorella del capo
Uno dopo l’altro, sono stati arrestati i familiari di Messina Denaro: la sorella Patrizia, il nipote Francesco Guttadauro (figlio del boss Filippo Guttadauro e di Rosalia Messina Denaro), i cugini Mario Messina Denaro, Lorenzo Cimarosa e Giovanni Filardo. Sarebbe proprio la sorella del boss ad aver preso le redini del comando, trasmettendo gli ordini del fratello latitante, facendo valere il proprio cognome per attività estorsive, in particolare di 70mila euro appartenenti agli eredi di un’anziana nobildonna: “Io qua sono, mi chiamo Messina Denaro e a me non mi rompe niente nessuno” diceva, e ancora: “Ora voi uscite i soldi, perché a me i soldi mi servono”. Era lei, fino a ieri, a gestire i guadagni del clan e a suddividerli, oltre a fare da anello di congiunzione tra il boss e l’entourage mafiosa trapanese, tra cui il marito Vincenzo Canicola, già condannato in primo grado a dieci anni al 41bis nell’ambito del processo Golem II.
“Non toccatelo, perché se parla può fare danno” ordinava Messina Denaro alla sorella, riferendosi all’imprenditore Giuseppe Grigoli – imprenditore legato al boss a cui è stata confiscata la catena di supermercati Despar – che, secondo una voce, avrebbe vuotato il sacco con i carabinieri. E Patrizia, ubbidiente, riferiva al marito in carcere. Poi il pericolo è scemato.

Gli affari del mandamento
La Messina Denaro S.p.a. era riuscita a controllare anche l’edificazione di un Mc Donald’s a Castelvetrano (senza che la direzione della famosa catena di fast food ne fosse a conoscenza) tramite la Mg Costruzioni, diretta da Lorenzo Cimarosa e Giovanni Lo Sciuto, e la B.F. Costruzioni di Giovanni Filardo, cugino del boss di Castelvetrano. Secondo le indagini le due società hanno gestito, per conto dell’organizzazione mafiosa, i lavori nell’area di Castelvetrano del “Polo Tecnologico” di contrada Airone, le piazzole e le sottostazioni elettriche del parco eolico “Ventodivino” nel comune di Mazara Del Vallo. Alcune intercettazioni proverebbero il ruolo svolto da Francesco Guttadauro nella spartizione dei guadagni riconducibili alle attività di Cimarosa e Lo Sciuto. Garanti degli affari di Filardo, invece, sarebbero Giuseppe Marino e Salvatore Torcivia, ingegneri del Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria, arrestati a Palermo sempre nel corso dell’operazione in quanto avrebbero favorito una società in odore di mafia, la “Spe.fra”, per la manutenzione e la ristrutturazione del carcere Ucciardone di Palermo.
Fra i trenta arrestati figurano anche sei donne, oltre alla sorella del capomafia, che svolgevano diverse mansioni per conto della cosca. Alcune di queste prendevano il posto dei genitori nelle imprese legate alla mafia di loro proprietà. È il caso, ad esempio, della moglie di Filardo, Maria Barresi, e delle figlie Floriana e Valentina. Dalle indagini è emerso come Filardo, al tempo detenuto, trasmetteva ai suoi familiari le direttive sulle attività imprenditoriali riguardanti, nel territorio di Castelvetrano e della provincia trapanese, parchi eolici, capannoni e punti di ristorazione, oltre alla gestione di imprese edili (con particolare riferimento alle assunzioni, ai licenziamenti, ai pagamenti e alle riscossioni).

Le indagini lo confermano: il boss è a casa sua
Alla luce delle ultime indagini è evidente che Messina Denaro “non si allontana spesso dalla Sicilia” è il procuratore aggiunto Teresa Principato a dichiararlo a seguito dell’operazione, precisando poi che la sorella Patrizia “è in grado di coprire il ruolo tradizionalmente svolto dal maschio” nella gestione del mandamento, tuttavia non basta per affermare che eserciti un ruolo predominante all’interno dell’organizzazione mafiosa. Inoltre “questo non significa che non ci siano altri uomini in grado di prendere il posto di Matteo Messina Denaro” ha concluso.
Grazie alle indagini è stato possibile documentare le attività illecite, oltre ad accertare la copertura dei ruoli di vertice all’interno del mandamento, che nonostante i recenti arresti e sequestri patrimoniali continua a mantenere un controllo capillare del territorio, ricorrendo sistematicamente all’intimidazione per infiltrarsi nei tessuti dell’economia legale. Controllo sempre nelle mani di Messina Denaro, che si concretizza nella risoluzione delle controversie e nella gestione degli interessi economici del sodalizio criminale. “Questa indagine è un decisivo passo avanti verso il latitante” ha dichiarato con convinzione la Principato. Il cerchio attorno alla primula rossa di Castelvetrano sembra stringersi sempre di più.

Fonte:antimafiaduemila