Papa Francesco contro la Chiesa sprecona

Mi chiedo quante, fra le tonache dei giorni nostri, assurgeranno agli onori degli altari. Fra le sottane rosse di seta frusciante, rosse di sangue innocente, rosse di vergogna, rosse di colpe infernali, non ne vedo tante a farmi da esempio. A me, misero credente determinato a parlare con Dio senza intermediari ingioiellati come Vergini in processione.  Al contrario di quelle timide Madonne dorate dal popolo riconoscente, questi portatrine di spagnoleggiante tradizione sono ben consci del potere del metallo di cui si adornano. E non ci rinunciano.

Non ci rinunciano ancora. E non rinunciano al potere di riscrivere la storia. O, almeno, alla convinzione di poterlo fare che, tignosamente, ancora si autoriconoscono.

Documenti che spariscono, si disintegrano, si smaterializzano. Testimoni che perdono la parola, la credibilità o, addirittura, la vita. Processi che si prolungano tanto da diventare inutili. Accuse che vengono vergognosamente ritrattate per salvarsi l’anima, ma non la coscienza. O, forse, per ricolorare le ingrigite pagine di un conto in banca.

Papi che lasciano. Papi che arrivano, predicano, tirano le orecchie, esiliano, ma non denunciano.

Abbiamo mai visto un Papa arrivare ad un commissariato per denunciare un prete pedofilo? Un vescovo mafioso? Un cardinale corruttore e corrotto?Abbiamo, questo, sì, ascoltato, rapiti, delle belle omelie. Anche delle pepate omelie. Anche delle ammiccanti omelie. Lette o incise nell’aria, con voce stentorea o melensa, dalla bocca venerabile del Vescovo Bianco. Omelie speculari al pensiero del singolo credente. Discorsoni sulla povertà della Fede, sull’importanza dell’umiltà, del servizio, della carità.

Sticazzi!

Anche nelle giornate del vento più forte, le anime dannate di certa marmaglia in tonaca, seduta comodamente in tribuna d’onore sulla piazza simbolo dell’unione dei buoni credenti, non volavano via, zavorrate com’erano e sono da pesantissime gemme incastonate e da invisibili, ma corposi, estratti conto a tanti zeri al posto giusto. Per loro.

Stop! Fermo subito i ma e i però. Prima che qualcuno possa scagliarsi contro l’apostata.Credo! Fermamente, credo. E mi onoro del mio battesimo, della conferma con l’olio santo e della partecipazione al pane comune. E proprio per questo scelgo la spada di fuoco di San Michele Arcangelo e non la testa china della fede servile, che non serve né a Dio, né a me, né al mio Prossimo.

Voglio una Chiesa seria. Che non cerchi di giustificare la miseria di colpe di ogni genere.Voglio un confessore che non deve riconoscersi nei miei peccati. Voglio un vescovo che non rivesta di preziosi piviali anche la balaustrata del suo gigantesco inginocchiatoio. Voglio un cardinale che non assolva arbitrariamente un porco pedofilo anche dal reato, oltre che dal peccato. Voglio un papa che mi faccia vedere l’orma dei calci in culo sulle sottane dei suoi sacerdoti. A prescindere dal gradino sul quale si siano attestati.

Non mi accontento dei buffetti mattutini che Papa Bergoglio assesta sulle guance pienotte di una Chiesa che non aspetta altro che questo rompimaroni italoargentino tiri le cuoia. Non è così che la farà diventare santa. La deve bombardare dall’interno, piazzando le cariche dove realmente vanno piazzate. Deve avere il coraggio di salire in macchina e arrivare, inatteso, nella Chiesa di provincia. Dove le offerte destinate ai poveri si trasformano in agi ingiustificati del clero. Dove le monache si tirano le sopracciglia con la pinzetta e i preti si regalano la pulizia del viso. Dove la vescovaglia becera “accetta l’offerta del popolo di Dio” ad ogni uscita dal portone della curia. Dove le famiglie dei consacrati, anche laici, non conoscono le offese della crisi. Dove tutto il malvivere viene orchestrato così bene, da sembrare liturgia e Mysterium Fidei. Dove una vasca da bagno può costare 15mila euro, ma anche un’automobile può essere più lussuosa del necessario. Dove decine di stanze di conventi semiabbandonati restano cocciutamente vuote, mentre intere famiglie sono costrette a vivere in macchina. Dove ai santi di gesso in processione vengono offerte migliaia di euro che, poi, vengono spese per una notte di fuochi d’artificio. Sempre più fantasmagorici e dispendiosi. Dove se non si esibisce il cantante più caro, lo sponsor non assicura l’assegno corposo per la festa del patrono. E il prete lo accontenta. Mentre il popolo di Dio si suicida per disperazione e il parroco lo lava con l’acqua manco benedetta per la noia di farlo.

Non mi accontento, no. Perché è la stessa Chiesa che mi impone di arrivare vergine al matrimonio. Di non separarmi, se non amo più, per non rischiare l’allontanamento dai sacramenti. Di non regalarmi carnalmente al mio amato, se non per procreare. Di dimenticare di essere omosessuale, o ricordarlo solo per sentirmi una merda umana e, dunque, uno sbaglio della Creazione di Dio (Che, dunque, sbaglia. Almeno secondo i Farisei di Santamadrechiesa). Tutta una treccia di cazzate di cui Dio non si occupa, né preoccupa. A Lui, Essenza Pura e Immateriale, dei fatti del cuore e del culo non gliene frega proprio nulla. Ama di più la Bontà e la Verità. Me lo dice spesso. A me che Gli parlo con Verità, alla ricerca della Bontà.

Mi piace parlare con Dio Padre. E’ un amico col quale ho litigato spesso e altrettanto spesso ci ho fatto pace. Non si offende mai. Aspetta che mi sia passata l’ondata d’ira e, poi, mi parla. Senza dire.

Allo stesso modo, mi piacerebbe partecipare ad una Chiesa (Ecclesia, in greco, significa Assemblea) cosciente della Vera Divinità e, dunque, scevra di menzogna umana. Ma so già che mi dovrò accontentare di addormentarmi con la corona del Rosario fra le mani. Nel silenzio della notte della mia camera.

… Fra me e me… Mentre Dio continua a parlare.

fonte: ilgiornale.it