L'ombra delle mafie sul traffico di vite umane

di Aaron Pettinari e Savino Percoco – 18 ottobre 2013
trattaesseriumani

Un sogno trasformato in un incubo, reso drammatico a un passo dalla felicità, trovando la morte fuggendo dalla disperazione. Li chiamano “clandestini”, sono esseri umani costretti a svendere i loro risparmi per scappare da fame e guerra.
Le recenti tragedie di Lampedusa, che hanno provocato la morte di oltre 300 persone, sono solo le ultime di una lunga serie di episodi “fotocopia”, verificatesi nel Mediterraneo, e rilanciano il sospetto che dietro a questi traffici di vite umane vi possa essere l’ombra oscura della mafia.
La Procura di Palermo ha aperto un’indagine per il reato di tratta degli immigrati, alla ricerca degli organizzatori del viaggio e dei basisti, con l’ipotesi che potrebbero essere legati alla criminalità organizzata siciliana per un giro d’affari di quasi un milione di euro a sbarco.
Ad occuparsene è il procuratore aggiunto Maurizio Scalia, coordinatore per le indagini antimafia nella provincia di Agrigento, che assieme ai sostituti procuratori Rita Fulantelli e Geri Ferrara ha già effettuato un vertice con i colleghi della Procura agrigentina che già si occupano del reato di immigrazione clandestina e della posizione di uno degli scafisti. In particolare al vaglio degli inquirenti vi sono le testimonianze dei superstiti.

Dall’ inchiesta emerge la presenza di un centro di raccolta a Tripoli, gestito da tale Ermyas, ritenuto figura cardine per ricevere il “lascia passare” dei viaggi a costi che si aggirano tra 1000/2000 euro a persona. In base alle ricostruzioni effettuate sembrerebbe che i migranti siano stati ospitati fino alla partenza, in un grande capannone, dal quale sono stati poi condotti ai porti, nascosti in cassoni di camion, fino a raggiungere una nave, ancorata a largo.
Dieci giorni fa, su ordinanza del procuratore di Agrigento Renato Di Natale, dell’aggiunto Ignazio Fonzo e del pm Minardi, è finito in manette, all’interno del Centro di accoglienza di Lampedusa, il ‘Capitano’ Khaled Ben Salem. Tunisino di Sfax è lui ad essere ritenuto come l’uomo che era al comando del peschereccio affondato davanti alla costa dell’isola e l’accusa nei suoi confronti è di omicidio plurimo, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e naufragio.
Ma i casi di traffico di vite umane non finiscono certo qui. Lo scorso 12 settembre, per merito delle indagini condotte dallo Sco della polizia di Stato per conto delle procure di Catania e Siracusa, con l’ausilio di intercettazioni utili all’individuazione delle centrali di sfruttamento, è stata catturata una delle “navi madre”. Ed i particolari del caso sono stati raccontati da L’Espresso, in un recente scoop.  Un testimone ha raccontato come è riuscito a varcare il confine siriano grazie a scarsi controlli, ed il pagamento di 1000 dollari. Un viaggio iniziato in Siria, passando per Alessandria d’Egitto, quindi l’attraversamento del mare a bordo di un peschereccio fino a Siracusa.
Un’indagine quella delle Procure di Catania e Siracusa che ha fatto emergere l’assistenza da parte dell’organizzazione criminale fino all’Europa, attraverso scelti referenti che consegnano biglietti del treno o accompagnamenti in auto ai “migranti”, fornendo loro anche documenti di identità falsi, stampati presso una tipografia clandestina napoletana con costi per il “full inclusive” che possono raggiungere i 15000 dollari.
Ancor più recente è stata poi l’operazione “Never More”, compiuta dalle unità aeronavali delle Fiamme Gialle, in collaborazione con i finanzieri del Comando Regionale Calabria e del Comando Operativo Aeronavale di Pomezia, sotto la direzione della Procura Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, rappresentata dal Procuratore Cafiero De Raho, l‘aggiunto Gratteri ed i sostituti Frustaci e Sirleo.
Un intervento che ha permesso di salvare la vita a 226 profughi siriani, ma soprattutto di intercettare e fermare l’equipaggio della nave madre, che poco prima aveva abbandonato i rifugiati su un barcone alla deriva.
“Siamo riusciti ad evitare una nuova sicura tragedia”, ha detto de Raho, sottolineando come l’imbarcazione più piccola su cui scafisti senza scrupoli avevano fatto trasbordare i profughi, avesse già iniziato ad imbarcare acqua, mentre la nave madre si allontanava. “Un crimine contro l’umanità e un atto di pirateria orrendo” secondo il procuratore capo, il quale – per permettere agli uomini della Finanza di intervenire in acque internazionali contro i trafficanti di uomini – ha dovuto trovare un varco nella confusa legislazione che disciplina gli interventi in mare.
Infatti gli scafisti, per evitare le acque territoriali italiane, dove in passato sono stati bloccati e arrestati, spesso si fermano a centinaia di miglia dalla costa, in acque internazionali. Lì i trafficanti di uomini obbligano i migranti a trasbordare su un’imbarcazione che viaggia a rimorchio. Si tratta il più delle volte di barche a vela o pescherecci, mezzi che spesso non sono neanche in grado di arrivare alla costa. E il più delle volte queste “carrette” vengono affidate ad uno dei passeggeri, approssimativamente istruito prima della partenza, che  in cambio di uno sconto sul prezzo della traversata accetta di condurre la barca fino alle coste italiane. E ancora De Raho ha lanciato un appello: “La comunità internazionale si deve fare carico di una legislazione più agile che permetta all’autorità giudiziaria di intervenire anche in tema di migrazione a prescindere dalla territorialità, come in caso di narcotraffico o altri gravi reati. Siamo di fronte a un crimine contro l’umanità perpetrato da persone prive di scrupolo che sfruttano la disperazione della gente che cerca una vita migliore”.
E se è vero che l’Europa deve fare la sua parte sul piano politico, legislativo e sociale, altrettanto deve fare il governo italiano, possibilmente senza inciampare in scelte paradossali. Basti pensare che nei giorni scorsi sono stati sì previsti 210 milioni di euro per affrontare l’emergenza a Lampedusa, ma di questi 50 provengono dalla riduzione del “Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell’usura”. Una decisione scandalosa che può scatenare una “guerra tra vittime” che sarebbe meglio evitare per il bene di tutti.

Fonte:Antimafiaduemila