Riforme costituzionali: se a scriverle sono gli amici dei ladri

Enrico Letta e Giorgio Napolitano

Visto che la storia spesso si ripete in farsa, l’ultimo capitolo della ridicola tragedia italiana ruota di nuovo intorno alle riforme e alla giustizia. Esattamente come era accaduto nel 1997, con la commissione Bicamerale di dalemiana memoria, tra i nuovi padri ricostituenti in quota Pdl prende corpo l’idea di riscrivere pure il titolo IV della Costituzione: quello che stabilisce poteri, diritti e doveri della magistratura.

Del resto si sa come vanno queste cose: nelle Camere si parla sempre di fondare una nuova Repubblica, ma tutti quelli che hanno indagini o processi in corso, pensano soprattutto alle Procure della Repubblica.

Sedici anni fa però Oscar Luigi Scalfaro – il Vecchio presidente – almeno ci aveva provato a dire di no. “La Bicamerale non perda tempo con la giustizia, ma si occupi delle riforme di sua competenza” aveva tuonato il Capo dello Stato restando, di lì a poco, assolutamente inascoltato. Oggi invece, nella maggioranza delle larghe intese a dire di no è solo, il Pd. Mentre Giorgio Napolitano, il nuovo Eterno Presidente, per il momento tace.

Male, perché gli avvenimenti di queste settimane non fanno presagire niente di buono. All’indomani dell’ultima condanna a sette anni, Silvio Berlusconi è stato ricevuto al Colle senza apparenti imbarazzi. La sua storia – tra bonifici a Craxi, mazzette versate dal suo avvocato ai giudici, tangenti allungate dai suoi collaboratori alla Guardia di Finanza, più il noto contorno di minorenni, presunte frodi fiscali e concussioni – fa di lui un personaggio in cui nei paesi normali non si discute nemmeno su come riscrivere il codice della strada. Qui, invece, il Cavaliere può parlare di governo, riforme e futuro del Paese. E lo fa dopo che in aprile i dieci supposti saggi scelti da Napolitano per redigere una sorta di programma condiviso tra Pd e Pdl, si sono a lungo occupati di giudici e leggi penali.

Allora il supposto saggio e futuro ministro per le Riforme, Gaetano Quagliariello, era apparso molto soddisfatto.“Il capitolo nel quale più significativa è risultata la piena legittimazione di importanti posizioni fin qui oggetto di pregiudizio è quello della giustizia”, aveva detto prima di elencare i provvedimenti, molti dei quali ideati di natura costituzionale, per depotenziare le intercettazioni telefoniche, abbreviare i tempi d’indagine, mettere una mordacchia alla stampa, intimorire i magistrati (c’era la creazione di una sorta di Csm di secondo grado i cui membri sono nominati un terzo dal parlamento e un terzo dal Capo dello Stato), abolire in caso di assoluzione l’appello.

Oggi invece Quagliariello getta acqua sul fuoco. Per lui dietro l’emendamento Pdl, firmato tra gli altri da un imputato per mafia, uno per peculato e uno per abuso d’ufficio, c’è una semplice iniziativa tecnica. “Vi è l’esigenza condivisa che eventuali correlazioni derivanti dalle riforme istituzionali che dovessero cadere al di fuori delle materie indicate nel disegno di legge attualmente in esame possano essere affrontate dal Parlamento”, dice senza specificare chi condivida l’esigenza. I cittadini? I ladri? Gli amici dei ladri? Il resto del governo?

Letta junior e Napolitano se ci siete (e non ci fate) per favore, battete un colpo.

Fonte:Ilfatto