Trattativa: il Gip distrugge le intercettazioni, violentata la legge

di Giorgio Bongiovanni – 8 febbraio 2013

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Il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Palermo Riccardo Ricciardi ha disposto oggi la distruzione delle intercettazioni tra il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino, registrate dalla procura di Palermo durante le indagini sulla trattativa tra Stato e mafia. Il provvedimento è stato depositato quest’oggi, ma la distruzione non avverrà prima di lunedì. Della materiale distruzione dei file audio si occuperà un tecnico della società Rcs che gestisce i server dell’ufficio inquirente del capoluogo siciliano e le operazioni avverranno nella “sala ascolto” che si trova in una struttura apposita del carcere Ucciardone dove sono presenti i server. Sulla questione si era espressa lo scorso gennaio la Corte costituzionale.

La Consulta aveva accolto la richiesta del Quirinale dopo il conflitto d’attribuzione sollevato l’estate scorsa dal capo dello Stato contro la procura di Palermo. Quello che è accaduto oggi è un fatto senza precedenti che ha avuto luogo basandosi su un atto incostituzionale ed illegale, applicata dalla Corte Costituzionale che ha deciso di utilizzare l’art 271 del c.c.p, nonostante non vi sia alcun riferimento alle conversazioni di un Capo dello Stato intercettato casualmente al telefono con un cittadino indagato. La Corte, con la sua azione, e il giudice Ricciardi, che ha accolto l’interpretazione della Consulta, hanno infatti deciso che i nastri potessero essere distrutti senza passare prima dall’udienza camerale prevista per legge. Si è così violato un diritto degli avvocati dei dodici imputati al processo sulla trattativa Stato-mafia, che in quelle telefonate avrebbero potuto riscontrare elementi validi per la loro difesa (la Procura aveva già stabilito che si trattava di colloqui penalmente irrilevanti ndr). Secondo quanto riportato nel decreto del giudice, “all’esito dell’ascolto delle quattro conversazioni si è evidenziata l’assenza nel loro contenuto di qualsiasi riferimento ad interessi relativi a principi costituzionali supremi (tutela della vita e della libertà personale, salvaguardia dell’integrità costituzionale delle istituzioni della Repubblica) che in qualche modo possano essere irrimediabilmente pregiudicati dalla distruzione delle registrazioni”. Dunque “occorre procedere alla distruzione delle registrazioni delle telefonate, di cui è vietata qualsiasi utilizzazione a fini probatori, secondo il principio fissato dall’art. 271, 3/o comma, del codice di procedura penale secondo la procedura fissata dalla corte costituzionale”. La distruzione dei files originali contenenti le conversazioni “verrà effettuata attraverso la loro cancellazione definitiva mediante l’ausilio di un perito informatico”, mentre quella delle copie allegate dalla procura nell’istanza di distruzione “verrà compiuta nella segreteria del giudice mediante la rottura di ogni singolo cd audio che li contiene”. Il giudice Ricciardi, così, anziché sollevare eccezione di costituzionalità al fine di salvaguardare anche il diritto di difesa di altri imputati, ha preferito seppellire definitivamente ogni dubbio, distruggendo le intercettazioni. Un grave atto contro la legge stessa che doveva essere applicata basandosi non sulla richiesta della Consulta ma semplicemente sul codice di procedura penale. Nei giorni scorsi i legali di Massimo Cancimino -imputato per la trattativa – hanno chiesto di ascoltare le intercettazioni, ritenendo che ci potessero essere elementi utili per il loro assistito. Ma siccome il gip non ha accolto la richiesta ci sarà il ricorso in Cassazione. Un ricorso legittimo che rischia però di essere inutile in quanto, anche venisse accolto dalla Suprema Corte, le intercettazioni saranno ormai perse definitivamente per quella che rappresenta un’altra pietra tombale messa sopra al sarcofago della verità.

Fonte:Antimafiaduemila