Il giorno del risveglio, noi continuiamo la nostra traversata

di Saverio Lodato – 26 febbraio 2013

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All’indomani del governo dei tecnici guidati da Monti, molti si aspettavano che il voto ci avrebbe restituito il primato della politica. E un paese più sereno. Non è andata così. Oggi, per loro, è il giorno di un risveglio, improvviso e amaro, che dovrebbe imporre autocritiche impietose. Ma si fa facile previsione nel dire che queste autocritiche non ci saranno per niente.

L’Italia appare spaccata in tre parti e in una particella, a non considerare il gran numero di elettori che, non essendo andati a votare, formano, da soli, l’ altro consistente spicchio di quest’Italia sempre più lacerata e ingestibile. Esaminiamo da vicino queste macerie.

Grillo ha sfondato il muro del suono, se così si può dire, con una carica dirompente talmente forte da diventare il primo partito (movimento?) italiano. Si doveva essere sondaggisti provetti (mestiere che sta a cavallo fra gli apprendisti stregoni e i cantastorie a parcella) per non capire che le piazze d’Italia stavano annunciando ciò che ogni italiano di buon senso andava vedendo e capendo dal televisore di casa sua. Esattamente come accade nelle calamità naturali (il riferimento, ovviamente, non é a Grillo), puntualmente precedute dai rassicuranti comunicati degli esperti (“pioverà, ma non sarà una pioggia di particolare intensità”…). Ora i sondaggisti ci spiegano che loro sì, riescono a prevedere i fenomeni, ma non la portata dei fenomeni stessi. Pazienza.

Ma come si fa a non vedere? Grillo parla alla testa e alla pancia degli italiani per il semplice motivo che i partiti della seconda repubblica hanno smesso da tempo di guardare fuori dalle loro suite assediate (che difendono con le unghie) e di conseguenza, agli italiani, non hanno più nulla da dire. Definire gli italiani che votano Grillo – come è accaduto almeno da un anno a questa parte, e con altissime e autorevolissime benedizioni – pericolosi aderenti a una terrifica setta dell’Antipolitica, non è meno disonesto che grottesco. Eppure molti giornali e molti editorialisti su questa falsificazione interessata hanno marciato e, ove possibile, continuano a marciare.

Ma si ammetterà che prendersela eternamente con lo specchio che ci fa apparire deformi (perché forse lo siamo) non è idea particolarmente brillante. E mentre Grillo continua la sua inarrestabile cavalcata nelle praterie lasciate ottusamente incustodite dai “professionisti della politica”, il Paese, più di prima e peggio di prima, resta con il fiato sospeso: l’Europa, le cancellerie internazionali, i mercati, le borse, lo spread… tutto da rifare , pover’uomo, verrebbe da dire …

Berlusconi, invece, e da par suo, parla alla pancia e alla testa, ma anche alla tasca, di un’altra consistente parte degli italiani. Suona musica per le loro orecchie: evasione, condoni tombali, chimeriche restituzione di tasse già pagate, un pizzico di erotismo da caserma, e, nell’eterno siparietto da commedia all’italiana fra guardie e ladri, un occhio di riguardo per i ladri, sotto forma di una gragnuola di insulti alla magistratura, non guasta mai. Berlusconi ottiene un successo straordinario: decidendo di suonare in prima persona (per l’ennesima volta) il corno della caccia (al magistrato e al comunista), dicendo al povero Alfano di farsi più in là, ricompatta la sua armata: oltre ogni ragionevole dubbio elettorale, verrebbe da dire. Tiene in ostaggio il Senato. E ciò gli basta per neutralizzare gli avversari e godersi ancora una volta lo spettacolo di un’Italia interdetta nella via del cambiamento. Bastava guardare la bronzea maschera della Santanchè per capire – in queste ore- l’antifona in casa Pdl.

Poi, c’e’ Monti. Spesso ha ripetuto, durante lacampagna elettorale, che lui – da anni in tutt’altre faccende affaccendato- una volta salito in politica, stava però imparando molto in fretta. Anche troppo, forse. Bisognava, infatti, tornare alla Prima Repubblica democristiana, o a certi congressi del Pcus, per trovare la giusta galleriadi ritratti in cui inserire viso, sguardo, parole e maschera del professore, quando l’altra sera spiegava agli italiani “l’ottima” performance elettorale delle sue liste. Personaggio da fare invidia al vecchio Le Carrè, questo Professore in loden che sembra sempre venire dal freddo, sia quando sale in economia, sia quando sale in politica, e che, se non ci fosse stato, bisognava inventarlo giusto perché agli italiani, in quanto a gallerie di maschere politiche, non mancasse niente.

Poi, direte, c’è il centro sinistra. Già, c’è il centro sinistra. Che dire?

Gli analisti elettorali sembrano concordi: il travaso di sangue verso il movimento di Grillo viene in maggior parte da lì. E questa emorragia è avvenuta durante la stessa campagna elettorale. Se è lecito, possiamo chiedere a Bersani e Vendola se magari i loro siparietti altalenanti, circa la necessità di allearsi con Monti un minuto dopo l’apertura delle urne, forse che sì, forse che no, non hanno contribuito a nauseare ancora di più una parte del proprio elettorato (già di per sé recalcitrante, dopo anni e anni di delusioni e sconfitte e vittorie mancate e leggi sul conflitto di interesse mai presentate) ricacciandolo nelle fauci dell’orco Grillo? O il ripetere a destra e a manca inviti alle desistenze, quasi ci fosse il timor panico di poter farcela da soli? E se le cause non fossero queste, qualcuno ne saprebbe indicare di più fondanti, a spiegazione del rapidissimo esaurirsi del vento caldo delle primarie? O dell’impressionante divario (e qui si aprirebbe altro, e lungo discorso) fra centro sinistra e centro destra nelle regioni più popolose del Paese?

Carlo Freccero ha detto una verità quasi disarmante: la sinistra non riesce a fare la sinistra, la sinistra non riesce più a dire cose di sinistra al suo elettorato. Aggiungiamo questo piccolo corollario: che quando l’opposizione non riesce a parlare il linguaggio della sinistra, perde inesorabilmente voti a sinistra, ma li perde altrettanto inesorabilmente a destra, perché – come è noto- l’originale è sempre preferibile alla fotocopia.

Vaso di coccio fra simili vasi di ferro, stava la lista di Rivoluzione Civile. Tutta giocata sulla scommessa azzardata di riuscire a tenere aperto uno spiraglio in Parlamento che facesse da sponda di sinistra a una opposizione che tutti davano come favorita. Per ragioni sulle quali torneremo, questa lista è stata vista come fumo negli occhi sia dal sistema dei partiti, sia dal sistema dell’informazione, nella loro quasi totalità. Un gioco ottuso, ma talmente scoperto da spingere un brillante commentatore politico di una grande quotidiano nazionale, alla vigilia del giorno in cui si andava a votare, e a sondaggi tacitati per legge, ad esibirsi in una filippica che preconizzava il mancato raggiungimento del quorum da parte di Rivoluzione Civile. Filippica con tanto di interviste sulla “sconfitta annunciata”…

La profezia del commentatore si è rivelata esatta. L’avesse anche azzeccata nelle parti relative alla paralisi al Senato, alla mancata smacchiatura del giaguaro, all’apoteosi di Grillo, alla coriacea tenuta di Berlusconi, al ridursi a un soffio di vento delle liste ispirate dal professore che viene dal freddo, oggi, questo commentatore, potrebbe ambire al Pulitzer. Sarà per la prossima volta.

Ma così è l’Italia. E proprio per questo in molti si augurano che Rivoluzione Civile intraprenda una lunga traversata nel deserto. Se risulta talmente indigesta, ci sarà un perché …

Tratto da:
rivoluzionecivile.it                                                                  saverio.lodato@virgilio.it