Perché non solo "Università" ma "Scuola"

di Roberto Renzetti

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Sabato 31 marzo 2012, presso l’Aula I della Facoltà di Lettere dell’Università di Roma “La Sapienza”, si è svolta un’assemblea nazionale sui problemi dell’istruzione superiore e più in generale della formazione: gli Stati generali dell’Università, come è stata definita l’iniziativa, partita da un appello lanciato da Piero Bevilacqua e Angelo d’Orsi. L’assemblea è stata molto partecipata con diversi interventi in programma. Vi presentiamo la relazione che Roberto Renzetti aveva preparato per l’assemblea e che, per vari motivi, non ha potuto esporre.

Voglio provare a dire perché il considerare l’Università come un qualcosa di diverso dal resto della società ed in particolare dall’insieme della scuola, non solo è errato ma, e questo è il peggio che possa capitare, porta alla sconfitta di tutti, quantomeno di tutta la scuola.

Intanto occorre tenere ben presente che le riforme dell’Università non sono le sole riforme che hanno riguardato la scuola: dovunque vi sono stati interventi e tutti dello stesso segno. I riformatori, che sono anche i riformisti, non sono tout court degli incapaci ma perseguono degli obiettivi ormai individuati e ben precisi. Vari interventi hanno sostenuto che l’Università si è mossa in ritardo saltando vari appuntamenti “contro”. Questo ritardo ha impedito a molti operatori di cogliere cosa intanto accadeva altrove, dove i processi riformatori iniziavano a distruggere. Ma, anche qui, potrei iniziare a parlare di Berlinguer e Bassanini ed immagino che sareste tutti d’accordo. Ma non sarebbe corretto perché questo pezzo di storia banditesca si origina altrove e compito di una persona che vuole informarsi e capire è l’andare a ricercare le cause prime senza soffermarsi agli effetti. È quello che vorrei fare, almeno per punti rimandando gli interessati a riferimenti puntuali per ognuna delle cose che dirò.

Nel 1992 cade l’URSS ed il mondo capitalista si accinge alla divisione delle spoglie. Questo è il telone di fondo ben descritto da uno dei massimi responsabili politici del mondo, Z. Brzezinsky, nel suo libro “La grande scacchiera” (1998). L’Eurasia deve essere presa dagli USA e dai suoi alleati se si vuole vincere la sfida mondiale perché quella è la via del petrolio (giacimenti e passaggio per oleodotti) e la via per fermare eventuali mire espansioniste di Cina e Russia. A lato di quanto ognuno di noi ha visto accadere in questi anni in questo ambito, il capitalismo ha cercato di fornire al suo espansionismo criminale le strutture di accettazione, convincimento, culturali, informative. I media sono subito stati conquistati alla causa ed hanno avuto un grande ruolo nel divulgare notizie, anche inventate di sana pianta, utili ai potentati finanziari, economici e politici. La finanza ha prospettato un mondo in crescita continua con un benessere senza uguali per tutti iniziando a mettere i semi di quell’infinito debito americano caricato oggi sul resto del mondo (derivati). Le socialdemocrazie, ormai inutili, sono state smantellate e con esse è iniziata la distruzione sistematica di ogni residuo di stato sociale.

L’Impresa, il Mercato, la Finanza e l’Economia hanno iniziato a darsi (ed a potenziare) organismi sovranazionali per controllare tutto il controllabile, non direttamente militare, nell’intero pianeta che intanto si avviava alla globalizzazione: WTO (World Trade Organization, Organizzazione Mondiale del Commercio), World Bank (Banca Mondiale), IMF (International Monetary Fund, Fondo Monetario Internazionale), BCE (Banca Centrale Europea), OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico). E proprio questi organismi, essenzialmente economici e finanziari, sono ormai entrati da anni nella direzione politica del mondo lavorando in stretta sinergia. Le linee strategiche furono date, tra l’altro, in un convegno del 1995 a San Francisco (Fondazione Gorbacev). È qui che nacque la teoria della società 20:80 secondo la quale al mondo basta il 20% dei suoi abitanti per andare avanti mentre il resto è massa eccedente.

Purtroppo occorre tenersi tale massa che comunque è utile per fornire mano d’opera sempre a minor costo, per essere educata al consumo. A tale scopo le TIC (Information and Communication Technology, Tecnologie dell’informazione e della comunicazione), cioè TV ed Internet, avrebbero dato un valido sostegno anche al fine del panem et circenses della Roma imperiale. Ed a chi avesse chiesto autostima occorreva offrire volontariato, associazioni sportive, … che si realizzano con pochi soldi. Intanto occorre iniziare a colpevolizzare questa massa: non si lavora abbastanza, si guadagna troppo, la produttività è bassa, le pensioni vengono erogate troppo presto, sono troppo elevate, si è malati per troppo tempo, troppo assenteismo, la maternità, viviamo al di sopra delle nostre possibilità, servono sacrifici, troppe vacanze, troppi servizi gratuiti, vi è troppo spreco, le società asiatiche della rinuncia devono essere prese ad esempio. Anche qui, siamo nel 1995, ed ognuno di noi può guardarsi intorno e vedere se questi piani sono stati realizzati o meno.

In questa strategia di conquista capillare la scuola diventa fondamentale sia perché devono essere ridotti i costi pubblici di essa (sono pochi quelli che servono e quei pochi sceglieranno i potenti come educarli attraverso le imprese e le scuole private d’élite), sia perché dalla sua parte pubblica si può guadagnare molto, sia perché occorre usarla come veicolo di consenso, sia per togliere agli oppositori del capitale selvaggio ogni isola in cui si possa crescere con spirito critico indipendente. Il mercato è buono e gli interventi dello Stato sono cattivi: deregulation anziché controllo statale, liberalizzazione di commercio e capitali, privatizzazione di ogni cosa abbia il sapore del pubblico (Friedman).

Ed arriviamo così agli interventi liberisti sulla scuola che si mettono subito in moto in Europa su pressante sollecitazione alla UE dell’ERT (European Round Table of Industrialist, Tavola rotonda degli industriali europei) che raccoglie le maggiori imprese multinazionali presenti in Europa e non solo. Per parte sua la UE, che già nel 1993 aveva aperto la scuola agli interventi dell’Impresa, mette immediatamente in cantiere i famosi Libri Bianchi ed altri documenti sulla scuola (UE 1995, Delors 1996, Cresson 1996, Bologna 1999, Lamy 2000, Lisbona 2000, … ), tutti anticipati da analoghi documenti dell’ERT. Nello stesso 1996 è l’OCSE che interviene, ormai direttamente, per estendere all’Europa quanto deciso a Filadelfia qualche mese prima. Si riempiono i discorsi di belle parole, veri e propri slogan accattivanti per convincere tutti all’adesione ai progetti del potere economico e finanziario.

È la società della comunicazione attraverso il falso che veicola in parole accattivanti prive del senso che dovrebbero avere nelle accezioni comuni: riformismo (nel senso di controriforma), autonomia (nel senso del o fai questo o non ricevi finanziamenti), percorsi individuali (nel senso di gioca pure alla fine io deciderò su di te), … Nelle elaborazioni teoriche dell’OCSE entrano nuove parole che, ad una prima lettura, sembrano dette da un ente di beneficenza. Pensiamo ad un paio di esse: società della conoscenza ed apprendere per tutta la vita. La prima di queste belle ipotesi di lavoro è strettamente connessa alla seconda; per capire però di cosa si tratta occorre leggere tutti i documenti. In tali documenti si dice che l’insegnamento è di tre tipi: formale, non formale, informale.

Il primo è quello che conosciamo che si svolge nelle scuole, il secondo è quello che utilizza i TIC, il terzo è quello che ognuno di noi sperimenta quando va al bar, al supermercato, al centro commerciale, l’educazione cioè da scambi d’opinione e da esperienze di vita. Ma io l’ho detta in modo che si capisse, lor signori NO. A corollario (che però acquista un valore più dirimente del teorema) vi è il fatto che con il passare del tempo occorrerà puntare sul secondo ed il terzo tipo d’insegnamento. Da un lato eliminando via via i costosi insegnanti [sic!] da sostituire con personale meno qualificato (e meno pagato) da sostituire con personale che accompagna i giovani alla visione di filmati (la cosa è da anni in atto negli USA con abnormi guadagni da parte di catene TV tipo Channel One, come ha documentato Naomi Klein), dall’altro facendo a meno di essi.

È l’educazione per tutta la vita di chi vive in un’infinita prateria senza anima viva ed ambisce avere un centro commerciale a tiro di schioppo che non può corrispondere alle aspirazioni di altre esperienze e culture, come quella europea. In tal modo si creerebbe una gran massa di insegnanti eccedenti, definiti residuali, da accompagnare rapidamente fuori dalla scuola. Chi viene oggi a tirar fuori gli slogan suddetti deve essere come minimo trattato da incolto o da incapace a leggere al di là di quanto materialmente scritto. Ed è tutto o quasi così preparato con pedagogisti e psicologi disposti ad inventarsi ogni teoria giustificativa comunque priva di ogni verifica epistemologica che li vedrebbe per strada a chiedere qualche euro per non morire di fame.

Questa stessa OCSE sarà quella che, nel 1997, darà precise indicazioni al governo italiano sul cosa fare nella scuola. Ed ancora qui qualcuno si era illuso che il tentativo fosse quello di avere una scuola di qualità superiore. Vi è un immediato e troppo facile elemento di falsificazione per smentire ancora qui i sospetti personaggi mascherati da illuministi. Lo dico con uno slogan ma chi si occupa di queste cose capisce perfettamente: che senso aveva lo smantellamento del sistema delle scuole elementari italiane (moduli) che aveva portato quel livello scolare ai primi posti nel mondo? I nostri politici però sono incuranti di tali dettagli e furono prontissimi ad ascoltare le sirene OCSE.

Nel 1997 al governo vi era Prodi con Bassanini e Berlinguer i quali eseguono alla lettera i desiderata dei potentati economici con l’aiuto indispensabile di psicopedagogisti (Vertecchi, Maragliano & Co.) buoni per ogni stagione e ripagati con profluvi di cattedre. Nasce nel 1998 una scuola completamente destrutturata perché, dice Maragliano, non deve sapere di scuola. La scuola dell’autonomia, dei POF, dei percorsi individuali che è una vera arma con cui, ed ormai è certo, decine di migliaia di giovani sono stati fregati nei loro processi di apprendimento e crescita civile e morale. Vengono introdotti nel vocabolario scolastico termini di derivazione economica come efficacia ed efficienza, produttività, merito, impresa, competenze, … ed appena un anno dopo nasce il Processo di Bologna in cui viene varata l’Università come Liceo di livello superiore, il 3 + 2. Anche qui vi è il trionfo di crediti e debiti, di tante pagine tanti CFU, di un mercato educativo che è da banco della frutta e non da università.

Si parla di merito e ne parlano una tal Gelmini nota alle cronache rosa che per essere iscritta all’albo è dovuta ricorrere alla vergognosa università di Reggio Calabria che si presta a queste cose, oltre ad un tal Brunetta che con due articoli ed una conversazione trasferita da Venezia a Teramo (altra vergogna) è diventato un professore universitario da Nobel. E gli esimi professori universitari dove erano quando questi scempi avanzavano? Ricordo le voci di personaggi del fondo del barile della cultura accademica, come Perotti e Giavazzi, di provenienza, come Boeri e Monti, della Bocconi, parola utile a riempire fisicamente la bocca … e basta.

Per far capire in quale palude di ignoranza viviamo, solo dalle parti nostre si esaltano delle università che, a livello intenzionale, NON HANNO ALCUNA CONSIDERAZIONE. Nelle varie graduatorie di merito (appunto: merito!) vi è un’unica università privata italiana che figura, la Cattolica di Milano ed è al fondo delle graduatorie. Nessuno nomina né Bocconi né Luiss (per non parlare di LUMSA). Sarà perché queste non sono propriamente delle università ma vere e proprie scuole di partito, quello liberista. La Sapienza, Bologna, Pisa, la statale di Milano, sono molto ma molto più valutate … eppure i media, quasi tutti al servizio di Confindustria, esaltano quelle università che il mondo non considera e quando invitano qualcuno a conversare lo fanno se di provenienza di tali presunti atenei.

Ora si rifletta un momento sul fatto che qualcuno vorrebbe valutare i meriti di tali Università attraverso un ente, l’ANVUR, che è della stessa natura di chi sostiene che la Bocconi è il più qualificato centro di formazione di economisti italiano. Una sorta di partita di giro secondo la quale chi ci guadagna deve dire che il concorrente non funziona, alla faccia di classifiche internazionali di molto ben altro tenore. Eppure è così. Con l’aggravante che tutto ciò non è episodico ma chi ha seguito gli eventi da 15 anni a questa parte sa cogliere con i sincronismi che gli si addicono. Iniziò ancora l’OCSE, in modo apparentemente timido, ad entrare a valutare la nostra scuola con le prove PISA. I mercanti imbroglioni spacciavano queste prove come oggettive, prove per valutare le competenze dei ragazzi indipendentemente dai contenuti specifici. Una vera truffa se solo si pensa che le prove sono le stesse in tutto il mondo e tendono ad uniformare i cittadini piuttosto che ad esaltarne le differenze, specificità e capacità.

Nel frattempo l’OCSE addestrava degli italiani per poter avere truppe d’assalto locali (collaborazioniste!). Dopo qualche tempo l’OCSE si è ritirata in prima persona ed ha lasciato il compito all’INVALSI costituito da personale che essa stessa ha preparato. Tanto perché sia chiaro di cosa parlo: chi lavora all’INVALSI? Forse pedagogisti, docimologi, esperti nelle varie discipline? Macché, lì vi sono coloro che in gergo sono chiamati i tagliatori di teste, coloro che, ad esempio, debbono assumere in una fabbrica o in una azienda.

Tra i personaggi che dirigono vi sono tre statistici, due economisti e tre psicologi. Tutti con esperienze di valutazione fatte attraverso gli enti come OCSE o affiliati. In questo spazio non posso dilungarmi ma se qualcuno pensa ad una qualunque valutazione tradizionale è del tutto fuori strada, ciò che occorre rilevare è il risultato della normalizzazione, di quanto quella scuola, a qualunque livello, ha prodotto buoni servi della gleba e/o consumatori. E l’ANVUR è la stessa cosa perché il processo educativo che inizia con le primarie si completa all’Università.

Ho sentito qualcuno che si lamentava del deserto di preparazione che presentano coloro che accedono al primo anno di Università. Condivido. Anche io lavoro da quelle parti ed osservo un’ignoranza abissale che in alcun modo può essere affibbiata agli studenti da soli. È stata l’operazione Berlinguer-Bassanini che ha avuto successo, diciamolo. E questo deserto non solo di conoscenze ma anche civile lo può risolvere l’Università da sola? Dal suo interno? Chi crede questo, se in buona fede, è un illuso! Come minimo, ma solo come minimo, è tutta la scuola che si deve presentare ad avversare con tutte le forze i piani del capitale ormai monopolistico e finanziario. In realtà c’è bisogno di una richiesta molto più ampia che coinvolga tutti coloro che piano piano, dopo essere stati suddivisi e parcellizzati, si accorgono di essere un’unità che deve difendersi da un potere criminale che su questo lavora compatto.

Fonte:Megachip