"Monti, dittatore democratico"

di Alessandro Lanni– www.europaquotidiano.it

alain touraine 20120412 

I pericoli delle visioni “post” e le ambiguità degli intellettuali “ante”. In una recente intervista Alain Touraine, decano della sociologia contemporanea, dichiara la fine della socialdemocrazia e le ragioni di un nuovo conflitto mondiale per i diritti universali messi in pericolo da un potere finanziario globalizzato. Ma promuove anche a pieni voti Mario Monti come un “dittatore” della Grecia antica, necessario all’Italia per la sopravvivenza delle regole democratiche (sic!). Dunque, i giovani (di sinistra) in piazza a protestare e i professori (responsabili e possibilmente bocconiani) a Palazzo a comandare?

«La sinistra europea deve andare oltre la socialdemocrazia, deve diventare “postsociale”». Scandisce bene le parole in un magnifico italo-spagnolo Alain Touraine, padre nobile con Zygmunt Bauman della sociologia contemporanea. Il progressismo è finito assieme al secolo industriale e la politica dovrebbe farci i conti. Una diagnosi messa nero su bianco nel suo ultimo libro tradotto in Italia, Dopo la crisi (Armando Editore), nel quale lo studioso analizza le strade che abbiamo di fronte dopo la drammatica crisi finanziaria esplosa nel 2007.

Il professore, classe 1925, ha voglia di parlare di Italia, del laboratorio inevitabile e necessario messo in piedi da Mario Monti qualche mese fa. «Nel 2011 stavate correndo verso la morte, sembrava la Francia della IV Repubblica con un presidente incapace di decidere. Ora le cose vanno meglio ma rimane la difficoltà a far crescere l’economia». Touraine si dilunga sul nostro paese e dimostra di conoscere bene quello che sta accadendo in questi mesi e di apprezzare il lavoro del premier bocconiano.

Partiti e sindacati sono stati superati dai tempi e ora devono ripensarsi alla luce di un nuovo conflitto che non è più tra capitale e lavoro, ma è intorno ai diritti universali dell’uomo come hanno dimostrato le parole d’ordine uscite da tutti i movimenti dal basso del 2011, dagli Indignados a “Occupy Wall Street”. La nuova sinistra non dovrà essere localistica e identitaria ma globale come il capitalismo finanziario che si trova a combattere.

Dunque, “dopo la crisi” cosa ci dobbiamo aspettare?

Innanzitutto, la cosa più straordinaria e più negativa di questa crisi partita nel 2007 è che non è emerso nessuno dalla politica e dalla società civile in grado di prendere misure importanti per salvare il salvabile. Né il sindacato, né i partiti, né le élite nazionali o europee negli anni scorsi hanno fatto qualcosa.

Un’accusa rivolta alle élite rivolta di recente anche da Jürgen Habermas. Però alla fine del 2011 sembra che qualcosa sia cambiato. Nuovi governi in molti paesi come Italia, Grecia, Spagna.

Sì, certamente. Ci sono stati sforzi per resistere alla crisi del debito e alla possibilità del default di alcuni paesi. Al tempo stesso ho l’impressione che alcuni stati si siano impegnati per ricostruire un sistema politico e il caso più importante è l’Italia con un nuovo governo imposto da Bruxelles ma che realmente è un governo nazionale che sta lì per difendere la sopravvivenza del vostro paese.

C’è chi parla ancora di governo tecnico a proposito di quello guidato da Monti.

È ridicolo. Monti è stato scelto da Napolitano e ha ottenuto una maggioranza in parlamento. Con la sua esperienza da commissario Monti non è un tecnico ma un politico. Ha detto che vuole entrare in tutti i campi della vita pubblica italiana e ha ragione quando dice che il futuro della vostra economia dipende da una trasformazione profonda e completa di tutti gli aspetti della società.

Una “aristocrazia democratica”. Così il sociologo Ilvo Diamanti ha definito il “montismo” al governo ora. La nostra democrazia è a rischio?

L’Italia è in una situazione come quella della Grecia antica nella quale c’era un “dittatore” per un tempo limitato, se possiamo dir così. Monti è qui per un periodo limitato e spero fino al marzo 2013. Sta in quel posto per ricreare, o creare ex novo, una capacità di decisione. In un momento in cui decisioni importanti e difficili sono indispensabili per il paese, l’Italia ha dimostrato di non saper decidere. Ricreare questa capacità è un atto profondamente democratico. Monti e il suo governo sono alle prese con una ricostruzione razionale del sistema italiano dopo vent’anni di blocco. E questo non può essere fatto in pochi mesi.

Lei sembra molto positivo rispetto al governo del professore. Ma ora le tensioni sembrano aumentare, tra partiti e governo, tra il governo e sindacati.

Il dibattito intorno all’articolo 18 è molto importante e sbaglia chi dice il contrario. Il governo può scontrarsi con i partiti, ma deve avere sempre un tavolo aperto con i sindacati perché la capacità di negoziare è fondamentale per chi guida il paese. Se rompe con i sindacati, il Pd in maggioranza perderà consenso e parte delle sue truppe e non potrà sostenere Monti a lungo.
A più riprese in Dopo la crisi lei sostiene che la sinistra socialdemocratica è finita e si deve approdare a qualcosa di diverso.
Il Ventunesimo secolo è per molti versi fuori dalla società industriale. I partiti comunisti sono scomparsi, le socialdemocrazie sono scomparse, perché hanno perso ogni legame con quelle uscite dalla Seconda guerra mondiale. Pensiamo alla Svezia o all’Inghilterra, ma anche il Pasok in Grecia che non era solo corrotto ma anche anti-europeo e totalmente demagogico.

In cosa consiste la dimensione “post-sociale” verso cui si dovrebbe rivolgere la sinistra del nuovo millennio?

Alla fine dell’800 i partiti repubblicani non rappresentavano più niente perché il problema maggiore non era la repubblica contro la monarchia quanto piuttosto la classe operaia contro il capitalismo industriale e finanziario. Non si trattava più di diritto, ma di giustizia sociale. Così nacquero i partiti comunisti e socialdemocratici.

E oggi?

Il fatto più significativo in questo momento è che la globalizzazione, ovvero il sistema finanziario puro non può essere controllato da nessun potere politico, sociale, morale ecc., nessuno può controllare il sistema che ha direttamente provocato la crisi del 2008. Questa situazione descrive un nuovo scenario per la politica e la sinistra.

La sinistra in Europa sembra non riuscire a trovare nuove fondamenta che vadano oltre la socialdemocrazia. Da Zapatero a Miliband, da Hollande al Pd, progressisti alla ricerca di una cultura. Da dove ricominciare?

Il punto è che tutte le istituzioni, tutte le norme della vita sociale, dall’educazione alla giustizia, dalla città alla famiglia, tutte le istituzioni che erano state create per istituzionalizzare le risorse della società industriale ora sono in crisi perché il concetto di istituzione ora è vuoto, nessuna istituzione può regolare il mondo del capitalismo finanziario globalizzato. E allora qual è la risposta? Chi può opporsi a questo capitalismo? Una sinistra animata da una gioventù competente e che faccia dei diritti umani e della moralità la sua bandiera globale.

Lei fa riferimento ai diritti universali dell’uomo come base per la politica del futuro.

Quando parlo di diritti universali penso a quei movimenti che somigliano quasi a religioni senza dio come gli Indignados che si sono ispirati anche a Stephan Hessel e che vogliono difendere i diritti di tutti. Le parole più usate sono “io sono un uomo”, “io voglio essere rispettato”, “non accetto di essere umiliato”. Queste parole sono morali e si oppongono alle leggi e alle forze del capitalismo. Questo mi sembra molto importante. La dimensione morale è fondamentale, da voi mi sembra che Roberto Saviano abbia detto già tutto.

Concludiamo con il suo paese. Le elezioni in Francia si avvicinano. Sarkozy che sembrava battuto, dopo la strage di Tolosa sembra rientrato in corsa. Ce la farà il socialista Francois Hollande?

Hollande in questo momento è avanti, ma vince solo se arriva al secondo turno. E il suo problema sarà arrivarci. La gente vuole eliminare Sarkozy che è sempre più impopolare, politicamente e personalmente. Però Hollande non ha energia e alla sinistra del Ps il candidato Mélenchon cresce, oggi è oltre il 12 per cento. Hollande deve vincere malgrado sia un po’ “mollo”.

Fonte: http://www.europaquotidiano.it/dettaglio/133861/monti_dittatore_democratico