Italia, “spariscono le tutele in cambio di nulla”. Una voce dalla Cgil

 

Di Gabriele Battaglia

È arrivato il Ddl del governo sulla riforma del lavoro e la Cgil affila le armi. Non va giù la revisione dell’articolo 18 ma, soprattutto, non va giù un’impostazione complessiva giudicata unilaterale.
Proviamo a cogliere il senso dell’opposizione del massimo sindacato italiano con Valentina Cappelletti, funzionaria della Cgil di Bergamo, settore chimico-tessile, gomma-plastica.

Quali reazioni si sono registrate in Cgil al varo del Ddl sulla riforma del lavoro da parte del consiglio dei ministri?
Diciamo che il fatto che sia un disegno di legge e non un decreto ci aiuta, perché avendo deciso per la mobilitazione abbiamo così più tempo per organizzarla.

E nel merito?
Al di là del problema dell’articolo 18, balza all’occhio lo squilibrio sugli ammortizzatori sociali rispetto alle dichiarazioni d’intenti di alto profilo. Di fatto ci troviamo con una riduzione delle tutele per chi era protetto, in cambio di nulla. D’ora in poi ci saranno meno strumenti per affrontare le crisi aziendali. Se un’azienda chiude e non ci sono più la cassa integrazione straordinaria e, dopo, la mobilità, spariscono del tutto le tutele. Questo mi preoccupa molto di più dell’articolo 18.

Ma l’Aspi non basta?
No, assolutamente. Chi oggi subisce un licenziamento collettivo ha, sommando tutto, una copertura di 24 mesi. Con l’Aspi si dimezza a 12. Il gap non si risolve con l’accompagnamento in pensione, anche perché quello scatta solo dopo una certa età del lavoratore.
Finora, con la cassa integrazione straordinaria, aveva beneficiato delle tutele anche chi non aveva pagato i contributi, perché lo Stato aveva aggiunto risorse di suo. Da oggi tutto ricade sulla contribuzione sociale, su quelle aziende che per legge sono tenute a versare i contributi e sui loro lavoratori, che versano attorno al 9 per cento. Di fatto, il tutto si traduce nel fatto che pagheranno i lavoratori [perché molte aziende scaricano sui salari, riducendoli, i contributi che dovrebbero pagare loro, ndr]. Lo Stato non c’è più.
Quindi ci troveremo con un welfare che rimane concettualmente quello di oggi, però con la riduzione delle tutele. Quelle che chiamano “politiche attive” continuano a non essere finanziate.

È grottesco: oggi ero con con un’azienda in crisi, abbiamo potuto firmare 12 mesi di cassa integrazione e, dopo di quella, ci sarà la mobilità. Mi è toccato perfino dire loro che, rispetto a quello che verrà, sono fortunati.

Fonte:E-Ilmensile