Mentana: “I giornalisti? Ecco perché non criticano Fiat”

“Lei sa che ai tempi di Unabomber venne suggerito a giornali e telegiornali di dimenticare un particolare?”

Quale, Enrico Mentana?
“Che il dinamitardo aveva inserito una carica nel prodotto di punta della più importante azienda dolciaria italiana”.

Pomeriggio romano, quartiere Prati, bar rumoroso al centro di una quadriglia di clacson e isterismi. Il direttore del Tg di La 7 beve ginseng, incontra amici di passaggio (l’architetto Fuksas che si siede, disegna un grattacielo su un foglio e poi scivola via) e scava nella memoria. I 7 milioni di euro che il Tribunale civile di Torino intima di pagare a Corrado Formigli per un servizio sull’Alfa Mito andato in onda ad Annozero gli sembrano il riflesso sbiadito di un’antica malattia. “Mettiamo che Formigli abbia sbagliato. Io non difendo la corporazione. Né lui o Santoro in quanto tali. Ci fosse stato Vespa avrei fatto lo stesso. Io parlo di un principio più importante. Di un problema che è altrove.

Dove, Mentana?
“Nel sistema. Dove non nuotano buoni e cattivi, ma soltanto il sistema stesso. E la Fiat che ne ha fatto sempre parte circondata da consensi imbarazzante e applausi aprioristici della stampa generalista non può ignorarlo né pretendere di essere trattata come un potere svincolato dalle leggi. Non può censurare il diritto di critica.

Perché Fiat lo pretenderebbe?
“Perché è mal abituata. Nel settore automobilistico si fanno da sempre le recensioni incrociate. Meno che in Italia, naturalmente. Mi trovi una stroncatura della Stilo, se ci riesce. La storia parte da lontano.

Ripercorriamola.
“Il capo delle relazioni esterne dell’Alitalia e il capoufficio stampa della Fiat erano il santo graal più inseguito dalle redazioni italiane a metà degli anni 80. Dal Manifesto al Giornale. Mammelle ausiliarie. Il tornaconto era reciproco. Sa com’è, per derogare al rigore bisogna essere in due”.

Come funzionava?
“A metà degli anni 80 in redazione girava una battuta”.

Quale?
“Invece di chiamare la Hertz telefonate all’ufficio stampa della Fiat. Ma magari la Fiat di allora fosse stata la Hertz. (Ride) Alla Hertz le macchine le paghi. L’abitudine al comodato gratuito invece era generalizzata. I miei colleghi prendevano macchine in prestito senza pagare. Una cosa ridicola, francamente ridicola. Un altro tipo di commercio a chilometri zero. I giornalisti sono stati e sono ancora una categoria “disponibile”. Senza dubbio”.

Esempi?
Per anni i cronisti di moda e quelli che si occupano di sanità sono stati scorrazzati gratis in giro per il mondo. Venivano perfino inviati a spese delle case farmaceutiche ai congessi sulla lotta contro l’Aids”.

Non capita anche ai vaticanisti?
“Non possiamo trattare il Vaticano come un’azienda o considerare il Papa come un amministratore delegato”.

Rimaniamo sul divino. Come evitare di cadere in tentazione?
“Se non usi passaggi aerei non devi dire grazie a nessuno. Invece nel silenzio generale di Fnsi, Ordine e Rai assistiamo ogni anno a campionati di sci per i giornalisti, a tornei di tennis e sagre senza mai aver letto un richiamo netto: “È vietato prendere auto in prestito”. O sbaglio?”

La Fiat fa storia a sé?
“È come tante altre grandi aziende. Quando si passò da Stream a Sky, Murdoch disse che sarebbero cessati gli abbonamenti gratuiti”.

Risultato?
“Panico e tristezza. Si spensero metà dei televisori di Roma”.

Altrove è diverso?
“Ogni tanto nella polemica con i poteri pubblici si ricorda come in Gran Bretagna non si possano ricevere regalie superiori a certe cifre. Per i giornalisti italiani questa regola non esiste”.

E per le grandi aziende le regole esistono?
“Sappiamo che i poteri forti non sono mai stati quelli politici. E in questo stagno è persino normale che un’azienda enorme si senta legittimata a esercitare pressioni e diffide. Ma se la 500 è nella nostra storia, sarebbe bello poter affermare senza temere la decapitazione che la Duna è un orrore postmoderno. Possibile sia vietato?”

Marchionne non transige.
“Coerentemente, si è uniformato allo spirito bellicoso d’azienda che è parte di un dna distante dal nostro. Però la maggior parte dei dirigenti Fiat italiani sa bene dove ci troviamo”.

Non attaccherà Marchionne solo perché ha allontanato il suo amico Montezemolo?
“Se parlo male del passato, caso mai salvo proprio Marchionne. E se cito un vizio antico della Fiat non mi pare di esentare nessuno dalle colpe. Perché la verità è che non c’è stata una sola persona che abbia mai tentato di invertire la tendenza. La Fiat non deve fare la verginella con l’informazione”.

Il suo ad Stella teme cali pubblicitari?
“Non lo so. Non è un dovere che le aziende investano, ma decidere di pagare pubblicità fa parte di una strategia di mercato. Chi prende uno spazio non fa un piacere alla rete. Se non lo vuol fare, e parlo in generale, fatti suoi. Altrimenti qualunque testata di informazione può apporre una postilla: “Questo spazio è libero ma a volte, per sopravvivere, può attenuare la sua carica critica”.

Fonte:Il Fatto Quotidiano